CANTO XI
DEL PARADISO
DI
DANTE
ALIGHIERI
Note
esplicative di
CARLO
PAOLAZZI
LA
RICOSTRUZIONE della vicenda biografica di Francesco che Dante affida alla «
infiammata cortesia / di fra Tommaso » d'Aquino (Par. Xll, 143-144) non ha
importanza documentaria: nella sostanza e spesso anche nella forma dipende dal
Celano e da san Bonaventura arricchiti di prestiti dell'Arbor vitae di Ubertino
da Casale e dell'anonimo Sacrum commercium. Nuova invece e tutta dantesca è la
sicurezza con cui affidando a uno tra i più eletti spiriti sapienti del cielo del
Sole l'elogio di quel Francesco che si proclamava « semplice e senza cultura »
(Testamento), viene risolta in superiore unità la malintesa risorgente polemica
Assisi-Parigi, semplicità-cultura, in nome di quella sapienza evangelica che
affratella Francesco e Agostino, Egidio e Bonaventura. Ugualmente dantesca, se
non proprio altrettanto nuova, è la capacità di sposare senza stridori
un'interpretazione provvidenziale della figura e della missione di Francesco,
nuovo Sole che illumina il mondo, con l'allegoria di un amore cortese, dove
madonna Povertà diventa per Francesco quel simbolo elevante che Dante aveva
configurato per sé nella donna-mito Beatrice.
Intendiamoci:
alla « dolorosa povertade » (Convivio), che gli ha fatto conoscere « sì come sa
di sale / lo pane altrui » (Par. XVII, 58-59), Dante non fa dichiarazioni
d'amore, né la chiama sua « signora », come l'evangelico « poverello di Dio »
Francesco. Anche per Dante, tuttavia, I'origine del « mal che tutto 'l mondo
occupa » sta nell'avarizia, la lupa insaziabile: convergenza non casuale fra il
poeta esule che incessantemente tuona contro la cupidigia che ha sconvolto
l'ordinamento della « civitas christiana », e il Santo « pellegrino e
forestiero in questo mondo », esempio mirabile di povertà intesa come piena
liberazione dello spirito. Non solo per riempire di beati le sfere celesti,
insiste l'autore della Commedia, ma anche per ricostruire il mondo nella
giustizia e nella pace è necessario fare i conti con l'antica, irrinunciabile
beatitudine evangelica: « Beati i poveri in ispirito, perché di essi è il Regno
dei cieli ». Il testo segue l'ediz.
procurata da G Petrocchi ( La Commedia secondo l'antica vulgata, Milano
1966/1967; per gentile concessione della Soc. Dantesca Italiana).
CANTO Xl DEL PARADISO
2103 O insensata cura de' mortali
quanto
son difettivi silogismi
3
quei che ti fanno in basso batter l'ali!
Chi
dietro a jura e chi ad amforismi
sen
giva, e chi seguendo sacerdozio,
6
e chi regnar per forza o per sofismi,
e
chi rubare e chi civ negozio,
chi
nel diletto de la carne involto
9
s'affaticava e chi si dava a l'ozio,
quando,
da tutte queste cose sciolto,
con
Beatrice m'era suso in cielo
12
cotanto gloriosamente accolto.
Poi che ciascuno fu tornato ne lo
punto
del cerchio in che avanti s'era,
15
fermossi, come a candellier candelo.
2104 E io senti' dentro a quella
lumera
che
pria m'avea parlato, sorridendo
18
incominciar, faccendosi più mera:
« Così com'io del suo raggio resplendo,
sì,
riguardando ne la luce etterna,
21
li tuoi pensieri onde cagioni apprendo.
Tu dubbi, e hai voler che si ricerna
in
sì aperta e 'n sì distesa lingua
24
lo dicer mio, ch'al suo sentir si sterna,
ove dinanzi dissi: « U' ben s'impingua »,
e
là u' dissi: « Non nacque il secondo »;
27
e qui è uopo che ben si distingua.
2105 La provedenza, che governa il mondo
con
quel consiglio nel quale ogne aspetto
30
creato è vinto pria che vada al fondo,
però che andasse ver' lo suo diletto
la
sposa di colui ch'ad alte grida
33
disposò lei col sangue benedetto,
in sé sicura e anche a lui più fida
due principi ordinò in suo
favore,
36 che
quinci e quindi le fosser per guida.
L'un fu tutto serafico in ardore;
l'altro
per sapienza in terra fue
39
di cherubica luce uno splendore.
De l'un dirò, però che d'amendue
si
dice l'un pregiando, qual ch'om prende,
42 perch'ad
un fine fur l'opere sue.
2106 Intra Tupino e l'acqua che
discende
del
colle eletto dal beato Ubaldo,
45 fertile
costa d'alto monte pende,
onde Perugia sente freddo e caldo
da
Porta Sole; e di rietro le piange
48 per
grave giogo Nocera con Gualdo.
Di questa costa, là dov'ella frange
più
sua rattezza, nacque al mondo un sole,
51 come
fa questo talvolta di Gange.
Però chi d'esso loco fa parole
non
dica Aseesi, ché direbbe corto.
54 ma
Oriente, se proprio dir vuole.
2107 Non era
ancor molto lontan da l'orto,
ch'el cominciò a far sentir la terra
57 de
la sua gran virtute alcun conforto;
ché per tal donna, giovinetto, in guerra
del
padre corse, a cui, come a la morte,
60 la
porta del piacer nessun diserra;
e dinanzi a la sua spirital corte
et
coram patre le si fece unito;
63
poscia di dì in dì l'amò più forte.
Questa, privata del primo marito,
millecent'anni
e più dispetta e scura
66
fino a costui si stette sanza invito;
né valse udir che la trovò sicura
con
Amiclate, al suon de la sua voce,
69 colui
ch'a tutto 'l mondo fé paura;
né valse esser costante né feroce,
sì
che, dove Maria rimase giuso,
72 ella
con Cristo pianse in su la croce.
Ma perch'io non proceda troppo chiuso,
Francesco
e Povertà per questi amanti
75 prendi
oramai nel mio parlar diffuso.
2108 La lor concordia e i lor lieti
sembianti,
amore
e maraviglia e dolce sguardo
78 facieno
esser cagion di pensier santi;
tanto che 'I venerabile Bernardo
si
scalzò prima, e dietro a tanta pace
81
corse e, correndo, li parve esser tardo.
2109 Oh ignota ricchezza! oh ben
ferace!
Scalzasi
Egidio, scalzasi Silvestro
84
dietro a lo sposo, sì la sposa piace.
Indi sen va quel padre e quel maestro
con
la sua donna e con quella famiglia
87
che già legava l'umile capestro.
Né gli gravò viltà di cuor le ciglia
per
esser fi' di Pietro Bernardone,
90
né per parer dispetto a maraviglia;
ma regalmente sua dura intenzione
ad
Innocenzio aperse, e da lui ebbe
93
primo sigillo a sua religione.
Poi che la gente poverella crebbe
dietro
a costui, la cui mirabil vita
96
meglio in gloria del ciel si canterebbe,
di seconda corona redimita
fu
per Onorio da l'Etterno Spiro
99
la santa voglia d'esto archimandrita.
2110 E poi che, per la sete del
martiro,
ne
la presenza del Soldan superba
102
predicò Cristo e li altri che 'I seguiro,
e per trovare a conversione acerba
troppo la gente e per non stare indarno,
105
redissi al frutto de l'italica erba,
nel crudo sasso intra Tevero e Arno
da
Cristo prese l'ultimo sigillo,
108
che le sue membra due anni portarno.
2111 Quando a colui ch'a tanto ben sortillo
piacque
di trarlo suso a la mercede
111 ch'el meritò nel suo farsi pusillo,
a' frati suoi, sì com'a giuste rede,
raccomandò
la donna sua più cara,
114
e comandò che l'amassero a fede;
e del suo grembo l'anima preclara
mover
si volle, tornando al suo regno,
117
e al suo corpo non volle altra bara.
2112 Pensa
oramai qual fu colui che degno
collega fu a mantener la barca
120
di Pietro in alto mar per dritto segno;
e questo fu il nostro patriarca
per
che qual segue lui, com'el comanda,
123
discerner puoi che buona merce carca.
Ma 'I suo pecuglio di nova vivanda
è
fatto ghiotto, sì ch'esser non puote
126
che per diversi salti non si spanda;
e quanto le sue pecore remote
e
vagabunde più da esso vanno,
129
più tornano a l'ovil di latte vòte.
Ben son di quelle che temono 'I danno
e
stringonsi al pastor; ma son sì poche
132
che le cappe fornisce poco panno.
Or, se le mie parole non son fioche,
se
la tua audienza è stata attenta
135
se ciò ch'è detto a la mente revoche,
in parte fia la tua voglia contenta,
perché
vedrai la pianta onde si scheggia
138
e vedra' il corrègger che argomenta
«
U' ben s'impingua, se non si vaneggia ».