ANONIMO
PERUGINO
Traduzione
di
VERGILIO
GAMBOSO
Note di
FELICIANO
OLGIATI
LA LEGGENDA di san Francesco dell Anonimo perugino-- cosiddetta
perché tramandata da un unico manoscritto conservato nella biblioteca
conventuale di San Francesco al Prato di Perugia--, rappresenta anch'essa un
testo biografico non ufficiale.
L'Anonimo
si presenta, in apertura del suo scritto, come un discepolo dei compagni di
Francesco, appartiene pertanto alla terza generazione francescana, e la sua
opera, tutto considerato, si palesa più vicina alla Leggenda maggiore di
Bonaventura che non alla Leggenda dei tre compagni. Studi recenti hanno voluto
tuttavia fissare più pressantemente la sua datazione tra l'opera di Bonaventura
e il Libro delle lodi di san Francesco di Bernardo da Bessa (c. 1279)
deputandola al tempo stesso come fonte diretta della Leggenda dei tre compagni,
oltre che--e già prima--dell'operetta di Bernardo da Bessa (cfr. Introduzione,
qui, p. 249).
Comunque
si risolvano questi complessi e complicati problemi è certo che il valore e
l'importanza dello scritto delI'Anonimo perugino sono da ricercarsi alla luce
di queste opere maggiori e più conosciute delle quali sembra seguire o
anticipare continuando ad elaborare una trasmissione orale, l'itinerario di
Francesco verso la conformità con Cristo. L'Anonimo non ha conosciuto
sicuramente di persona Francesco, ma nelle sue preoccupazioni selettive e
interpretative si configura chiaramente l'immagine del Santo quale si era
venuta delineando dopo la Leggenda maggiore, anche se l'autore aveva ancora
presente la Vita prima di Tommaso da Celano non però la Vita seconda.
La
nostra traduzione segue l'edizione critica curata da L Di Fonzo, L'Anonimo
perugino tra le fonti francescane del sec. XIII. Rapporti letterari e testo
critico, in MF, LXXII (1972) pp 117-465 testo a pp. 435-465.
I
primordi dell'Ordine e gli Atti
dei
primi compagni di san Francesco
PROLOGO
1488 2. I servi
del Signore non devono ignorare il comportamento e la dottrina dei santi, per
meglio giungere a Dio. Perciò, a onore di Dio e a edificazione di lettori e
uditori io che ho visto le loro opere e ascoltato le loro parole, e di essi
sono stato discepolo, ho raccolto e narro alcuni fatti del beatissimo padre
nostro Francesco e di alcuni frati venuti nel principio dell'ordine; e ciò
faccio seguendo la divina ispirazione.
CAPITOLO I
COME SAN FRANCESCO
COMINCIO' A SERVIRE DIO
1489 3. Compiuti
1207 anni dalla Incarnazione del Signore, ai 16 di aprile, vedendo Dio che il
suo popolo, che egli aveva redento col sangue prezioso del suo unigenito
Figlio, viveva dimentico dei suoi comandamenti e ingrato ai suoi benefici, dopo
avergli usato misericordia per gran tempo, non volendo la morte del peccatore
ma che si converta e viva, mosso dalla sua infinita bontà, decise di inviare
degli operai nella sua messe.
E
illuminò un uomo della città di Assisi, di nome Francesco e di professione
mercante, vanissimo dispensatore di mondana opulenza.
1490 4. Stava egli
un giorno nella bottega, ove era solito vendere stoffe, tutto assorto in
pensieri di affari, quando comparve un povero a chiedere l'elemosina per amore
di Dio. Francesco, immerso nei suoi sogni di ricchezza, lo mandò via senza
dargli niente.
Mentre
il mendicante si allontanava, il giovane, toccato dalla grazia divina, prese a
rimproverarsi della propria villania, dicendo: « Se quel povero ti avesse
chiesto un contributo in nome di qualche conte o gran barone, lo avresti di
certo accontentato. Quanto più avresti dovuto farlo, avendoti pregato in nome
del Re dei re e del Dominatore dello universo? ».
E per
questo motivo, propose in cuor suo che d'allora in poi nulla avrebbe rifiutato
di quanto gli fosse richiesto a nome del Signore. E richiamato il povero, gli
fece larga elemosina.
O cuore
colmo di ogni grazia, fruttuoso e illuminato! O fermo e santo proposito, cui
tenne dietro una mirabile, insperata, singolare illuminazione del futuro! Né
c'è da stupire, dicendo lo Spirito Santo per bocca di Isaia: Se darai
all'affamato il tuo pane e sazierai la persona digiuna la tua luce risplenderà
nell'oscurità e le tue tenebre saranno come il meriggio. Se dividi il tuo pane
con l'affamato allora la tua luce spunterà come l'aurora e la tua giustizia ti
camminerà davanti.
1491 5. A
quest'uomo santo accadde, in tempo successivo, un fatto mirabile, che e
doveroso ricordare. Una notte, mentre dormiva nel suo letto, gli apparve un
personaggio il quale, chiamatolo per nome, lo guidò in un palazzo di
straordinaria magnificenza e bellezza, pieno di armi e con splendenti scudi crociati appesi alle pareti d'ogni
parte.
Egli
interrogava l'accompagnatore per sapere di chi fossero quelle armature così
rifulgenti e quel palazzo così ameno. a Ogni cosa, palazzo compreso--rispose la
guida--, è tua e dei tuoi cavalieri ».
Destatosi,
andava interpretando il sogno in chiave mondana, come colui che non aveva
ancora gustato pienamente lo spirito di Dio, e immaginava che sarebbe diventato
un principe magnifico. E pensandoci su, deliberò di farsi cavaliere, per
ottenere tale principato. Dispose quindi di unirsi al conte Gentile, che
partiva per la Puglia, onde essere da lui creato cavaliere. A tal fine preparò
un corredo di vesti preziose.
Diventato
per questo più allegro del solito, meravigliava tutti. A chi gli domandava la
causa di questa improvvisa felicità rispondeva: « So che diventerò un gran
principe!».
1492 6. E assunto
uno scudiero, salì a cavallo, dirigendosi alla volta della Puglia.
Giunto
a Spoleto, preoccupato del viaggio, a notte fatta si stese per dormire. E nel
dormiveglia udì una voce interrogarlo dove stesse andando. Lui rivelò per
ordine tutto il suo progetto. E la voce: « Chi può meglio trattarti: il Signore
o il servo? ». Rispose: « Il Signore ». Replicò la voce: « E allora perché
abbandoni il Signore per il servo; il Principe per il dipendente? ». Francesco
rispose: « Signore che vuoi ch'io faccia? ». Disse: « Ritorna nella tua città,
per fare quello che il Signore ti rivelerà ». Per grazia divina si sentì subito
mutato, così gli pareva, in un altro uomo.
1493 7. La mattina seguente prese la via del ritorno, secondo
gli era stato comandato. E, arrivato a Foligno, vendette il suo cavallo e le
vesti che aveva indossato nell'andare in Puglia; e si vestì più poveramente, e
riprese il viaggio, portando con sé il denaro che ne aveva ricavato. Giunto
nelle vicinanze di Assisi, si fermò in una chiesa eretta in onore di San
Damiano, e incontratovi un povero sacerdote ivi dimorante, di nome Pietro, gli
affidò in custodia quei soldi. Ma il prete ricusò, non avendo dove tenere al
sicuro il denaro. Francesco allora gettò con disprezzo la sua borsa in una
finestra di quella chiesa.
E mosso
da ispirazione divina, vedendo che quella povera chiesetta minacciava rovina,
propose di restaurarla con quei soldi e di fissare lì la sua abitazione.
Proposito che, in seguito a invito di Dio, mise poi in esecuzione.
1494 8. Venuto a
conoscenza della cosa, suo padre, che lo amava a modo suo e bramava riavere i
quattrini, se la prese con lui e, coprendo Francesco di improperi, esigeva
indietro i soldi.
Alla
presenza del vescovo di Assisi, lietamente diede al padre il denaro e le vesti
stesse che indossava, rimanendo nudo: il vescovo lo abbracciò e coprì col
proprio mantello
1495 Privo ormai di
ogni cosa, infilatosi un vestito miserabile, fece ritorno a San Damiano, con
l'intenzione di rimanervi. Il Signore arricchì quel giovane povero e
disprezzato, ricolmandolo di Spirito Santo e ponendogli in bocca la parola di
vita, affinché predicasse e annunciasse alle genti il giudizio e la
misericordia, la pena e la gloria, richiamando alla loro mente i comandamenti
di Dio che avevano scordato. Dio lo costituì principe sulla moltitudine onde
per mezzo di lui la radunasse in unità da tutto il mondo.
Lo
guidò il Signore per la via stretta e diritta, poiché non volle possedere oro
né argento, né denaro né altra cosa, ma in umiltà, povertà e semplicità di
cuore seguiva il Signore.
1496 9. Camminava
a piedi nudi, con indosso un abito misero, cinto i fianchi d'una vile cintura.
E dovunque suo padre s'imbattesse in lui, sopraffatto
dal dolore, lo malediceva. Ma Francesco si accostava a un vecchio mendico,
chiamato Alberto, chiedendogli lo benedicesse.
Molti
altri lo schernivano con parole ingiuriose; quasi tutti lo ritenevano
impazzito. Lui però non se ne curava e nemmeno rispondeva, non preoccupandosi
che di eseguire quello che Dio gli indicava. Non si appoggiava a ragionamenti
di umana sapienza bensì sull'irraggiamento e la forza dello Spirito.
CAPITOLO II
I DUE PRIMI SEGUACI Dl FRANCESCO
1497 10. Vedendo e
udendo ciò, due uomini di Assisi ispirati dalla grazia divina, si appressarono
umilmente a lui. Uno di questi era frate Bernardo, I'altro frate Pietro. Gli
dissero con semplicità: « Noi vogliamo d'ora in poi stare con te e fare quello
che fai tu. Spiegaci cosa dobbiamo fare dei nostri averi ». Francesco,
esultando per il loro arrivo e il loro desiderio, rispose affettuosamente: «
Andiamo a chiedere consiglio al Signore».
Si
diressero dunque a una chiesa della città, ed entrati si posero in ginocchio a
pregare: « Signore Dio, Padre della gloria, ti supplichiamo che, nella tua
misericordia, tu ci riveli quello che dobbiamo fare ». Finita l`orazione,
dissero al sacerdote della chiesa stessa, lì presente: « Messere, mostraci il
Vangelo del Signore nostro Gesù Cristo ».
11. Avendo il prete aperto il libro, dacché essi non erano
ancora bene esperti nella lettura, trovarono subito questo passo: Se vuoi
essere perfetto va e vendi tutto ciò che hai e dallo ai poveri così avrai un
tesoro in cielo. Volgendo altre pagine, lessero: Chi vuol venire dietro di me
rinneghi se stesso prenda la sua croce e mi segua. E sfogliando ancora: Non
prendete niente per il viaggio né bastone né bisaccia né pane né denaro né
abbiate due tuniche.
Ascoltando
tali parole, furono innondati di viva gioia e dissero: « Ecco quello che
bramavamo, ecco quello che cercavamo! ». E il beato Francesco disse: « Questa
sarà la nostra Regola >>. E
aggiunse rivolto ai due: « Andate e mettete in opera il consiglio che avete
udito dal Signore ».
1498 Frate Bernardo
si allontanò e, siccome era ricco, si affrettò a vendere quanto possedeva,
ritraendone molti soldi. Frate Pietro era povero di beni terreni, ma già ricco
di beni spirituali. Fece anche lui come gli era stato consigliato. Indi
radunarono i poveri della città per distribuire fra loro il ricavato delle
proprietà messe in vendita.
1499 12. Stavano
facendo questo, e Francesco era con loro, quando venne un sacerdote di nome
Silvestro, da cui il beato Francesco aveva acquistato delle pietre per
restaurare la chiesa di San Damiano, presso la quale dimorava prima di avere
dei compagni.
Vedendo
erogare tanto denaro, quel prete, bruciando di affannosa avarizia, bramava di
ottenerne una manciata anche lui e protestava: « Francesco, non mi hai
interamente pagato le pietre che ti ho cedute ».
Udendo
il Santo quell'ingiusto rimprovero, lui ch'era libero da ogni avarizia, si
avvicinò a frate Bernardo e mettendo la mano nel suo mantello, dove c'erano le
monete, ne estrasse piena la mano e la porse al sacerdote. Ne prese una seconda
manciata e la versò a Silvestro, dicendogli: « Il debito è pienamente saldato?
». « Perfettamente », replicò quello, che se ne andò gongolante a casa sua.
13. Pochi giorni dopo Silvestro, ispirato dal Signore,
riflettendo sul gesto del beato Francesco, diceva: « Sono proprio un
disgraziato! Vecchio come sono, eccomi attaccato
e furiosamente a caccia di questa roba, mentre quel
giovane la disprezza e aborrisce per amore di Dio ».
1500 La notte
seguente vide, in sogno, un'immensa Croce, che con la sommità toccava il cielo
e la cui base usciva dalla bocca del beato Francesco, e i bracci della Croce si
dilatavano da una estremità all'altra del mondo.
Svegliatosi,
comprese che Francesco era veramente amico di Dio e che il suo movimento
religioso si sarebbe esteso al mondo
intero. Prese così a temere Dio e a far penitenza nella sua casa. E trascorso
poco tempo, entrò nell'Ordine, dove santamente visse e gloriosamente finì.
CAPITOLO III
IL PRIMO LUOGO IN CUI DIMORARONO
1501 14. Frate Bernardo
e frate Pietro, venduti i loro averi e distribuito il ricavato ai poveri, come
abbiamo raccontato, si vestirono al modo di Francesco e si unirono a lui. Non avendo casa che li ospitasse, si
misero in cammino e trovarono una chiesa poverella e quasi abbandonata: Santa
Maria della Porziuncola. Si fecero lì una capanna e vi abitavano insieme.
1502 Passati otto
giorni, un assisano, Egidio, uomo pieno di fede e devozione e al quale il
Signore donò grazie singolari, arrivò colà. In ginocchio, con devozione grande
e reverenza, pregò Francesco che lo ricevesse nel suo gruppo. E il Santo,
felice nel vedere quella scena e nell'udire quelle parole, lo accolse
lietamente. Tutti e quattro si sentirono pervasi da giocondità spirituale
straordinaria.
1503 15. In
seguito, Francesco prese con sé frate Egidio e lo condusse nella Marca di
Ancona. Gli altri due restarono alla Porziuncola. Nel viaggio esultavano
ardentemente nel Signore, mentre Francesco cantava in francese, lodando e
benedicendo il Signore con voce chiarissima.
Erano
talmente colmi di gioia, come se avessero scoperto un grande tesoro. Nulla di
più naturale della loro contentezza: avevano infatti lasciato ogni avere e
trattavano come spazzatura quelle cose appunto che affannano gli uomini; e
pensavano alle amarezze che i mondani patiscono nei loro piaceri, in cui covano
tante miserie e tristezze.
Disse
poi Francesco a Egidio suo compagno: « Il nostro movimento religioso è simile
al pescatore, che getta in acqua la sua rete catturando una grande quantità di
pesci; ne prende i più grossi, i più piccoli invece li getta nelle acque ».
Attonito restava Egidio a quella profezia, ben sapendo quanto scarso era il
numero dei fratelli.
1504 Francesco non
predicava ancora al popolo di Dio. Ma passando per città e castelli, esortava
uomini e donne a temere e amare il Creatore del cielo e della terra, e a fare
penitenza dei loro peccati. Egidio si limitava a commentare: « Dice molto bene:
credetegli ».
1505 16. Gli
ascoltatori si chiedevano: « Chi sono questi due e che stanno dicendo?».
Alcuni
rispondevano ch'erano degli esaltati o degli ubriachi. Altri al contrario
sostenevano: << Ma
quello che stanno dicendo non è un parlare da dementi ». E uno osservò: « Per
sete di suprema perfezione seguono il Signore e hanno perso la testa. Non
vedete la vita disperata che fanno? Vanno a piedi nudi, vestiti di abiti spregevoli, non mangiano
quasi niente ».
E
nessuno allora li seguiva. Le donne e le ragazze, vedendoli da lontano,
fuggivano addirittura, come da degli insensati. Sebbene non li seguissero,
tutti ne restavano edificati, vedendo ii loro modo santo di comportarsi.
Dopo
aver girato quella regione, tornarono al detto luogo di Santa Maria degli
Angeli.
1506 17. Al passar
di pochi giorni, ecco venire tre altri assisani: Sabbatino, Giovanni e Morico
il Piccolo, umilmente supplicando Francesco che li accogliesse tra i suoi
amici. Ed egli li accolse benevolo e allegro.
Quando si recavano in città per elemosina nessuno voleva
dar loro nulla, li maltrattavano anzi: << Come? Avete buttato via il vostro. e adesso pretendete
di vivere alle spalle altrui? ». E così pativano una penuria estrema. Genitori
e consanguinei li perseguitavano; gli altri, piccoli e grandi, uomini e donne,
li disprezzavano e deridevano come si farebbe con dei pazzoidi. Solo il vescovo
della città faceva eccezione, e Francesco andava spesso da lui a domandare
consiglio .
Questo
era il motivo della persecuzione di genitori e parenti e degli scherni
dell'altra gente: a quel tempo non si trovava nessuno che abbandonasse le sue
proprietà e andasse a elemosinare di uscio in uscio.
1507 Un giorno che
Francesco si recò dal vescovo, questi gli disse: « La vostra vita mi sembra
oltremodo dura e aspra, col non posseder nulla in questo mondo » Gli replicò il
Santo: « Signore, se avessimo delle possessioni, per proteggerle avremmo
bisogno di armi, perché è dalla proprietà che sorgono questioni e liti, e in
tal modo l'amor di Dio e del prossimo viene impedito. Per questa ragione siamo
decisi a non possedere nulla».
E
piacque al vescovo questa risposta.
CAPITOLO IV
COME AMMONI' I FRATI E Ll INVIO' PER IL
MONDO
1508 18.
Francesco, pieno di grazia dello Spirito Santo, preannunciò quanto sarebbe
avvenuto ai suoi amici. E chiamati a sé questi sei frati che aveva, nella selva
che circondava la Porziuncola (andavano di frequente a pregare in quella
chiesa), disse loro: << Carissimi
fratelli, consideriamo la nostra vocazione: Dio misericordioso non ci ha
chiamato solo per noi stessi, ma anche per l'utilità e la salvezza di molti.
Andiamo dunque per il mondo, esortando e ammaestrando uomini e donne con la
parola e con l'esempio, affinché facciano penitenza dei loro peccati e si
ricordino dei comandamenti del Signore, che da lungo tempo hanno gettato in
dimenticanza >>.
E disse
ancora: << Piccolo
gregge non abbiate timore , ma nutrite fiducia in Dio. Non vogliate dire tra
voi: "Siamo persone rozze e senza istruzione: come faremo a
predicare?". Invece, richiamate a mente le parole che rivolse Gesù ai suoi
discepoli: Non siete voi che parlate, ma è lo Spirito del vostro Padre che
parla in voi. Il Signore stesso vi comunicherà spirito e sapienza per esortare
e mostrare a uomini e donne la via e le opere dei suoi precetti. Troverete dei
credenti mansueti, umili e benevoli, che riceveranno con gaudio e amore voi e
le vostre parole. Troverete di quelli che non credono, superbi e bestemmiatori,
che vi resisteranno svillanneggiando voi e i vostri discorsi. Proponetevi
perciò di sopportare ogni cosa con pazienza e umiltà >>.
Sentite
che ebbero queste parole, i frati provarono paura. Vedendo la loro apprensione,
Francesco soggiunse: <<
Non temete! Sappiate infatti che fra non molto tempo verranno a noi numerosi
sapienti, prudenti e nobili, e staranno insieme con noi. Predicheranno alle
genti e ai popoli, ai re e ai principi, e molti si convertiranno al Signore. E
per tutto il mondo il Signore moltiplicherà la sua famiglia >>.
Ciò
detto li benedisse, ed essi partirono.
CAPITOLO
V
TRAVERSIE PATITE DAI FRATI
DURANTE LA LORO MISSIONE
1509 19. Durante
il viaggio, ove i devoti servi del Signore incontrassero una chiesa officiata o
abbandonata, oppure una croce lungo la strada, si fermavano a recitare con
fervore questa preghiera: << Ti
adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo, qui e in tutte le chiese del mondo,
perché per mezzo della tua santa croce hai redento il mondo >>. Ed ivi
credevano e sentivano presente il Signore.
Chiunque
li vedesse, si meravigliava: << Mai abbiamo visto religiosi vestiti in questa maniera >>. Essendo dissimili
per abito e per vita da tutti gli altri, parevano uomini boschivi. Entrando in
una città, in un castello, in una casa, annunciavano la pace. Ovunque
s'imbattessero in uomini e donne, fosse per via, fosse sulle piazze, li
ammonivano a temere e amare il Creatore del cielo e della terra, a ricordare i
suoi comandamenti caduti nell'oblio e ad impegnarsi a metterli in pratica.
C'era
chi li stava a udire con simpatia e gioia, c'era al contrario chi li prendeva
in giro. Molti li tempestavano di domande, ed era una fatica pararsi da tutti
quegli interrogatori. Quando ci sono delle novità, naturalmente sorgono delle
curiosità. Dicevano: <<Di
dove siete?>>.
Oppure: << A
che ordine appartenete? >>.
Loro con semplicità rispondevano: << Siamo dei penitenti e veniamo dalla città di Assisi >>. La Religione dei
frati, infatti, non era ancora denominata Ordine.
1510 20. Molti, a
vederli e sentirli, li reputavano degli impostori o dei fatui. Qualcuno
aggiungeva: <<
Non voglio riceverli in casa, ché abbiano a rubare le mie cose >>. Per
questi sospetti, in parecchie località li assalivano con ingiurie. Per cui
sostavano più spesso sotto i portici delle chiese o nelle case annesse.
Due
frati, giunti a Firenze, giravano la città in cerca di qualcuno che li
ospitasse, e non riuscivano a trovarlo. Arrivati a una casa, che aveva davanti
un portico con il forno, si dissero l'un l'altro:
<< Potremo sostare qui >>. Pregarono
dunque la padrona di riceverli; ma avendo quella immediatamente ricusato, le
chiesero il permesso di fermarsi almeno presso il forno.
E la
donna acconsentì. Ma venuto suo marito e scoperti i due che stavano accanto al forno, brontolò: « Perché
hai dato ospitalità a questi ribaldi? ». Lei rispose: « Non li ho voluti
alloggiare in casa, ma ho permesso loro di starsene sotto il portico: tutt'al
più potranno rubare un po' di legna ». Per la diffidenza non diedero loro nulla
da coprirsi, sebbene facesse un gran freddo.
Durante
la notte i due si levarono per il mattutino, dirigendosi alla chiesa più
vicina.
1511 21. Spuntato
il giorno, quella donna andò in chiesa a sentir Messa, e li vide immersi nella
preghiera devoti e umili. Disse allora fra sé: « Se questi uomini fossero
malviventi, come pensava mio marito, non pregherebbero con tanta devozione >>.
Ed ecco
un certo Guido camminare per la chiesa, offrendo l'elemosina li poveri lì
presenti. Accostatosi ai frati, voleva dare un denaro ciascuno, ma quelli non
lo vollero ricevere. Allora disse: << Ma perché non prendete i soldi, come gli altri poveri,
voi che siete così bisognosi? ». Rispose uno di loro, frate Bernardo: « E vero
che siamo poveri, ma e una povertà che non ci pesa, poiché ci siamo fatti
poveri spontaneamente, per grazia di Dio e per adempiere il suo consiglio ».
22. Pieno di
stupore, Guido domandò se avessero posseduto qualcosa nel mondo. Gli risposero
che, sì, avevano posseduto dei beni, ma li avevano distribuiti ai poveri per
amore di Dio.
Anche
la donna, vistili rifiutare i denari, venne vicino e disse: « Cristiani, se
volete tornare da me, vi ospiterei volentieri in casa mia ». Risposero
gentilmente: « Il Signore ti rimeriti! ». Ma Guido li accompagnò a casa sua: «
Ecco, disse, la dimora che Dio vi ha preparato! Restateci a piacer vostro ». I
due ringraziarono Dio, che era stato misericordioso con loro e aveva esaudito
la preghiera dei suoi poverelli. Rimasero lì per alcuni giorni. E Guido, mosso
dalle loro parole e dal buon esempio, fece poi generosi donativi ai poveri.
1512 23. Benché
quest'uomo li trattasse con tanta benevolenza, dalla gente erano però
comunemente riguardati come dei pezzenti, e piccoli e grandi li prendevano a
zimbello, alla maniera dei padroni con i servi, a parole e a fatti. Perfino gli
indumenti strappavano loro, per sbrindellati e logori che fossero. Rimasti
nudi, non avendo altri cenci di ricambio, osservavano tuttavia il consiglio del
Vangelo di non ridomandare quello che viene tolto. Ma se per compassione
ritornavano loro la tonaca, la ripigliavano con buona grazia .
Certuni
buttavano fango sul loro capo, altri ponevano loro in mano dei dadi,
invitandoli a giocare. Un tale si caricò sul dorso, appeso per il cappuccio, un
frate, e se lo ballonzolò fin che gli piacque. Tali e molte altre malversazioni
crudeli facevano loro, che non stiamo qui a raccontare, per non dilungarci.
Erano considerati talmente dei poveri diavoli e peggio, che li strapazzavano
come si farebbe coi malfattori; senza dire quanto pativano per la fame e la
sete, il freddo e le vesti insufficienti.
Ma
soffrivano ogni cosa con animo forte e paziente, secondo li aveva ammoniti
Francesco. Non si lasciavano prendere da tristezza, non erano contrariati, ma
come uomini intenti a grossi guadagni, esultavano nelle tribolazioni e
gioivano, pregando Dio sinceramente per i loro persecutori.
1513 24. La gente,
vedendoli sereni nelle sofferenze accettate pazientemente per il Signore, e
sempre intenti a pregare con devozione, ricusando di ricevere e tener per sé
denaro come invece facevano gli altri poveri, e volersi bene l'un l'altro,
segno questo ch'erano discepoli di Gesù: molti ne furono commossi e pentiti, e
andavano a chiedere loro scusa dei maltrattamenti. I frati perdonavano di
cuore, rispondendo con letizia: « Il Signore vi perdoni! ». Così li stavano poi
volentieri ad ascoltare.
1514 Taluni anzi
finivano col chiedere di esser ricevuti nel loro gruppo, e infatti ne accolsero
alcuni. A quel tempo, essendo i frati assai pochi, Francesco li autorizzava a
ricevere quelli che ritenessero opportuno. Alla data stabilita fecero ritorno a
Santa Maria della Porziuncola.
CAPITOLO VI
VITA COMUNE
E AMORE VICENDEVOLE DEI FRATI
1515 25. Quando si
rivedevano, erano talmente inondati di giocondità e gaudio spirituale, che non
ricordavano più le avversità subìte e non facevano caso della loro dura
povertà.
Ogni
giorno erano solleciti nel pregare e nel lavorare con le loro mani, onde
spazzar via ogni forma di oziosità nemica dell'anima. Nella notte si levavano,
secondo il detto del salmista: A mezzanotte io sorgevo a lodare il Signore e si
consacravano all'orazione devotamente, commovendosi fino alle lacrime.
1516 Si volevano bene
l'un l'altro con affetto profondo, si servivano e procuravano il nutrimento con
l'amore d'una madre verso i propri figli. Tanto ardeva in essi il fuoco della
carità, che avrebbero volentieri dato la vita l'un per l'altro, proprio come
l'avrebbero data per il nome del Signore nostro Gesù Cristo.
1517 26. Un
giorno, mentre due frati camminavano per una strada, trovarono un folle che
lanciava contro di loro dei sassi. Uno di essi, vedendo piovere i sassi sul suo
compagno, gli si parò davanti, preferendo esserne colpito lui, anziché il suo
amato fratello. Scene di questo genere succedevano spesso.
Trasfigurati
dalla carità e dall'umiltà, ciascuno riveriva l'altro come fa un servo col suo
padrone. E chiunque, per il suo incarico o per doni di grazia, fosse superiore
agli altri, si riteneva più basso e vile degli altri.
Erano
sempre pronti a obbedire: non appena si apriva la bocca che dava l'ordine, i
piedi erano già in moto per andare, le mani già preparate a lavorare. Qualunque
cosa fosse loro comandata, ritenevano fosse volontà del Signore: e per questo
riusciva loro piacevole e facile eseguire i comandamenti.
Si
astenevano da desideri egoistici e, per non esser a loro volta giudicati, giudicavano
severamente se stessi.
1518 27. Se per
caso uno pronunciava parola che potesse dispiacere all'altro, ne provava tale
rimorso, da non aver pace finché non avesse chiesto scusa. Si prostrava a terra
e si faceva mettere sulla bocca un piede del proprio fratello, per quanto
costui riluttasse. Se poi questi a nessun patto voleva compiere un simile
gesto, se l'offensore era il prelato, gli comandava di compiere quel gesto,
oppure ne chiedeva l'ordine al superiore. Ci tenevano ad allontanare da loro
ogni velo di malumore, affinché non fosse insidiata la perfetta carità
reciproca. Così s'ingegnavano ad opporre ai vari vizi le virtù corrispondenti.
1519 Qualunque cosa
avessero, fosse un libro, fosse una tonaca, era a disposizione di tutti, e
nessuno osava dire sua qualunque cosa, appunto come si faceva nella Chiesa
primitiva degli apostoli.
E
sebbene l'unica cosa di cui abbondassero fosse la loro povertà, sempre erano
generosi, e per amor di Dio facevano parte delle elemosine ricevute con
chiunque gliene chiedesse.
1520 28. Andando
per via, se trovavano poveri a domandar loro l'elemosina, non avendo altro da
donare, regalavano parte del proprio vestito. Uno scucì dalla tonaca il
cappuccio e lo consegnò a un mendicante; altri davano un pezzo della tonaca, per
osservare la parola del Vangelo: A chi ti chiede, dona.
Una
volta alla chiesa della Porziuncola, dov'essi dimoravano, venne un poverello in
cerca d'elemosina. C'era lì un mantello, appartenuto a uno d'essi mentre ancora
stava al secolo. Francesco gli disse di regalarlo al mendico, e quello
volentieri e prontamente lo consegnò. E subito, per la bontà gentile
dimostrata, parve al frate che quell'elemosina salisse al cielo, e si sentì
ricolmo di uno spirito nuovo.
1521 29. Se poi
dei ricchi di questo mondo si portavano da loro, li ricevevano allegri e
benevoli, e li invitavano a distaccarsi dal male e a far penitenza.
Con insistenza i frati pregavano che non li si mandasse
nei loro luoghi nativi, per sfuggire alla compagnia e familiarità dei
consanguinei secondo sta scritto: Sono straniero ai miei fratelli ed estraneo
ai figli di mia madre.
Erano
felici di essere poveri, poiché non bramavano che le ricchezze eterne. Non
possedevano né oro né argento, e sebbene avessero in dispregio qualsiasi
ricchezza di questo mondo, odiavano particolarmente e calpestavano il denaro.
1522 30. Un'altra
volta, sempre mentre abitavano presso la
Porziuncola, vennero colà delle persone e, di nascosto dai frati, lasciarono
del denaro sull'altare. Entrando in chiesa un frate, vide le monete e andò a
deporle sul davanzale di una finestra. Ma un altro le prese di lì e andò a
portarle a Francesco.
Allora
Francesco volle sapere chi era stato a mettere sul davanzale quei soldi. Lo
trovò, lo fece venire a sé e gli disse: « Perché hai fatto questo? Non sapevi
la mia volontà che i frati non solo non facciano uso di denaro ma neppure lo
tocchino? ». Udito ciò il frate chinò il capo, si mise in ginocchio, confessò
la sua colpa, pregando gli venisse imposta la penitenza. Il Santo gli ingiunse
di portare fuori della chiesa quelle monete con la bocca e di andarle poi a
deporre sullo sterco d'asino. Il fraticello eseguì con diligenza l'ordine
ricevuto. Francesco insegnò poi ai frati che, dovunque trovassero denaro, lo
avessero a vile.
Erano
sempre pieni di gioia, perché nulla avevano che li potesse turbare. Invero,
quanto più erano divisi dal mondo, tanto maggiormente stavano congiunti a Dio.
Entrati
nel sentiero stretto ed erto, ruppero i macigni, schiacciarono le spine: e
così, grazie al loro esempio, hanno reso a noi seguaci più agevole il cammino.
CAPITOLO VII
COME ANDARONO A ROMA
E IL PAPA CONCESSE LORO LA REGOLA
E LA FACOLTA' Dl PREDICARE
1523 31. Vedendo
Francesco come la grazia del Salvatore li accresceva di numero e di meriti,
disse loro: <<
Fratelli, vedo che il Signore vuol trasformare in una grande comunità la nostra
famiglia. Andiamo dunque dalla madre nostra, la Chiesa romana, e notifichiamo
al sommo Pontefice le cose che il Signore sta facendo per mezzo nostro. e in base
alla volontà e al precetto del Papa compiamo la nostra missione ». Piacquero ad
essi tali parole, e Francesco, presi con sé i dodici frati, si mise in viaggio
verso Roma.
Mentre
erano in cammino, disse: « Facciamo uno di noi nostra guida e consideriamolo
come vicario di Gesù Cristo. Dovunque egli vada, seguiamolo; e quando vorrà far sosta,
sostiamo ». Elessero allora frate Bernardo, il primo discepolo di Francesco, e
ottemperavano a quanto lui diceva.
Andavano
pieni di gioia, conversando sulle parole del Signore. Null'altro usciva dalla
loro bocca, se non ciò che fosse a lode e gloria del Signore e a utilità delle
loro anime; oppure, pregavano. E il Signore procurava loro al tempo opportuno
il cibo e l'alloggio.
1524 32. Come
giunsero a Roma, vi trovarono il vescovo di Assisi, il quale dimorava colà in
quei giorni. Al vederli, li accolse con grande gioia.
Il
vescovo era noto al cardinale Giovanni di San Paolo uomo buono e religioso, che
amava i servi del Signore. A lui il vescovo aveva manifestato il progetto e la
vita di Francesco e dei suoi frati. Venuto a conoscenza di ciò, il cardinale
nutriva vivo desiderio d'incontrare Francesco e qualche suo frate. Saputo
ch'erano in città, mandò ad invitarli presso di sé, e li ricevette con
devozione ed amore.
1525 33. Nei pochi
giorni che dimorarono da lui, ebbe modo d'amarli ancor più, vedendo splendere
nella loro vita quello che aveva sentito dire di essi. Si rivolse a Francesco:
« Mi raccomando alle vostre orazioni, e voglio che d'ora in poi mi consideriate
uno dei vostri. Ditemi adesso perché siete venuti qui ». Allora Francesco gli
palesò interamente il suo proposito, e come voleva parlare al Signore
Apostolico, per proseguire il suo modo di vita secondo il volere e il precetto
di lui. Rispose il cardinale: « Ebbene, voglio essere io il vostro procuratore
nella Curia del signor Papa ».
Recatosi
in Curia, disse al papa Innocenzo III: « Ho trovato un uomo perfettissimo, che
vuol vivere secondo la forma del santo Vangelo, osservandolo pienamente. Io
credo che il Signore voglia per suo mezzo rinnovare completamente nel mondo la
Chiesa ». Ciò udendo, il Papa si meravigliò, e disse: « Conducetelo da me ».
1526 34. Il giorno
seguente lo accompagnò dal Papa. Francesco rivelò sinceramente al signor Papa
il suo ideale, come in precedenza aveva fatto al cardinale.
Rispose
il Papa: « Troppo dura e aspra è la vostra vita, qualora, nella congregazione
che intendete formare, vi proponiate di
non possedere nulla in questo mondo. Donde trarrete il necessario? ». E Francesco:
« Signore, io confido nel mio Signore Gesù Cristo, che promettendo di darci in
cielo vita e gloria, non ci priverà in terra delle cose necessarie al corpo ».
Concluse il Papa: « Figlio, quello che dici è vero; tuttavia fragile è l'umana
natura e mai perdura nel medesimo stato. Va' quindi e prega Dio con tutto il
cuore, affinché si degni mostrare ciò che è meglio e più utile alle vostre
anime. Poi torna e riferisci ogni cosa: ti concederò tutto ».
1527 35.
Francesco, recandosi all'orazione, pregò Dio con puro cuore, che nella sua
pietà ineffabile gli desse un segno. E, perseverando nell'orazione con l'anima
assorta in Dio, il Signore gli parlò così: « Nel reame di un grande sovrano
c'era una donna molto povera ma bella, che piacque agli occhi del re e diede a
lui numerosi figli. Un giorno la donna prese a riflettere e diceva tra sé:
--Cosa farò io poverella, che ho tanti figli, ma nulla possiedo di cui possano
vivere?--Mentre era in questi pensieri che davano al suo viso un aspetto
triste, ecco apparire il re e interrogarla: --Cos'hai, che ti vedo sopra
pensiero e tutta rattristata?-- Ed Ella gli comunicò le apprensioni che
l'agitavano. Ma il re la confortò: --Non aver paura della tua gran povertà né
angustiarti per i figli che hai e di quelli che verranno ancora, poiché, se
molti dipendenti abbondano nel mio palazzo di cibo, non vorrò certo che i figli
miei periscano di fame: con essi sarò ancor più generoso ».
Capì
subito l'uomo di Dio Francesco che quella donna poverella rappresentava lui
stesso. E ciò rese ancor più forte il suo proposito di osservare anche in
seguito la santissima povertà.
1528 36. E
levatosi, andò immediatamente dall'Apostolico, per esporgli quanto gli aveva
rivelato il Signore.
Ascoltando
quella parabola, il Papa fu pieno di stupore, che il Signore avesse rivelato la
sua volontà ad un uomo tanto semplice. E conobbe che non camminava nella
sapienza degli uomini, ma nella luce e nella forza dello Spirito.
Quindi
il beato Francesco s'inchinò e promise al signor Papa obbedienza e reverenza
con umiltà e devozione. A loro volta, gli altri frati, che non avevano ancora
promesso obbedienza, per ordine del Papa promisero allo stesso modo obbedienza
e reverenza a Francesco.
E il
signor Papa concesse la Regola a lui e ai suoi frati presenti e futuri. Gli diede altresì autorità di
predicare dovunque, secondo la grazia largitagli dallo Spirito Santo; autorizzò
a predicare anche gli altri frati, a cui il beato Francesco volesse concedere
il ministero della predicazione.
D'allora
in avanti Francesco cominciò a predicare per città e castelli, come lo Spirito
del Signore gli rivelava. Sulla sua bocca il Signore pose parole sante,
melliflue e dolcissime, così che nessuno, udendolo, avrebbe mai cessato di
saziarsene .
Il
cardinale Giovanni su nominato, per la devozione che nutriva verso il Fratello,
fece fare la chierica a tutti i dodici frati .
1529 In seguito,
Francesco ordinò che due volte l'anno si facesse Capitolo, cioè alla Pentecoste
e alla festa di san Michele nel mese di settembre.
CAPITOLO VIII
COME STABILI' CHE SI FACESSE CAPITOLO
E DELLE COSE CHE VI SI TRATTAVANO
37. Per Pentecoste tutti i frati si riunivano a Capitolo
presso la chiesa di Santa Maria della Porziuncola. Vi si trattava come
osservare meglio la Regola, si stabilivano i frati che andassero a predicare
nelle diverse province e quali frati si dovessero assegnare a tali regioni.
Francesco
rivolgeva ai presenti ammonizioni, riprensioni e precetti, conforme gli
sembrava opportuno, dopo aver consultato il Signore. E tutte le cose che
esprimeva a parole, prima di tutto le compiva lui stesso e le faceva vedere con
affettuosa sollecitudine.
1530 Venerava i
prelati e i sacerdoti della santa Chiesa. Riveriva i vecchi, onorava i nobili e
i ricchi; ma intimamente prediligeva i poveri e condivideva le loro sofferenze:
e inoltre si mostrava soggetto a tutti.
Sebbene
egli fosse di tutti il più elevato, nondimeno stabiliva suo guardiano e padrone
uno dei frati dimoranti con lui, e gli obbediva umile e devoto, così da fugare
ogni occasione di orgoglio. Il Santo abbassava fino a terra il suo capo in
mezzo agli uomini, e perciò Dio lo esaltò in cielo tra i suoi eletti.
Esortava
i frati a osservare con ogni cura il Vangelo e la Regola, come avevano
promesso; li ammoniva soprattutto ad esser reverenti verso i ministeri e le
leggi della Chiesa, ad ascoltare con amore e devozione la Messa, a guardare e
adorare con fede il Corpo del Signore nostro Gesù Cristo, ad avere in onore i
sacerdoti che officiano questi adorabili e grandi sacramenti, e che dovunque si
imbattessero in uno di loro, chinassero la testa e baciassero la sua mano; e
qualora li incontrassero a cavallo, facessero reverenza e non contenti di
baciare loro la mano, perfino gli zoccoli del loro cavallo baciassero, in segno di venerazione
per il loro sacro potere.
1531 38. Li
esortava ancora a non giudicare né disprezzare nessun uomo, nemmeno quelli che
bevono, mangiano, vestono nel lusso, come anche sta scritto nella Regola. «
Infatti, diceva, il Signore nostro è altresì il loro Signore, e chi ha chiamato
noi può benissimo chiamare loro, e chi ha giustificato noi può anche
giustificare loro ».
E
aggiungeva: « Io voglio riverire tutti come miei fratelli e padroni. Sono miei
fratelli, perché tutti abbiamo un unico Creatore; sono miei padroni, perché ci
aiutano a far penitenza, donandoci le cose necessarie al corpo ». E ancora: «
Tale sia il vostro comportamento in mezzo al popolo, che dovunque vi vedano o
ascoltino, abbiano a glorificare e lodare il Padre nostro celeste ».
Ardente
era il suo desiderio di compiere sempre, lui e i suoi frati, azioni che fossero
a lode del Signore. Diceva: « Come annunciate la pace con la vostra bocca, così
abbiate sempre la pace nel vostro cuore, così che nessuno provochiate ad ira e
scandalo; anzi, per mezzo della vostra pace e mansuetudine, tutti siano
richiamati a pace e bontà. Per questo siamo stati chiamati: per medicare i
feriti, guarire gli affranti, richiamare gli erranti. Molti sembrano membra del
diavolo, e invece saranno discepoli di Cristo ».
1532 39. Li
rimproverava dell'eccessiva durezza con cui trattavano il loro corpo. A quei
tempi i frati si davano perdutamente ai digiuni, alle veglie, al lavoro, per
reprimere interamente gl'incentivi della carnalità. Talmente maltrattavano se
stessi, che parevano aversi in odio. Ma udendo e vedendo tali esagerazioni,
Francesco li sgridava, come s'è detto, e comandava si moderassero. Ed era tanto
pieno della grazia e sapienza del Salvatore, che faceva l'ammonizione
benevolmente, la riprensione con buon senso, I'ingiunzione con dolcezza.
Tra i
frati riuniti a Capitolo, nessuno era che discutesse problemi di questo mondo;
non parlavano tra loro che delle vite dei santi Padri, o della perfezione di
qualche frate, o come meglio potessero rendersi graditi al Signore.
Se
taluno soffriva tentazioni o tribolazioni, nell'udire Francesco parlare così
fervoroso e dolce, e mirando la sua persona, le tentazioni scomparivano.
Parlava loro con calda partecipazione, non come un giudice, bensì come padre ai
figli o come medico al malato, così da rivivere il sentimento di san Paolo: Chi
di voi s'ammala ch'io non ammali con lui? Chi si scandalizza ch'io non mi senta
bruciare?
CAPITOLO
IX
COME I FRATI FURONO INVIATI PER IL MONDO
1533 40. Terminato
il Capitolo, Francesco benediceva tutti i frati presenti e, come meglio
credeva, li inviava nelle varie province. A chiunque di loro possedesse lo
spirito di Dio e capacità di parlare, fosse chierico o laico, concedeva licenza
e obbedienza di predicare. E quelli ricevevano la sua benedizione con letizia
grande e gaudio nel Signore Gesù Cristo. Andavano per le vie del mondo come
stranieri e pellegrini, nulla portando con sé, eccettuati i libri necessari per
le Ore liturgiche.
Dovunque
s'imbattevano in un sacerdote, non importa se povero o ricco, lo riverivano
umilmente, come aveva insegnato Francesco.
E
quando facevano sosta, preferivano domandare ospitalità ai preti, anziché alla
gente.
1534 41. Se poi il
sacerdote non poteva ospitarli, s'informavano: « Chi c'è nel paese, persona
spirituale o timorata di Dio, che ci possa ricevere in casa onestamente? ». Con
l'andar del tempo, il Signore ispirava qualche buon cristiano nelle singole
città o nelle borgate dove stavano per giungere i frati, a preparare loro un
alloggio; finché essi, più tardi, edificarono i loro luoghi nelle città e nei
paesi.
Dava
loro il Signore parola e spirito conforme ai bisogni, onde fossero in grado di
proferire parole capaci di penetrare il cuore di molti uditori, e soprattutto
dei giovani, a preferenza degli anziani. Quelli abbandonavano padre e madre e
averi, e li seguivano indossando l'abito dell'Ordine. Proprio a quei tempi si
adempì alla lettera il detto del Signore: Non sono venuto a portare la pace
sulla terra ma la spada; sono venuto infatti a separare il figlio dal padre suo
e la figlia dalla madre. Coloro che i frati ricevevano, venivano poi
accompagnati da Francesco che imponeva loro il saio.
1535 Allo stesso
modo, molte vergini e vedove, ascoltando la predicazione dei frati, venivano a
domandare consiglio: « E noi, cosa possiamo fare? Stare con voi non è
possibile. Diteci allora come dobbiamo fare per salvarci l'anima >>. A tal fine in ogni
città furono stabiliti dei monasteri di clausura, dove vivere in penitenza. E
un frate veniva incaricato dell'ufficio di visitatore e animatore delle
recluse.
Similmente
i coniugi dicevano: « Noi abbiamo le mogli, non le possiamo mandar via.
Insegnateci pertanto la via della salvezza ». Nacque così quello che viene
chiamato l'Ordine dei Penitenti, approvato dal sommo Pontefice.
CAPITOLO X
COME I CARDINALI FAVOREVOLI AI FRATI
COMINCIARONO A CONSIGLIARLI E AIUTARLI
1536 42. Il
venerabile padre cardinal Giovanni di San Paolo, che assai di frequente dava
consiglio e appoggio a Francesco, elogiava davanti agli altri cardinali i
meriti e I'attività di Francesco e di tutti i suoi frati. Venuti a conoscenza
di ciò, quei dignitari provarono affettuosa simpatia per i frati, e ciascuno
bramava di averne con sé qualcuno, non già come servitore, ma per la devozione
e il grande amore che sentivano verso di loro.
Una
volta che il beato Francesco venne alla Curia papale, i singoli cardinali gli
domandarono un frate, e il Santo glieli concesse benevolmente.
Venuto
a morte, il detto cardinale Giovanni, riposò in pace, perché aveva amato i
poveri di Dio.
1537 43. Allora il
Signore ispirò un cardinale di nome Ugolino, vescovo di Ostia che intimamente
amò Francesco e i suoi frati, non solo come un amico, ma proprio come un padre.
Francesco gli si presentò, avendone sentito parlare favorevolmente. E Ugolino
lo ricevette dicendo: « Vi offro me stesso, per consiglio, aiuto e protezione,
come piace a voi; e voglio che mi ricordiate nelle vostre orazioni ».
Il
beato Francesco rese grazie all'Altissimo, che aveva ispirato il cuore di
Ugolino a farsi consigliere, collaboratore e protettore, e gli disse: « Voglio
spontaneamente avere voi come padre e signore mio e dei fratelli miei tutti, e
voglio che tutti i frati abbiano a pregare il Signore per voi ». Lo invitò poi
a intervenire al Capitolo di Pentecoste. Egli accettò, e vi partecipava ogni
anno.
Al suo
arrivo, i frati gli andavano incontro processionalmente. Giunto vicino a loro,
scendeva da cavallo e procedeva fino alla chiesa, a piedi con i frati, per la
devozione di cui li circondava. Indi teneva un sermone, celebrava la Messa, e
il beato Francesco cantava il Vangelo.
CAPITOLO XI
COME LA CHIESA LI PROTESSE DAI PERSECUTORI
1538 44. Compiuti
undici anni dall'inizio dell'Ordine e moltiplicatosi il numero dei religiosi,
furono eletti i Ministri ed inviati assieme a un manipolo di fratelli in quasi
tutte le province della cristianità.
In
certe regioni venivano bene accolti, ma non era permesso loro di edificarsi
delle dimore. In altre località venivano invece cacciati, perché temevano si
trattasse di eretici ( il Papa non aveva ancora confermato, ma solo concessa in
prova la loro Regola). Perciò subirono molte tribolazioni da parte di
ecclesiastici e laici, furono spogliati dai ladroni, e ritornarono da san
Francesco amareggiati e depressi. Tali traversie ebbero a patire in Ungheria,
in Germania e in altre regioni oltre le Alpi.
1539 I reduci
notificarono la disavventura al cardinale di Ostia. Il quale, chiamato a sé
Francesco, lo condusse da papa Onorio, essendo passato Innocenzo III a miglior
vita, e lo pregò di compilare un'altra Regola e di farsela confermare, con
l'apporvi il sigillo papale.
In
questa Regola fu prolungato il termine del Capitolo generale, onde evitare ai
frati troppa fatica: essi ormai erano sparsi anche in terre lontane.
1540 45. Al Papa,
Francesco chiese « un cardinale, che fosse governatore, protettore e correttore
dell'Ordine », com'è stabilito in detta Regola.
Gli
venne concesso il suddetto cardinale Ugolino.
Per
disposizione del Pontefice, al fine di coprire con la sua protezione i frati,
il cardinale inviò lettere a molti prelati nelle cui diocesi avevano patito
persecuzioni, pregandoli di non avversare i frati, anzi di consigliarli e
aiutarli a predicare e dimorare nelle loro regioni, trattandosi di uomini
eccellenti e religiosi approvati dalla Chiesa. Vari altri cardinali mandarono
lettere allo stesso scopo.
E così
in un altro Capitolo Francesco diede autorità ai ministri di ricevere frati
nell'Ordine. E tornarono i frati nelle province portando con sé la Regola
confermata unitamente alla lettera del cardinale. I vescovi, vedendo la Regola
approvata dal Papa e la testimonianza favorevole di Ugolino e d'altri
cardinali, concessero ai religiosi di risiedere e predicare in mezzo ai loro
fedeli.
E
vedendo molti il comportamento umile dei frati, le loro virtù, e udendo il loro
parlare così attraente, vennero a loro e ne indossarono l'abito.
Francesco,
al vedere la fiducia e l'affetto nutrito verso i frati dal cardinale di Ostia,
lo amava di cuore, e quando gli scriveva era solito salutarlo così: « Al
venerabile padre in Cristo, vescovo di tutto il mondo ».
Non
passarono molti anni che il detto cardinale, secondo la profezia di san Francesco, fu eletto alla Sede
apostolica col nome di Gregorio IX.
CAPITOLO XII
MORTE DI SAN FRANCESCO, SUOI MIRACOLI
E SUA CANONIZZAZIONE
1541 46. Vent'anni
erano trascorsi da quando Francesco si era consacrato alla perfezione
evangelica, allorché il Signore misericordioso volle ch'egli si riposasse dalle
sue fatiche. Molto veramente faticò nelle veglie, nelle orazioni e digiuni,
nelle preghiere, nella predicazione, nei viaggi, nelle preoccupazioni, nella
compassione per il suo prossimo. Tutto il cuore egli aveva offerto a Dio suo
Creatore, e dal profondo lo amava con tutta la sua anima e con tutte le sue
viscere. Portava Dio nel cuore, lo lodava con la bocca, lo glorificava con le
azioni. E se alcuno nominava Dio, commentava: « Cielo e terra dovrebbero
inchinarsi a questo Nome ».
Volendo
Dio mostrare a tutti l'amore con cui lo circondava, insignì il corpo di
Francesco con le stimmate del suo Figlio dilettissimo. E siccome il servo di
Dio desiderava entrare nel tempio della gloria divina, il Signore lo chiamò a
sé, e così Francesco gloriosamente passò da questo mondo al Padre.
1542 Dopo la sua
morte molti segni e miracoli apparvero in mezzo al popolo, talché i cuori di
tanti, ch'erano stati duri a credere in ciò che Dio aveva mostrato nel suo
servo, s'intenerirono ed esclamavano:
Noi insensati credevamo una follia la sua vita e ingloriosa la sua fine. Eccolo
ora accolto tra i figli di Dio e la eredità sua è tra i santi!
1543 47. Il
venerabile signore e padre Gregorio papa venero, anche dopo morte, il Santo che
aveva amato in vita. E venendo insieme con i cardinali al luogo dove era
tumulato il corpo di Francesco, ne iscrisse il nome nel catalogo dei santi.
In
seguito a ciò uomini grandi e nobili, abbandonando ogni cosa, si convertirono
al Signore con le mogli, i figli, le figlie e l'intera famiglia. Le mogli e le figlie entrarono nei
monasteri, i padri e i figli presero l'abito dei frati minori.
Aveva
così adempimento la parola che Francesco aveva predetto: « Tra non molto tempo
verranno a noi molti sapienti, prudenti e nobili, e dimoreranno insieme con noi
».
EPILOGO
1544 48. E ora
prego voi, fratelli dilettissimi, affinché meditiate amorevolmente le gesta dei
nostri padri e fratelli, cerchiate di comprenderle e vi impegniate a tradurle
in opere di vita, per meritare di essere partecipi con loro della gloria
celeste. Alla quale ci conduca il Signore nostro Gesù Cristo.