LEGGENDA MAGGIORE
( Vita di san Francesco d'Assisi )
DI
SAN BONAVENTURA DA BAGNOREGIO
Traduzione di
SIMPLICIANO OLGIATI
Note di
FELICIANO OLGIATI
PROLOGO
1020 1. La grazia di Dio, nostro salvatore, in questi ultimi tempi è apparsa nel suo servo Francesco a tutti coloro che sono veramente umili e veramente amici della santa povertà.
Essi, infatti, mentre venerano in lui la sovrabbondanza della misericordia di Dio, vengono istruiti dal suo esempio a rinnegare radicalmente l'empietà e i desideri mondani, a vivere in conformità con Cristo e a bramare, con sete e desiderio insaziabili, la beata speranza.
Su di lui, veramente poverello e contrito di cuore, Dio posò il suo sguardo con grande accondiscendenza e bontà; non soltanto lo sollevò, mendico, dalla polvere della vita mondana, ma lo rese campione, guida e araldo della perfezione evangelica e lo scelse come luce per i credenti, affinché, divenuto testimone della luce, preparasse per il Signore la via della luce e della pace nel cuore dei fedeli.
1021 Come la stella del mattino, che appare in mezzo alle nubi, con i raggi fulgentissimi della sua vita e della sua dottrina attrasse verso la luce coloro che giacevano nelI'ombra della morte; come l'arcobaleno, che brilla tra le nubi luminose, portando in se stesso il segno del patto con il Signore, annunziò agli uomini il vangelo della pace e della salvezza.
Angelo della vera pace, anch'egli, a imitazione del Precursore, fu predestinato da Dio a preparargli la strada nel deserto della altissima povertà e a predicare la penitenza con l'esempio e con la parola.
Prevenuto dapprima dai doni della grazia celeste -come luminosamente appare dallo svolgimento della sua vita - si innalzò, poi, per i meriti di una virtù sempre vittoriosa; fu ricolmo anche di spirito profetico e, deputato all'uffcio degli Angeli, venne ricolmato dell'ardente amore dei serafini, finché, divenuto simile alle gerarchie angeliche, venne rapito in cielo da un carro di fuoco.
Resta così razionalmente dimostrato che egli è stato inviato fra noi con lo spirito e la potenza di Elia.
1022 E perciò si afferma, a buon diritto, che egli viene simboleggiato nella figura dell'angelo che sale dall'oriente e porta in sé il sigillo del Dio vivo, come ci descrive l'altro amico dello sposo, I'apostolo ed evangelista Giovanni, nel suo vaticinio veritiero. Dice infatti Giovanni nell'Apocalisse, al momento dell'apertura del sesto sigillo. Vidi poi un altro angelo salire dall'Oriente, il quale recava il sigillo del Dio vivente.
2. Questo araldo di Dio, degno di essere amato da Cristo, imitato da noi e ammirato dal mondo, è il servo di Dio Francesco: lo costatiamo con sicurezza indubitabile, se osserviamo come egli raggiunse il vertice della santità più eccelsa, e, vivendo in mezzo agli uomini, imitò la purezza degli angeli, fino a diventare esempio di perfezione per i seguaci di Cristo.
Ci spinge ad abbracciare, con fede e pietà, questa convinzione il fatto che egli ebbe dal cielo la missione di chiamare gli uomini a piangere, a lamentarsi, a radersi la testa e a cingere il sacco, e di imprimere, col segno della croce penitenziale e con un abito fatto in forma di croce, il Tau, sulla fronte di coloro che gemono e piangono. Ma ci conferma, poi, in essa, con la sua verità incontestabile, la testimonianza di quel sigillo che lo rese simile al Dio vivente, cioè a Cristo crocifisso. Sigillo che fu impresso nel suo corpo non dall'opera della natura o dall'abilità di un artefice, ma piuttosto dalla potenza meravigliosa dello Spirito del Dio vivo.
1023 3. Poiché mi sentivo indegno e incapace di narrare la vita di quest'uomo così degno di essere venerato e imitato in tutto, io non mi sarei assolutamente azzardato a simile impresa, se non mi avesse spinto il fervido affetto dei miei confratelli, nonché l'incitamento di tutti i partecipanti al Capitolo generale.
Ma quella che mi ha fatto decidere è stata la riconoscenza che io debbo al padre santo.
Infatti per la sua intercessione e per i suoi meriti, io, quando ero bambino, sono sfuggito alle fauci della morte. Questo ricordo in me è sempre vivo e fresco; sicché temerei di essere accusato di ingratitudine, se non celebrassi pubblicamente le sue lodi.
E questa appunto è stata, per quanto mi riguarda, la ragione più forte che mi ha spinto ad affrontare quest'opera: io riconosco che Dio mi ha salvato la vita dell'anima e del corpo ad opera di san Francesco; io ho conosciuto la sua potenza, per averla sperimentata in me stesso.
Per questo ho voluto raccogliere insieme nella misura del possibile, seppure non nella loro completezza, le notizie riguardanti le sue virtù, le sue azioni e i suoi detti, che si trovavano in forma frammentaria, in parte non menzionate e in parte disperse. Perché, venendo a morire coloro che hanno vissuto col servo di Dio, esse non andassero perdute.
1024 4. Per aver ben chiara davanti alla mente, nella maggior certezza possibile, la vita del Santo nella sua verità e trasmetterla, così, ai posteri, mi sono recato nei luoghi dove egli è nato, è vissuto ed è morto, ed ho fatto diligenti indagini sui fatti con i suoi compagni superstiti e, soprattutto, con alcuni di loro che furono i suoi primi seguaci e conobbero a fondo la sua santità e che, d'altra parte, sono testimoni assolutamente degni di fede, sia per la conoscenza dei fatti sia per la solidità della virtù.
Nel narrare poi, quanto Dio si è degnato di compiere per mezzo del suo servo, ho ritenuto di non preoccuparmi della ricercatezza dello stile, giacché la devozione del lettore trae maggior profitto da un linguaggio semplice che da un linguaggio pomposo.
1025 Inoltre non ho sempre intrecciato la storia secondo l'ordine cronologico, allo scopo di evitare confusioni; mi sono studiato piuttosto di osservare una disposizione più adatta a mettere in risalto la concatenazione dei fatti. Perciò mi è parso di dover distribuire sotto argomenti diversi cose compiute in uno stesso periodo di tempo, oppure di dover disporre sotto un medesimo argomento cose compiute in periodi diversi.
1026 5. Esporrò gli inizi, lo svolgimento e il compimento della sua vita in quindici capitoli, così distribuiti:
nel primo descrivo la sua condotta da secolare;
nel secondo, la sua conversione a Dio e il restauro di tre chiese;
nel terzo, I'istituzione della Religione e l'approvazione della Regola;
nel quarto, lo sviluppo dell'Ordine sotto la sua guida e la conferma della Regola precedentemente approvata;
nel quinto, la sua vita austera, e in che modo le creature lo confortavano;
nel sesto, la sua umiltà e obbedienza e l'accondiscendenza di Dio ai suoi desideri;
nel settimo, il suo amore per la povertà e i suoi mirabili interventi nei casi di necessità; nell'ottavo, la sua pietà, e come le creature prive di ragione sembravano affezionarsi a lui;
nel nono, il suo fervore di carità e il suo desiderio del martirio;
nel decimo, il suo amore per la virtù dell'orazione;
nell'undicesimo, la penetrazione delle Scritture e lo spirito di profezia;
nel dodicesimo, I'efficacia nella predicazione e la grazia delle guarigioni;
nel tredicesimo, le sacre stimmate;
nel quattordicesimo, la sua pazienza, e il transito;
nel quindicesimo, la canonizzazione e la traslazione.
Alla fine aggiungerò, per completezza, alcuni dei miracoli da lui compiuti dopo il suo felice transito.
Incomincia la vita
del beato Francesco
CAPITOLO I
Condotta di Francesco da secolare
1027 1. Vi fu, nella città di Assisi, un uomo di nome Francesco, la cui memoria è in benedizione, perché Dio, nella Sua bontà, lo prevenne con benedizioni straordinarie e lo sottrasse, nella sua clemenza, ai pericoli della vita presente e, nella sua generosità, lo colmò con i doni della grazia celeste .
Nell'età giovanile, crebbe tra le vanità dei vani figli degli uomini.
Dopo un'istruzione sommaria, venne destinato alla lucrosa attività del commercio.
Assistito e protetto dall'alto, benché vivesse tra giovani lascivi e fosse incline ai piaceri, non seguì gli istinti sfrenati dei sensi e, benché vivesse tra avari mercanti e fosse intento ai guadagni, non ripose la sua speranza nel denaro e nei tesori.
1028 Dio, infatti, aveva infuso nell'animo del giovane Francesco un sentimento di generosa compassione, che, crescendo con lui dall'infanzia, gli aveva riempito il cuore di bontà, tanto che già allora, ascoltatore non sordo del Vangelo, si propose di dare a chiunque gli chiedesse, soprattutto se chiedeva per amore di Dio.
Una volta, tutto indaffarato nel negozio, mandò via a mani vuote contro le sue abitudini, un povero che gli chiedeva l'elemosina per amor di Dio. Ma subito, rientrato in se stesso, gli corse dietro, gli diede una generosa elemosina e promise al Signore Iddio che, d'allora in poi, quando ne aveva la possibilità, non avrebbe mai detto di no a chi gli avesse chiesto per amor di Dio.
E osservò questo proposito fino alla morte, con pietà instancabile, meritandosi di crescere abbondantemente nell'amore di Dio e nella grazia.
Diceva, infatti, più tardi, quando si era ormai perfettamente rivestito dei sentimenti di Cristo, che, già quando viveva da secolare, difficilmente riusciva a sentir nominare l'amore di Dio, senza provare un intimo turbamento.
1029 La dolce mansuetudine unita alla raffinatezza dei costumi; la pazienza e l'affabilità più che umane, la larghezza nel donare, superiore alle sue disponibilità che si vedevano fiorire in quell'adolescente come indizi sicuri di un'indole buona, sembravano far presagire che la benedizione divina si sarebbe riversata su di lui ancora più copiosamente nell'avvenire.
Un uomo di Assisi, molto semplice, certo per ispirazione divina, ogni volta che incontrava Francesco per le strade della città, si toglieva il mantello e lo stendeva ai suoi piedi, proclamando che Francesco era degno di ogni venerazione, perché di lì a poco avrebbe compiuto grandi cose, per cui sarebbe stato onorato e glorificato da tutti i cristiani .
1030 2. Ma Francesco non conosceva ancora i piani di Dio sopra di lui: impegnato, per volontà del padre nelle attività esteriori e trascinato verso il basso dalla nostra natura corrotta fin dall'origine, non aveva ancora imparato a contemplare le realtà celesti né aveva fatto l'abitudine a gustare le realtà divine.
E siccome lo spavento fa comprendere la lezione, venne sopra di lui la mano del Signore e l'intervento della destra dell'Eccelso colpì il suo corpo con una lunga infermità, per rendere la sua anima adatta a recepire l'illuminazione dello Spirito Santo.
Quand'ebbe riacquistate le forze fisiche, si procurò, com'era sua abitudine, vestiti decorosi. Una volta incontrò un cavaliere, nobile ma povero e mal vestito e, commiserando con affettuosa pietà la sua miseria, subito si spogliò e fece indossare i suoi vestiti all'altro. Così, con un solo gesto, compì un duplice atto di pietà, poiché nascose la vergogna di un nobile cavaliere e alleviò la miseria di un povero.
1031 3. La notte successiva mentre dormiva, la Bontà di Dio gli fece vedere un palazzo grande e bello, pieno di armi contrassegnate con la croce di Cristo, per dimostrargli in forma visiva come la misericordia da lui usata verso il cavaliere povero, per amore del sommo Re, stava per essere ricambiata con una ricompensa impareggiabile.
Egli domandò a chi appartenessero quelle armi e una voce dal cielo gli assicurò che erano tutte sue e dei suoi cavalieri.
Quando si destò, al mattino, credette di capire che quella insolita visione fosse per lui un presagio di gloria. Difatti egli non sapeva ancora intuire la verità delle cose invisibili, attraverso le apparenze visibili. Perciò, ignorando ancora i piani divini, decise di recarsi in Puglia, al servizio di un nobile conte, con la speranza di acquistare in questo modo quel titolo di cavaliere, che la visione gli aveva indicato.
1032 Di lì a poco si mise in viaggio; ma, appena giunto nella città più vicina, udì nella notte il Signore, che in tono familiare gli diceva: « Francesco, chi ti può giovare di più: il signore o il servo, il ricco o il poverello? ». « Il signore e il ricco », rispose Francesco. E subito la voce incalzò: « E allora perché lasci il Signore per il servo; Dio così ricco, per l'uomo, così povero? ».
Francesco, allora: « Signore, che vuoi che io faccia? ». « Ritorna nella tua terra -rispose il Signore - perché la visione, che tu hai avuto, raffigura una missione spirituale, che si deve compiere in te, non per disposizione umana, ma per disposizione divina ».
Venuto il mattino, egli ritorna in fretta alla volta di Assisi, lieto e sicuro. Divenuto ormai modello di obbedienza, restava in attesa della volontà di Dio.
1033 4. Da allora, sottraendosi al chiasso del traffico e della gente, supplicava devotamente la clemenza divina, che si degnasse mostrargli quanto doveva fare.
Intanto la pratica assidua della preghiera sviluppava sempre più forte in lui la fiamma dei desideri celesti e l'amore della patria celeste gli faceva disprezzare come un nulla tutte le cose terrene.
Sentiva di avere scoperto il tesoro nascosto e, da mercante saggio, si industriava di comprare la perla preziosa, che aveva trovato, a prezzo di tutti i suoi beni.
Non sapeva ancora, però, in che modo realizzare ciò: un suggerimento interiore gli faceva intendere soltanto che il commercio spirituale deve iniziare dal disprezzo del mondo e che la milizia di Cristo deve iniziare dalla vittoria su se stessi.
1034 5. Un giorno, mentre andava a cavallo per la pianura che si stende ai piedi di Assisi, si imbatté in un lebbroso. Quell'incontro inaspettato lo riempì di orrore. Ma, ripensando al proposito di perfezione, già concepito nella sua mente, e riflettendo che, se voleva diventare cavaliere di Cristo, doveva prima di tutto vincere se stesso, scese da cavallo e corse ad abbracciare il lebbroso e, mentre questi stendeva la mano come per ricevere l'elemosina, gli porse del denaro e lo baciò.
Subito risalì a cavallo; ma, per quanto si volgesse a guardare da ogni parte e sebbene la campagna si stendesse libera tutt'intorno, non vide più in alcun modo quel lebbroso.
Perciò, colmo di meraviglia e di gioia, incominciò a cantare devotamente le lodi del Signore, proponendosi, da allora in poi, di elevarsi a cose sempre maggiori.
Cercava luoghi solitari, amici al pianto; là, abbandonandosi a lunghe e insistenti preghiere, fra gemiti inenarrabili, meritò di essere esaudito dal Signore.
1035 Mentre, un giorno, pregava, così isolato dal mondo, ed era tutto assorto in Dio, nell'eccesso del suo fervore, gli apparve Cristo Gesù, come uno confitto in croce,
Al vederlo, si sentì sciogliere l'anima. Il ricordo della passione di Cristo si impresse così vivamente nelle più intime viscere del suo cuore, che, da quel momento, quando gli veniva alla mente la crocifissione di Cristo, a stento poteva trattenersi, anche esteriormente, dalle lacrime e dai sospiri, come egli stesso riferì in confidenza più tardi, quando si stava avvicinando alla morte. L'uomo di Dio comprese che, per mezzo di questa visione, Dio rivolgeva a lui quella massima del Vangelo: Se vuoi venire dietro a me, rinnega te stesso, prendi la tua croce e seguimi.
1036 6. Da allora si rivestì dello spirito di povertà, d'un intimo sentimento d'umiltà e di pietà profonda. Mentre prima aborriva non solo la compagnia dei lebbrosi, ma perfino il vederli da lontano, ora, a causa di Cristo crocifisso, che, secondo le parole del profeta, ha assunto l'aspetto spregevole di un lebbroso, li serviva con umiltà e gentilezza, nell'intento di raggiungere il pieno disprezzo di se stesso.
Visitava spesso le case dei lebbrosi; elargiva loro generosamente l'elemosina e con grande compassione ed affetto baciava loro le mani e il volto.
Anche per i poveri mendicanti bramava spendere non solo i suoi beni, ma perfino se stesso. Talvolta, per loro, si spogliava dei suoi vestiti, talvolta li faceva e pezzi, quando non aveva altro da donare.
Soccorreva pure, con reverenza e pietà, i sacerdoti poveri, provvedendo specialmente alla suppellettile dell'altare, per diventare, così, partecipe del culto divino, mentre sopperiva al bisogno dei ministri del culto.
1037 Durante questo periodo, egli si recò a visitare, con religiosa devozione, la tomba dell'apostolo Pietro. Fu in questa circostanza che, vedendo la grande moltitudine dei mendicanti davanti alle porte di quella chiesa, spinto da una soave compassione, e, insieme, allettato dall'amore per la povertà, donò le sue vesti al più bisognoso di loro e, ricoperto degli stracci di costui, passò tutta la giornata in mezzo ai poveri, con insolita gioia di spirito.
Voleva, così, disprezzare la gloria del mondo e raggiungere gradualmente la vetta della perfezione evangelica. Si applicava con maggior intensità alla mortificazione dei sensi, in modo da portare attorno, anche esteriormente, nel proprio corpo, la croce di Cristo che portava nel cuore.
Tutte queste cose faceva Francesco, uomo di l)io, quando, nell'abito e nella convivenza quotidiana, non si era ancora segregato dal mondo.
CAPITOLO II
PERFETTA CONVERSIONE A DIO.
RESTAURO DI TRE CHIESE
1038 1. Il servo dell'Altissimo, in questa sua nuova esperienza, non aveva altra guida, se non Cristo, perciò Cristo, nella sua clemenza, volle nuovamente visitarlo con la dolcezza della sua grazia.
Un giorno era uscito nella campagna per meditare. Trovandosi a passare vicino alla chiesa di San Damiano, che minacciava rovina, vecchia com'era, spinto dall'impulso dello Spirito Santo, vi entrò per pregare. Pregando inginocchiato davanti all'immagine del Crocifisso, si sentì invadere da una grande consolazione spirituale e, mentre fissava gli occhi pieni di lacrime nella croce del Signore, udì con gli orecchi del corpo una voce scendere verso di lui dalla croce e dirgli per tre volte: « Francesco, va e ripara la mia chiesa che, come vedi, è tutta in rovina! ».
All'udire quella voce, Francesco rimane stupito e tutto tremante, perché nella chiesa è solo e, percependo nel cuore la forza del linguaggio divino, si sente rapito fuori dei sensi.
Tornato finalmente in sé, si accinge ad obbedire, si concentra tutto nella missione di riparare la chiesa di mura, benché la parola divina si riferisse principalmente a quella Chiesa, che Cristo acquistò col suo sangue, come lo Spirito Santo gli avrebbe fatto capire e come egli stesso rivelò in seguito ai frati.
1039 Si alzò, pertanto, munendosi del segno della croce, e, prese con sé delle stoffe, si affrettò verso la città di Foligno, per venderle.
Vendette tutto quanto aveva portato; si liberò anche, mercante fortunato, del cavallo, col quale era venuto, incassandone il prezzo.
Tornando ad Assisi, entrò devotamente nella chiesa che aveva avuto l'incarico di restaurare. Vi trovò un sacerdote povere!lo e, dopo avergli fatta debita reverenza, gli offrì il danaro per la riparazione della chiesa e umilmente domandò che gli permettesse di abitare con lui per qualche tempo.
Il sacerdote acconsentì che egli restasse; ma, per timore dei suoi genitori, non accettò il denaro - e quel vero dispregiatore del denaro lo buttò su una finestra, stimandolo polvere abbietta.
1040 2. Mentre il servo di Dio dimorava in compagnia di questo sacerdote, suo padre, lo venne a sapere e corse là con l'animo sconvolto.
Ma Francesco, atleta ancora agli inizi, informato delle minacce dei persecutori e presentendo la loro venuta, volle lasciar tempo all'ira e si nascose in una fossa segreta. Vi rimase nascosto per alcuni giorni, e intanto supplicava incessantemente, tra fiumi di lacrime, il Signore, che lo liberasse dalle mani dei persecutori e portasse a compimento, con la sua bontà e il suo favore, i pii propositi che gli aveva ispirato.
1041 Sentendosi, così, ricolmo di una grandissima gioia, incominciò a rimproverare se stesso per la propria pusillanimità e viltà e, lasciato il nascondiglio e scacciata la paura, affrontò il cammino verso Assisi.
I concittadini, al vederlo squallido in volto e mutato nell'animo, ritenendolo uscito di senno, gli lanciavano contro il fango e i sassi delle strade, e, strepitando e schiamazzando, lo insultavano come un pazzo, un demente.
Ma il servo di Dio, senza scoraggiarsi o turbarsi per le ingiurie, passava in mezzo a loro, come se fosse sordo.
Quando suo padre sentì quello strano baccano, accorse immediatamente, non per liberare il figlio, ma piuttosto per rovinarlo: messo da parte ogni sentimento di pietà, lo trascina a casa e lo perseguita, prima con le parole e le percosse, Poi mettendolo in catene.
Però quest'esperienza rendeva il giovane più pronto e più deciso nel mandare a compimento l'impresa incominciata, perché gli richiamava quel detto del Vangelo: Beati quelli che sono perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
1042 3. Ma dopo un po' di tempo - mentre il padre si trovava lontano da Assisi -la madre, che non approvava l'operato del marito e che non sperava di poter far recedere il figlio dalla sua inflessibile decisione, lo sciolse dalle catene e lo lasciò libero di andarsene. Egli, allora, rendendo grazie al Signore onnipotente, ritornò al luogo di prima.
Ma quando il padre ritornò e non lo trovò in casa, rimproverata aspramente la moglie, corse a quel luogo, fremente di rabbia, nell'intento, se non poteva farlo ritornare, almeno di farlo mettere al bando.
Francesco, però, reso forte da Dio, andò incontro spontaneamente al padre infuriato, gridandogli con libera voce che stimava un nulla le sue catene e le sue percosse e dichiarando, per di più, che per il nome di Cristo avrebbe affrontato con gioia qualsiasi tormento.
Il padre, vedendo che non poteva farlo ritornare, si preoccupò di estorcergli il denaro e quando, finalmente, lo trovò sulla finestrella, mitigò un po' il suo furore: quella sorsata di denaro aveva in qualche misura mitigato la sete dell'avarizia.
1043 4. Quel padre carnale cercava, poi, di indurre quel figlio della grazia, ormai spogliato del denaro, a presentarsi davanti al vescovo della città, per fargli rinunciare, nelle mani di lui, all'eredità paterna e restituire tutto ciò che aveva .
Il vero amatore della povertà accettò prontamente questa proposta.
Giunto alla presenza del vescovo, non sopporta indugi o esitazioni; non aspetta né fa parole; ma, immediatamente, depone tutti i vestiti e li restituisce al padre.
Si scoprì allora che l'uomo di Dio, sotto le vesti delicate, portava sulle carni un cilicio.
Poi, inebriato da un ammirabile fervore di spirito, depose anche le mutande e si denudò totalmente davanti a tutti dicendo al padre: « Finora ho chiamato te, mio padre sulla terra; d'ora in poi posso dire con tutta sicurezza: Padre nostro, che sei nei cieli, perché in Lui ho riposto ogni mio tesoro e ho collocato tutta la mia fiducia e la mia speranza ».
Il vescovo, vedendo questo e ammirando l'uomo di Dio nel suo fervore senza limiti, subito si alzò, lo prese piangendo fra le sue braccia e, pietoso e buono com'era, lo ricoprì con il suo stesso pallio. Comandò, poi, ai suoi di dare qualcosa al giovane per ricoprirsi.
Gli offrirono, appunto, il mantello povero e vile di un contadino, servo del vescovo.
Egli, ricevendolo con gratitudine, di propria mano gli tracciò sopra il segno della croce, con un mattone che gli capitò sottomano e formò con esso una veste adatta a ricoprire un uomo crocifisso e seminudo.
Così, dunque, il servitore del Re altissimo, fu lasciato nudo, perché seguisse il nudo Signore crocifisso, oggetto del suo amore; così fu munito di una croce, perché affidasse la sua anima al~ legno della salvezza, salvandosi con la croce dal naufragio del mondo.
1044 5. D'allora in poi, affrancato dalle catene dei desideri mondani, quello spregiatore del mondo abbandonò la città, e, libero e sicuro, si rifugiò nel segreto della solitudine, per ascoltare, solo e nel silenzio, gli arcani colloqui del cielo.
E, mentre se ne andava per una selva, I'uomo di Dio Francesco, e cantava giubilante le lodi di Dio nella lingua di Francia, fu assalito dai briganti, sbucati all'improvviso. Costoro, con intenzioni omicide, gli domandarono chi era Ma l'uomo di Dio, pieno di fiducia, rispose con espressione profetica: « Io sono l'araldo del gran Re ». Quelli, allora, lo percossero e lo gettarono in un fosso pieno di neve, dicendo: ~ Sta lì, rozzo araldo di Dio ».
Mentre se ne andavano, Francesco saltò fuori dal fosso e invaso dalla gioia, continuò a cantare con voce più alta le lodi in onore del Creatore di tutte le cose, facendone riecheggiare le selve.
1045 6. Si recò, poi, ad un vicino monastero, dove chiese come un medicante l'elemosina, che gli fu data come si dà ad una persona sconosciuta e disprezzata.
Proseguì verso Gubbio, dove fu riconosciuto e accolto da un antico amico, che gli diede anche una povera tonachella, che egli indossò come poverello di Cristo.
Poi, amante di ogni forma d'umiltà, si trasferì presso i lebbrosi, restando con loro e servendo a loro tutti con somma cura.
Lavava loro i piedi, fasciava le piaghe, toglieva dalle piaghe la marcia e le ripuliva dalla purulenza. Baciava anche, spinto da ammirevole devozione, le loro piaghe incancrenite, lui che sarebbe ben presto diventato il buon samaritano del Vangelo.
Per questo motivo il Signore gli concesse grande potenza e meravigliosa efficacia nel guarire in modo meraviglioso le malattie dello spirito e del corpo.
Riferirò uno dei fatti, che accadde in seguito, quando la fama dell'uomo di Dio già splendeva più largamente.
1046 Un uomo della contea di Spoleto, aveva una malattia orrenda che gli devastava e corrodeva la bocca e la mascella; nessun rimedio della medicina poteva giovargli. Costui si era recato a Roma, per visitare la tomba degli Apostoli e impetrai-e da loro la grazia. Tornando dal pellegrinaggio, incontrò il servo di Dio, al quale avrebbe voluto, per devozione, baciare i piedi. Ma l'umile Francesco non lo permise, anzi baciò in volto colui che avrebbe voluto baciargli i piedi.
Appena Francesco, il servitore dei lebbrosi, mosso dalla sua mirabile pietà, ebbe toccato con la sua sacra bocca quella piaga orrenda, questa scomparve completamente e il malato ricuperò la sospirata salute.
Non so che cosa ammirare maggiormente, a ragion veduta, in questo fatto: se l'umiltà profonda, che spinse a quel bacio così benevolo, o la splendida potenza che operò un miracolo così stupendo.
1047 7. Ormai ben radicato nell'umiltà di Cristo, Francesco richiama alla memoria l'obbedienza di restaurare la chiesa di San Damiano, che la Croce gli ha imposto.
Vero obbediente, ritorna ad Assisi, per eseguire l'ordine della voce divina, se non altro con la mendicazione.
Deposta ogni vergogna per amore del povero Crocifisso, andava a cercar l'elemosina da coloro con i quali un tempo aveva vissuto nell'abbondanza, e sottoponeva il suo debole corpo, prostrato dai digiuni, al peso delle pietre.
Riuscì così, a restaurare quella chiesetta, con l'aiuto di Dio e il devoto soccorso dei concittadini. Poi, per non lasciare intorpidire il corpo nell'ozio, dopo la fatica, passò a riparare, in un luogo un po' più distante dalla città, la chiesa dedicata a San Pietro spinto dalla devozione speciale che nutriva, insieme con la fede pura e sincera, verso il Principe degli Apostoli.
1048 8. Riparata anche questa chiesa, andò finalmente in 1048 un luogo chiamato Porziuncola, nel quale vi era una chiesa dedicata alla beatissima Vergine: una fabbrica antica, ma allora assolutamente trascurata e abbandonata. Quando l'uomo di Dio la vide così abbandonata, spinto dalla sua fervente devozione per la Regina del mondo, vi fissò la sua dimora, con l'intento di ripararla.
Là egli godeva spesso della visita degli Angeli, come sembrava indicare il nome della chiesa stessa, chiamata fin dall'antichità Santa Maria degli Angeli. Perciò la scelse come sua residenza, a causa della sua venerazione per gli Angeli e del suo speciale amore per la Madre di Cristo.
Il Santo amò questo luogo più di tutti gli altri luoghi del mondo. Qui, infatti, conobbe l'umiltà degli inizi; qui progredì nelle virtù; qui raggiunse felicemente la mèta. Questo luogo, al momento della morte, raccomandò ai frati come il luogo più caro alla Vergine.
1049 Riguardo a questo luogo, un frate, a Dio devoto, prima della sua conversione ebbe una visione degna di essere riferita. Gli sembrò di vedere innumerevoli uomini, colpiti da cecità, che stavano attorno a questa chiesa, in ginocchio e con la faccia rivolta al cielo. Tutti protendevano le mani verso l'alto e, piangendo, invocavano da Dio misericordia e luce.
Ed ecco, venne dal cielo uno splendore immenso, che penetrando in loro tutti, portò a ciascuno la luce e la salvezza desiderate.
1050 E' questo il luogo, nel quale san Francesco, guidato dalla divina rivelazione, diede inizio all'Ordine dei frati minori. Proprio per disposizione della Provvidenza divina, che lo dirigeva in ogni cosa, il servo di Cristo aveva restaurato materialmente tre chiese, prima di fondare l'Ordine e di darsi alla predicazione del Vangelo. In tal modo non solamente egli aveva realizzato un armonioso progresso spirituale, elevandosi dalle realtà sensibili a quelle intelligibili, dalle minori alle maggiori; ma aveva anche, con un'opera tangibile, mostrato e prefigurato simbolicamente la sua missione futura.
Infatti, così come furono riparati i tre edifici, sotto la guida di quest'uomo santo si sarebbe rinnovata la Chiesa in tre modi: secondo la forma di vita, secondo la Regola e secondo la dottrina di Cristo da lui proposte -e avrebbe celebrato i suoi trionfi una triplice milizia di eletti.E noi ora costatiamo che così è avvenuto.
CAPITOLO III
L' ISTITUZIONE DELLA RELIGIONE
E L APPROVAZIONE DELLA REGOLA
1051 1. Nella chiesa della Vergine Madre di Dio dimorava, dunque, il suo servo Francesco e supplicava insistentemente con gemiti continui Colei che concepì il Verbo pieno di grazia e di verità, perché si degnasse di farsi sua avvocata. E la Madre della misericordia ottenne con i suoi meriti che lui stesso concepisse e partorisse lo spirito della verità evangelica.
Mentre un giorno ascoltava devotamente la messa degli Apostoli, sentì recitare il brano del Vangelo in cui Cristo, inviando i discepoli a predicare, consegna loro la forma di vita evangelica, dicendo: Non tenete né oro né argento né denaro nelle vostre cinture, non abbiate bisaccie da viaggio, né due tuniche"né calzari, né bastone.
Questo udì, comprese e affidò alla memoria l'amico della povertà apostolica e, subito, ricoImo di indicibile letizia, esclamò: « Questo è ciò che desidero questo è ciò che bramo con tutto il cuore! ».
Si toglie i calzari dai piedi; lascia il bastone; maledice bisaccia e denaro e, contento di una sola tonachetta, butta via la cintura e la sostituisce con una corda e mette ogni sua preoccupazione nello scoprire come realizzare a pieno le parole sentite e adattarsi in tutto alla regola della santità, dettata agli apostoli.
1052 2. Da quel momento l'uomo di Dio, per divino incitamento, si dedicò ad emulare la perfezione evangelica e ad invitare tutti gli altri alla penitenza.
I suoi discorsi non erano vani o degni di riso, ma ripieni della potenza dello Spirito Santo: penetravano nell'intimo del cuore e suscitavano forte stupore negli ascoltatori. In ogni sua predica, all'esordio del discorso, salutava il popolo con I'augurio di pace, dicendo: « Il Signore vi dia la pace!"
Aveva imparato questa forma di saluto per rivelazione del Signore, come egli stesso più tardi affermò. Fu così che, mosso anch'egli dallo spirito dei profeti, come i profeti annunciava la pace, predicava la salvezza e, con le sue ammonizioni salutari, riconciliava in un saldo patto di vera amicizia moltissimi, che prima, in discordia con Cristo, si trovavano lontani dalla salvezza.
1053 3. In questo modo molti incominciarono a riconoscere la verità della dottrina, che l'uomo di Dio con semplicità predicava, e della sua vita. Alcuni incominciarono a sentirsi incitati a penitenza dal suo esempio e ad unirsi a lui nell'abito e nella vita, lasciando ogni cosa. Il primo di loro fu il « venerabile Bernardo », che, reso partecipe della vocazione divina, meritò di essere il primogenito del beato padre, primo nel tempo e primo nella santità.
Bernardo, dopo avere costatato di persona la santità del servo di Cristo, decise di seguire il suo esempio, abbandonando completamente il mondo. Perciò si rivolse a lui, per sapere come realizzare questo proposito.
Ascoltandolo, il servo di Dio si sentì ripieno della consolazione dello Spirito Santo, perché aveva concepito il suo primo figlio, ed esclamò: « Un simile consiglio dobbiamo chiederlo a Dio! ».
Poiché era ormai maltina, entrarono nella chiesa di San Nicolò. Dopo aver pregato, Francesco, devoto adoratole della Trinità, per tre volte aprì il libro dei Vangeli, chiedendo a Dio che per tre volte confermasse ii proposito di Bernardo .
Alla prima apertura si imbatté nel passo che dice: « Se vuoi essere perfetto, va, vendi tutto quello che hai e dàllo ai poveri.
Alla seconda: Non portate niente durante il, viaggio.
Alla terza: Chi vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua.
« Questa - disse il Santo - è la vita e la regola nostra e di tutti quelli che vorranno unirsi alla nostra compagnia. Va, dunque, se vuoi essere perfetto, e fa come hai sentito».
1055 4 Poco tempo dopo, lo stesso Spirito chiamò altri cinque uomini e il numero dei frati salì a sei. Fra loro, il terzo posto toccò al santo pa~re Egidio, uomo davvero pieno di Dio e degno di essere solennemente ricordato. Egli, infatti, divenne in seguito famosissimo per le sue sublimi virtù, come di lui aveva predetto il servitore del Signore, e, quantunque illetterato e semplice, si elevò ai più eccelsi vertici della contemplazione.
Egidio per lunghi periodi di tempo si dedicava incessantemente alle ascensioni mistiche e veniva rapito in Dio con estasi così frequenti, che, pur essendo in mezzo agli uomini, sembrava conducesse ormai una vita più angelica che umana. L'ho potuto costatare anch'io con i miei occhi e perciò ne faccio fede.
1056 5. Sempre in quel periodo, un sacerdote della città di Assisi, chiamato Silvestro, uomo di onorata condotta, ebbe dal Signore una visione, che non va taciuta.
Silvestro, giudicando secondo il criterio degli uomini, aveva in orrore il modo di vivere seguito da Francesco e dai suoi frati. Ma la grazia celeste rivolse a lui il suo sguardo e lo visitò, perché non venisse a trovarsi in pericolo a causa di quel suo giudizio privo di fondamento. Vide, dunque, in sogno, tutta la città di Assisi circondata da un grande dragone, che con la sua sterminata grandezza sembrava minacciare lo sterminio a tutta la regione. Dopo di ciò, vedeva uscire dalla bocca di Francesco una croce tutta d'oro, che con la punta toccava il cielo e con le braccia, protese per il largo, sembrava estendersi fino alle estremità del mondo. Questa apparizione fulgentissima metteva definitivamente in fuga il dragone fetido e orrendo.
Questo spettacolo gli fu mostrato per tre volte. Egli comprese, allora, che si trattava di un messaggio divino e riferì tutto ordinatamente all'uomo di Dio e ai suoi frati, e dopo non molto tempo lasciò il mondo e seguì la via di Cristo con grande perseveranza, rendendo autentica, mediante la condotta da lui tenuta nell'Ordine, la visione che aveva avuto nel secolo.
6. All'udire quella visione, I'uomo di Dio non si lasciò trascinare dalla vana gloria degli uomini, ma, riconoscendo la bontà di Dio nei suoi benefici, si sentì più fortemente animato a combattere la malizia dell'antico nemico e a predicare la gloria della croce di Cristo.
1057 Un giorno, mentre, ritirato in luogo solitario, piangeva ripensando con amarezza al suo passato, si sentì pervaso dalla gioia dello Spirito Santo, da cui ebbe l'assicurazione che gli erano stati pienamente rimessi tutti i peccati.
Rapito fuori di sé e sommerso totalmente in una luce meravigliosa che dilatava gli orizzonti del suo spirito, vide con perfetta lucidità l'avvenire suo e dei suoi figli.
Dopo l'estasi, ritornò dai frati e disse loro: ~ Siate forti, carissimi, e rallegratevi nel Signore. Non vogliate essere tristi, perché siete in pochi, e non vi faccia paura la mia o la vostra semplicità; poiché, come il Signore mi ha mostrato con una visione veritiera, Iddio ci farà diventare una grande moltitudine e la sua grazia e la sua benedizione ci faranno crescere in molti modi ».
1058 7. Sempre nello stesso periodo, entrò nella religione un'altra persona dabbene e così i figli benedetti dell'uomo di Dio raggiunsero il numero di sette.
Allora il pio padre raccolse intorno a sé tutti i figli suoi e parlò a lungo con loro del regno di Dio, del disprezzo del mondo, della necessità di rinnegare la propria volontà e di mortificare il proprio corpo, e svelò la sua intenzione di inviarli nelle quattro parti del mondo.
Ormai il padre santo, come la donna sterile, semplice e poverella della Bibbia, aveva partorito sette volte, e desiderava partorire a Cristo tutto quanto il popolo dei fedeli, chiamandolo al pianto e alla penitenza.
1059 « Andate -- disse il dolce padre ai figli suoi -- annunciate agli uomini la pace; predicate la penitenza per la remissione dei peccati. Siate pazienti nelle tribolazioni, vigilanti nell'orazione, valenti nelle fatiche, modesti nel parlare, gravi nel comportamento e grati nei benefici. F in compenso di tutto questo è preparato per voi il regno eterno ».
Quelli, inginocchiati umilmente davanti al servo di Dio, accoglievano con intima gioia la missione della santa obbedienza
Diceva, poi, a ciascuno in particolare: Affida al Signore la tua sorte, ed Egli ti nutrirà. Erano queste le parole che egli ripeteva abitualmente, quando assegnava a qualche frate un incarico per obbedienza.
Li suddivise a due a due, in forma di croce, inviandoli per il mondo. Dopo aver assegnato le altre tre parti agli altri sei, egli stesso si diresse con un compagno verso una parte del mondo, ben sapendo che era stato scelto come esempio per gli altri e che doveva prima fare e poi insegnare.
1060 Ma, poco tempo dopo quella partenza, il padre buono sentiva gran desiderio di rivedere la sua cara prole e, siccome non poteva farla ritornare egli stesso, pregava che lo facesse colui che raduna i dispersi d'Israele.
E così avvenne che, senza bisogno di umano richiamo, insperatamente e non senza meraviglia da parte loro, si ritrovarono ugualmente insieme, secondo il suo desiderio e per opera della bontà divina.
Sempre in quei giorni, si unirono a loro quattro persone dabbene, sicché raggiunsero il numero di dodici.
1061 8. Vedendo che il numero dei frati a poco a poco cresceva, ii servitore di Cristo scrisse per sé e per i suoi frati con parole semplici, una formula di vita, nella quale, posta come fondamento imprescindibile l'osservanza del santo Vangelo, inserì poche altre cose, che sembravano necessarie per vivere in modo uniforme.
Desiderando che venisse approvato dal sommo Pontefice quanto aveva scritto, decise di recarsi, con quell'adunata di uomini semplici, alla presenza della Sede Apostolica, affidandosi unicamente alla guida di Dio.
Dio, che aveva guardato dall'alto al desiderio del suo servo, per rinvigorire il coraggio dei suoi compagni, terrorizzati dalla coscienza della propria semplicità, gli mandò questa visione: gli sembrava di camminare su una strada, a fianco della quale si ergeva un albero molto alto. Avvicinatosi all'albero, si era messo ad osservare dal di sotto la sua altezza, quando improvvisamente una forza divina lo sollevò tanto in alto che riusciva a toccare la sommità dell'albero e a piegarne con estrema facilità la cima fino a terra.
L'uomo di Dio comprese perfettamente che quella visione era un presagio e gli indicava come l'autorità apostolica nella sua accondiscendenza si sarebbe piegata fino a lui.
Con l'animo pieno di gioia, confortò i compagni e affrontò con loro il cammino.
1062 9. Presentatosi alla Curia romana, e introdotto al cospetto del sommo Pontefice, gli espose le sue intenzioni, chiedendo~li umilmente e vivamente che approvasse la Regola di vita da lui scritta.
Il Vicario di Cristo, papa Innocenzo III davvero illustre per sapienza, ammirando nell'uomo di Dio la purezza e la semplicità dell'animo, la fermezza nel proposito e l'infiammato ardore di una volontà santa, si sentì incline ad accogliere con pio assenso le sue richieste.
Tuttavia non vol!e approvare subito la norma di vita proposta dal poverello, perché ad alcuni cardinali sembrava strana e troppo ardua per le forze umane.
Ma il cardinale Giovanni di San Paolo, vescovo di Sabina, persona degna di venerazione, amante di ogni santità e sostegno dei poveri di Cristo, infiammato dallo Spirito di Dio, disse al sommo Pontefice e ai suoi fratelli cardinali: << Questo povero, in realtà, ci chiede soltanto che gli venga approvata una forma di vita evangelica. Se, dunque, respingiamo la sua richiesta, come troppo difficile e strana, stiamo attenti che non ci capiti di fare ingiuria al Vangelo. Se, infatti, uno dicesse che nell'osservanza della perfezione evangelica e nel voto di praticarla vi è qualcosa di strano o di irrazionale, oppure di impossibile, diventa reo di bestemmia contro Cristo, autore del Vangelo>>.
Messo di fronte a queste ragioni, il successore di Pietro si rivolse al povero di Cristo e gli disse: <<Prega Cristo, o figlio, affinché per mezzo tuo ci mostri la sua volontà. Quando l'avremo conosciuta con maggiore certezza, potremo accondiscendere con maggior sicurezza ai tuoi pii desideri>>.
AGGIUNTA POSTERIORE
1063 9a Quando giunse presso la curia romana, venne condotto alla presenza del sommo Pontefice. Il Vicario di Cristo, che si trovava nel palazzo lateranense e stava camminando nel luogo chiamato Speculum, immerso in profondi pensieri, cacciò via con sdegno, come un importuno, il servitore di Cristo.
Questi umilmente se ne uscì. Ma la notte successiva il Pontefice ebbe da Dio una rivelazione. Vedeva ai suoi piedi una palma, che cresceva a poco a poco fino a diventare un albero bellissimo. Mentre il Vicario di Cristo si chiedeva, meravigliato, che cosa volesse indicare tale visione, la luce divina gli impresse nella mente l'idea che la palma rappresentava quel povero, che egli il giorno prima aveva scacciato.
Il mattino dopo il Papa fece ricercare dai suoi servi quel povero per la città. Lo trovarono nell'ospedale di Sant'Antonio, presso il Laterano, e per comodo del Papa lo portarono in fretta al suo cospetto.
1064 10. Il servo di Dio onnipotente, affidandosi totalmente alla preghiera, con le sue devote orazioni ottenne che Dio rivelasse a lui le parole con cui doveva esprimersi e al Papa le decisioni da prendere.
Egli, infatti raccontò al Pontefice, come Dio gliel'aveva suggerita, la parabola di un ricco re che con gran gioia aveva sposato una donna bella e povera e ne aveva avuto dei figli che avevano la stessa fisionomia del re, loro padre e che, perciò, vennero allevati alla mensa stessa del re.
Diede, poi, l'interpretazione della parabola, giungendo a questa conclusione: << Non c'è da temere che muoiano di fame i figli ed eredi dell'eterno Re; perché essi, a somiglianza di Cristo, sono nati da una madre povera, per virtù dello Spirito Santo e sono stati generati per virtù dello spirito di povertà, in una religione poverella. Se, infatti, il Re del cielo promette ai suoi imitatori il Regno eterno, quanto più provvederà per loro quelle cose che elargisce senza distinzione ai buoni e ai cattivi >>.
Il Vicario di Cristo ascoltò attentamente questa parabola e la sua interpretazione e, pieno di meraviglia, riconobbe senza ombra di dubbio che, in quell'uomo, aveva parlato Cristo. Ma si sentì rassicurato anche da una visione, da lui avuta in quella circostanza, nella quale lo Spirito di Dio gli aveva mostrato la missione a cui Francesco era destinato. Infatti, come egli raccontò, in sogno vedeva che la Basilica del Laterano ormai stava per rovinare e che, un uomo poverello, piccolo e di aspetto spregevole, la sosteneva, mettendoci sotto le spalle, perché non cadesse.
<< Veramente -- concluse il Pontefice -- questi è colui che con la sua opera e la sua dottrina sosterrà la Chiesa di Cristo >>.
Da allora, sentendo per il servo di Cristo una straordinaria devozione, ci mostrò incline ad accogliere in tutto e per tutto le sue richieste e lo amò poi sempre con affetto speciale.
Concedette, dunque, le cose richieste e promise che ne avrebbe concesse ancora di più.
Approvò la Regola: conferì il mandato di predicare la penitenza e a tutti i frati laici, che erano venuti con il servo di Dio, fece fare delle piccole chieriche, perché potessero predicare liberamente la Parola di Dio.
CAPITOLO IV
SVILUPPI DELL' ORDINE SOTTO LA SUA GUIDA
E CONFERMA DELLA REGOLA PRECEDENTEMENTE APPROVATA
1065 l. Contando sulla grazia divina e sull'autorità papale, Francesco, pieno di fiducia. si diresse verso la valle Spoletana, pronto a praticare e ad insegnare il Vangelo.
Durante il cammino discuteva con i compagni sul modo in cui osservare con sincerità la Regola, che avevano abbracciato; sul modo in cui progredire in ogni santità e giustizia davanti a Dio, sul modo in cui santificare se stessi ed essere di esempio per gli altri.
Il colloquio si protrasse assai a lungo, e il giorno passò. Stanchi, ormai, per la lunga fatica e affamati, si fermarono in un luogo solitario. Non era possibile provvedere un po' di cibo da nessuna parte. Ma la Provvidenza di Dio intervenne senza indugio: comparve improvvisamente un uomo con in mano un pane; lo diede ai poverelli di Cristo, e subito disparve. Non si seppe né da dove era venuto né dove andasse.
I frati poverelli riconobbero, allora, da questo prodigio che la compagnia dell'uomo di Dio era per loro una garanzia dell'aiuto del cielo e si sentirono saziati più per il dono della generosità divina che per il nutrimento materiale ricevuto.
Inoltre, colmi di divina consolazione, stabilirono fermamente e irrevocabilmente ribadirono l'impegno di non abbandonare mai, né per fame né per tribolazione, la santa povertà professata.
1066 2. Mentre, saldi nel santo proposito, affrontavano la valle Spoletana, si misero a discutere se dovevano passare la vita in mezzo alla gente oppure dimorare in luoghi solitari.
Ma Francesco, il servo di Cristo, non confidando nella esperienza propria o in quella dei suoi, si affidò alla preghiera, per ricercare con insistenza quale fosse su questo punto la disposizione della volontà divina.
Venne così illuminato con una risposta dal cielo e comprese che egli era stato mandato dal Signore a questo scopo: guadagnare a Cristo le anime, che il diavolo tentava di rapire .
E perciò scelse di vivere per tutti, anziché per sé solo, stimolato dall'esempio di Colui che si degnò di morire. Lui solo, per tutti gli uomini.
1067 3. L'uomo di Dio, insieme con gli altri compagni, andò ad abitare in un tugurio abbandonato, vicino ad Assisi: là essi vivevano di molto lavoro e fra gli stenti, secondo la forma della santa povertà, preoccupati di rifocillarsi più con il pane delle lacrime che con il pane dell'abbondanza.
Là erano continuamente intenti a pregare Iddio applicandosi all'esercizio dell'orazione e della devozione più con la mente che con la voce, per la ragione che non avevano ancora i libri liturgici, sui quali recitare le ore canoniche.
Ma, al posto di quei libri, leggevano ininterrottamente, sfogliandolo e risfogliandolo, il libro della croce di Cristo, giorno e notte, istruiti dall'esempio e dalla parola del Padre, che continuamente faceva loro il discorso della croce di Cristo.
1068 Quando. poi i frati gli chiesero che insegnasse loro a pregare, disse: Quando pregate, dite: -- Padre nostro, e: « Ti adoriamo, o Cristo, in tutte le tue chiese che sono in tutto il mondo, e ti benediciamo, perché, per mezzo della tua santa croce, hai redento il mondo».
1069 Inoltre insegnò loro a lodare Dio in tutte le creature e prendendo lo spunto da tutte le creature; ad onorare con particolare venerazione i sacerdoti, come pure a credere fermamente e a confessare schiettamente la verità della fede, così come la tiene e la insegna la santa Chiesa romana. Essi osservavano in tutto e per tutto gli insegnamenti del padre santo e, appena scorgevano qualche chiesa da lontano, o qualche croce, si volgevano verso di essa, prostrandosi umilmente a terra e pregando secondo la forma loro indicata.
1070 4. Nel periodo in cui i frati dimoravano in questo luogo, una volta il Santo si recò nella città di Assisi, perché era sabato e il mattino della domenica doveva predicare nella chiesa cattedrale, come faceva di solito.
L'uomo a Dio devoto, secondo la sua abitudine, passò la notte a pregare Dio, in un tugurio situato nell'orto dei canonici, lontano, con il corpo, dai suoi figli.
Ma ecco: verso la mezzanotte -- mentre alcuni frati riposavano ed altri vegliavano in preghiera--un carro di fuoco di meraviglioso splendore entrò dalla porta della casa e per tre volte fece il giro dell'abitazione: sopra il carro si trovava un globo luminoso, in forma di sole, che dissipò il buio della notte
Furono stupefatti quelli che vegliavano; svegliati e, insieme, atterriti quelli che dormivano--e fu più grande la chiarezza provata nel cuore che quella vista con gli occhi, perché, per la potenza della luce miracolosa, fu nuda la coscienza di ciascuno davanti alla coscienza di tutti.
Tutti reciprocamente videro nel cuore di ciascuno e tutti compresero, con un solo pensiero, che il Signore mostrava loro il padre santo, assente col corpo ma presente in spirito, trasfigurato soprannaturalmente dalla luce dei celesti splendori e dalla fiamma dei celesti ardori, sopra quel carro di luce e di fuoco, per indicare che essi dovevano camminare, come veri Israeliti, sotto la sua guida. Egli, infatti, era stato eletto da Dio, come un nuovo Elia, ad essere cocchio ed auriga degli uomini spirituali.
C'è davvero da crederlo: Colui che, alle preghiere di Francesco, aprì il cuore di quei frati così semplici, perché vedessero le meraviglie di Dio, fu quello stesso che un tempo aveva aperto gli occhi al servo perché vedesse il monte pieno di cavalli e di carri di fuoco intorno ad Eliseo.
1071 Quando il Santo ritornò dai frati, incominciò a scrutare e a svelare i segreti delle loro coscienze, a rassicurarli sul significato di quella visione mirabile, e fece molte predizioni sul futuro sviluppo dell'Ordine. E siccome faceva moltissime rivelazioni, che trascendevano le capacità dell'intelletto umano, i frati dovettero riconoscere che lo Spirito del Signore si era posato in tutta la sua pienezza sopra il suo servo Francesco: perciò la cosa più sicura per loro era seguire la sua dottrina e la sua vita.
1072 5. Dopo questi avvenimenti, Francesco, pastore del piccolo gregge, ispirato dalla grazia divina, condusse i suoi dodici frati a Santa Maria della Porziuncola, perché voleva che l'Ordine dei minori crescesse e si sviluppasse, sotto la protezione della Madre di Dio, là dove, per i meriti di lei, aveva avuto inizio.
Là, inoltre, divenne araldo del Vangelo. Incominciò, infatti, a percorrere città e villaggi e ad annunziarvi il regno di Dio, non basandosi sui discorsi persuasivi della sapienza umana, ma sulla dimostrazione di spirito e di potenza.
A chi lo vedeva, sembrava un uomo dell'altro mondo: uno che, la mente e il volto sempre rivolti al cielo, si sforzava di attirare tutti verso l'alto.
Da allora la vigna di Cristo incominciò a produrre germogli profumati del buon odore del Signore, e frutti abbondanti con fiori soavi di grazia e di santità.
1073 6. Moltissimi, infiammati dalla sua predicazione, si vincolavano alle nuove leggi della penitenza, secondo la forma indicata dall'uomo di Dio.
Il servo di Cristo stabilì che la loro forma di vita si denominasse Ordine dei Fratelli della Penitenza.
Questo nuovo Ordine ammetteva tutti chierici e laici vergini e coniugi dell'uno e dell'altro sessò, perché la via della penitenza è comune per tutti quelli che vogliono tendere al cielo. E i miracoli compiuti da alcuni dei suoi seguaci sono lì a mostrarci quanto Dio lo consideri degno di merito .
1074 C'erano anche delle Vergini, che si consacravano a perpetua castità: tra esse, Chiara, vergine carissima a Dio, che fu la prima pianticella ed esalò il suo profumo come candido fiore di primavera e risplendette come stella fulgentissima .
Ella ora gloriosa nei cieli, viene giustamente venerata sulla terra dalla Chiesa: ella che fu, in Cristo, la figlia del padre san Francesco, poverello, e la madre delle Povere Dame.
1075 7. Molti, inoltre, non solo spinti da devozione ma infiammati dal desiderio della perfezione di Cristo, abbandonavano ogni vanità mondana e si mettevano alla sequela di Francesco. Essi, crescendo e moltiplicandosi di giorno in giorno, si diffusero in breve tempo fino alle estremità della terra.
Infatti la santa povertà, che portavano con sé come sola provvista, li rendeva pronti ad ogni obbedienza, robusti alle fatiche e disponibili a partire.
E siccome non avevano niente di terreno, a niente attaccavano il cuore e niente temevano di perdere. Si sentivano sicuri dappertutto, non turbati da nessuna preoccupazione o ansietà: gente che, senza affanni, aspettava il domani e un rifugio per la sera.
In diverse parti del mondo capitava loro di essere ricoperti di ingiurie, come persone spregevoli e sconosciute; ma l'amor del Vangelo li aveva resi così pazienti, che essi stessi andavano a cercare i luoghi in cui sapevano che sarebbero stati perseguitati ed evitavano quelli dove la loro santità era conosciuta e avrebbero trovato, perciò, onori e simpatia .
La penuria stessa era per loro dovizia e sovrabbondanza, mentre, secondo il consiglio del Saggio, provavano piacere non nella grandezza, ma nelle cose più piccole.
1076 Una volta alcuni frati si recarono nei paesi degli infedeli e incontrarono un saraceno che, mosso da pietà, offrì loro il denaro necessario per il vitto. Essi lo rifiutarono e quell'uomo ne rimase meravigliato, perché li vedeva sprovvisti di tutto. Ma quando, finalmente, comprese che non volevano denaro, perché si erano fatti poveri per amor di Dio, si legò ad essi con tanto affetto che promise di fornire loro tutto il necessario finché ne avesse avuto la possibilità .
O povertà inestimabilmente preziosa, o virtù mirabile che hai saputo convertire a così grande tenerezza e compassione un cuore barbaro e feroce!
E', dunque, un delitto orribile e nefando, per un cristiano, calpestare questa perla preziosa, che un saraceno ha onorato con tanta venerazione.
1077 8. In quel tempo, un religioso dell'Ordine dei Crociferi, di nome Morico, si trovava in un ospedale vicino ad Assisi, tormentato da una lunga e gravissima infermità. I medici lo davano ormai per spacciato. Ma egli, divenuto un supplicante dell'uomo di Dio per interposta persona, lo pregava Insistentemente che si degnasse di intercedere il Signore per lui.
Il padre buono esaudì le sue richieste. Dopo aver pregato, prese delle briciole di pane e, mescolandole con un po' d'olio della lampada che ardeva davanti all'altare della Vergine, mandò alcuni frati a portargli questo singolare elettuario, dicendo: « Portate questa medicina al nostro fratello Morico. Per mezzo di essa, la potenza di (',risto non solo gli ridonerà piena salute, ma lo farà anche diventare un robusto lottatore, assegnandolo per sempre alle nostre file »
Appena ebbe assaggiato quell'antidoto preparato per invenzione dello Spirito Santo, il malato guarì immediatamente e ottenne da Dio tal vigoria di anima e di corpo che poco dopo, entrato nella Religione di Francesco, si copriva con una sola tonachetta, sotto la quale per lungo tempo portò una lorica a contatto con la carne, e si nutriva esclusivamente di cibi crudi. Per molti lustri visse senza assaggiare né pane né vino, eppure godette sempre di grande robustezza e perfetta salute.
1078 9. Intanto crescevano, nei piccolini di Cristo, le virtù e i meriti, diffondendo tutt'intorno il profumo della loro buona fama. Perciò molti accorrevano dalle varie parti del mondo, nel desiderio di vedere di persona il padre santo .
Fra gli altri, un estroso compositore di canzoni secolaresche, che era stato incoronato poeta dall'imperatore e da allora veniva chiamato re dei versi si propose di recarsi dall'uomo di Dio, così noto per il suo disprezzo degli onori mondani.
Lo trovò nel castello di San Severino, mentre predicava in un monastero; e allora la mano di Dio venne su di Iui mostrandogli in visione quel medesimo Francesco, che stava predicando sulla croce di Cristo, segnato da due spade splendentissime, disposte in forma di croce: una delle spade si estendeva dalla testa ai piedi e una da una mano alI'altra, attraverso il petto.
Egli non conosceva di faccia il servo di Cristo, ma lo riconobbe immediatamente, quando gli fu indicato da un così grande prodigio.
Stupefatto per quella visione, si propose subito di intraprendere una vita migliore e, infine, convertito dalla forza delle sue parole e come trafitto dalla spada dello spirito che usciva dalla sua bocca, si unì al beato padre mediante la professione, rinunciando totalmente agli onori vani del mondo.
Il Santo, vedendo che si era perfettamente convertito dall'inquietudine del mondo alla pace di Cristo, lo chiamò frate Pacifico.
1079 Frate Pacifico successivamente si perfezionò in ogni forma di santità e, prima di diventare ministro in Francia -- difatti egli fu il primo ad avere l'ufficio di ministro dei frati in quel paese -- meritò di vedere una seconda volta sulla fronte di Francesco un grande Tau, che illuminava e abbelliva meravigliosamente la sua faccia con singolare varietà di colori.
E in realtà il Santo nutriva grande venerazione ed affetto per il segno del Tau; lo raccomandava spesso nel parlare e lo scriveva di propria mano sotto le lettere che inviava, come se la sua missione consistesse, secondo il detto del profeta, nel segnare il Tau sulla fronte degli uomini che gemono e piangono, convertendosi sinceramente a Cristo.
1080 10. Quando, con l'andar del tempo, i frati erano ormai diventati molto numerosi, il premuroso pastore incominciò a radunarli nel luogo di Santa Maria della Porziuncola per il Capitolo generale, in cui poteva assegnare a ciascuno di loro una porzione di obbedienza nel regno dei poveri, secondo la misura voluta da Dio.
Alla Porziuncola vi era penuria d'ogni cosa; ma, benché qualche volta vi convenisse una moltitudine di oltre cinquemila frati, non mancò mai l'aiuto della Bontà divina, che procurava il sufficiente per tutti e a tutti concedeva la salute del corpo e sovrabbondante gioia di spirito.
1081 Ai capitoli provinciali, invece, egli non poteva essere 1081 presente di persona; ma si preoccupava di rendersi presente con sollecite direttive, con la preghiera insistente e con la sua efficace benedizione.
Qualche volta, però, in forza di quella virtù divina che opera meraviglie, vi compariva anche in forma visibile. Durante il Capitolo di Arles, Antonio, allora insigne predicatore ed ora glorioso confessore di Cristo, stava predicando ai frati, servendosi come tema dell'iscrizione posta sulla croce: « Gesù Nazareno, re dei Giudei ». Ebbene un frate di virtù sperimentata, di nome Monaldo, si mise, per ispirazione divina, a guardare verso la porta della sala capitolare e vide con i suoi propri occhi il beato Francesco che, stando librato nell'aria con le mani stese in forma di croce, benediceva i frati. Tutti i frati, a loro volta, si sentirono ripieni di una consolazione spirituale così grande e così insolita che la ritennero una testimonianza con la quale lo Spirito li assicurava che il padre santo era veramente in mezzo a loro.
Il fatto, però, in seguito venne comprovato non solo da attestazioni sicure, ma anche dalla testimonianza dell stesso san Francesco.
Evidentemente quella forza onnipotente di Dio che concesse al santo vescovo Ambrogio di essere presente alla tumulazione del glorioso vescovo Martino, perché con pio ossequio potesse venerare il pio pontefice, rese presente anche il suo servo Francesco alla predica del suo verace araldo Antonio, perché potesse confermare la verità delle sue parole e in particolare di quelle che riguardavano la croce di Cristo, di cui egli era alfiere e ministro.
1082 11. Ormai l'Ordine si era molto esteso e perciò Francesco si proponeva di far confermare in perpetuo da papa Onorio la forma di vita già approvata dal suo predecessore, papa Innocenzo. Dio lo incoraggiò in questo proposito mediante una rivelazione.
In questo modo: gli sembrava di aver raccolto da terra delle minutissime briciole di pane, per distribuirle a molti frati affamati, che gli stavano intorno. Aveva timore che, nel distribuirle, quelle briciole così piccole non gli cadessero magari di mano. Ma una voce dall'alto gli disse: « Francesco, con tutte queste briciole, fa un'ostia sola e porgi a chi vorrà mangiare ».
Mentre egli così faceva, tutti quelli che non ricevevano il dono con devozione, oppure, dopo averlo ricevuto, Io disprezzavano, subito si distinguevano dagli altri, perché diventavano lebbrosi.
Al mattino, il Santo raccontò la visione ai compagni, rammaricandosi di non afferrarne il significato.
Ma il giorno seguente, mentre pregava con grande perseveranza, sentì venire dal cielo questa voce: « Francesco, le briciole che hai visto la notte scorsa sono le parole del Vangelo; I'ostia è la Regola; la lebbra è l'iniquità ».
1083 Seguendo le indicazioni avute in visione, volle, prima di farla approvare, ridurre a forma più compendiosa la Regola, che aveva steso con lunghe e abbondanti citazioni del Vangelo.
1084 Perciò, guidato dallo Spirito Santo, salì su un monte con due compagni e là, digiunando a pane ed acqua, dettò la Regola, secondo quanto gli suggeriva lo Spirito divino durante la preghiera.
Disceso dal monte, la affidò da custodire al suo vicario. Ma siccome questi, pochi giorni dopo, gli disse che l'aveva perduta per trascuratezza, il Santo tornò di nuovo nella solitudine e subito la rifece in tutto uguale alla precedente, come se ricevesse le parole dalla bocca di Dio. Ottenne, poi, che venisse confermata, come aveva desiderato, dal sopraddetto papa Onorio, nell'ottavo anno del suo pontificato .
Per stimolare i frati ad osservarla con fervore, diceva che lui non ci aveva messo niente di proprio, ma tutto aveva fatto scrivere così come gli era stato rivelato da Dio.
1085 E perché questo risultasse con maggior certezza attraverso la testimonianza di Dio stesso, passati soltanto alcuni giorni, gli furono impresse le stimmate del Signore Gesù dal dito del Dio vivente. Le stimmate in un certo senso, erano la bolla del sommo pontefice Cristo, che confermava in tutto e per tutto la Regola e in tutto faceva l'elogio del suo autore.
Ma di questo parleremo più innanzi, dopo aver trattato delle virtù del nostro Santo.
CAPITOLO V
VITA AUSTERA.
IN CHE MODO LE CREATURE LO CONFORTAVANO
1086 1. Francesco, I'uomo di Dio, vedeva che per il suo esempio moltissimi si sentivano spinti a portare la croce di Cristo con grande fervore e, perciò, si sentiva animato lui stesso, da buon condottiero dell'esercito di Cristo, a conquistare vittoriosamente la cima della virtù. Per realizzare quelle parole dell'Apostolo: « Coloro che sono di Cristo hanno crocifisso la loro carne con i vizi e le concupiscenze », e portare nel proprio corpo l'armatura della croce, respingeva gli stimoli dei sensi con una disciplina così rigorosa, che a stento si concedeva il necessario per il sostentamento.
Diceva che è difficile soddisfare alle esigenze del corpo senza acconsentire alle basse tendenze dei sensi.
Per questa ragione, a malincuore e raramente, quando era sano, si cibava di vivande cotte e, quando se le permetteva, o le manipolava con la cenere o ne rendeva scipito il sapore e il condimento, mescolandovi, per lo più, dell'acqua.
E come parlare di vino, se a malapena, quando si sentiva bruciare dalla sete, osava dissetarsi con l'acqua?
Scopriva le tecniche di un'astinenza sempre più rigida e le accresceva di giorno in giorno con l'esercizio. Quasi fosse sempre un principiante nella via della perfezione, benché ormai ne toccasse la vetta, trovava sempre nuovi mezzi per castigare la concupiscenza.
1087 Quando, però, usciva nel mondo a predicare la parola del Vangelo, mangiava gli stessi cibi di coloro che gli davano ospitalità; ma, tornando in casa, praticava inflessibilmente una rigorosa parchezza ed astinenza.
Così, austero verso se stesso, umano verso il prossimo, soggetto in ogni cosa al Vangelo, era di esempio e di edificazione, non solo con l'astinenza ma anche nel mangiare.
Letto per il suo corpicciolo affaticato era, per lo più, la nuda terra; molto spesso dormiva seduto, con un legno o un sasso sotto il capo. Vestito di una sola tonachetta poverella, serviva al signore in freddo e nudità.
1088 2. Gli chiesero, una volta, come potesse, con un vestito così leggero, difendersi dai rigori dell'inverno.
Pieno di fervore spirituale, rispose: « Se il nostro cuore bruciasse per il desiderio della patria celeste, facilmente sopporteremmo questo freddo esteriore ».
Aveva in orrore i vestiti morbidi,. prediligeva quelli ruvidi e affermava che, proprio per i suoi vestiti ruvidi, Giovanni Battista era stato lodato dalla bocca stessa di Dio.
Se per caso gli davano una tonaca, che a lui pareva soffice, la intesseva all'interno con delle funicelle, dicendo: le vesti morbide, secondo la parola della Verità, si devono cercare non nelle capanne dei poveri, ma nei palazzi dei principi.
Aveva imparato, per sicura esperienza, che i demoni vengono intimoriti dalle asprezze, mentre dalle mollezze e dalle delicatezze prendono animo per tentare più baldanzosamente .
1089 Una notte, contrariamente al solito, si era coricato con un cuscino di piume sotto la testa, a causa della sua malattia al capo e agli occhi. Ma il demonio, entrato nel cuscino, tormentò il Santo in molte maniere, stornandolo dalla santa orazione, per tutta la notte, finché al mattino egli poté chiamare il compagno e ordinargli di portare il guanciale fuori dalla cella e di gettarlo ben lontano, insieme col demonio .
Quanto al frate, come fu uscito dalla cella con il cuscino, perse le forze e rimase totalmente paralizzato. E solo quando si sentì chiamare indietro dalla voce del padre santo, che aveva visto tutto in ispirito, ricuperò completamente le forze fisiche e la sensibilità.
1090 3. Come una sentinella sulla torre di guardia, vigilava con rigorosa disciplina e somma cura per custodire la purezza del corpo e dello spirito.
A questo scopo, nei primi tempi della sua conversione, durante l'inverno si immergeva, per lo più, in una fossa piena di ghiaccio, sia per assoggettare perfettamente il nemico di casa sia per preservare la candida veste della pudicizia dal fuoco della passione.
Affermava che un uomo spirituale trova incomparabilmente più sopportabile il freddo del corpo, anche il più rigido, che non il fuoco della concupiscenza, per piccolo che sia.
1091 4. Una notte, mentre stava pregando in una celluzza dell'eremo di Sarteano, I'antico nemico lo chiamò per tre volte: « Francesco, Francesco, Francesco! ». Gli rispose chiedendo che cosa volesse; e quello, ipocritamente: « Non c'è nessun peccatore al mondo, al quale Dio non usi misericordia, se si converte. Ma chiunque si uccide da se stesso con le sue dure penitenze, non troverà misericordi a in eterno ».
L'uomo di Dio, intuì immediatamente, per rivelazione, I'inganno del nemico, che tentava di richiamarlo alla tiepidezza e ne ebbe la conferma da quello che avvenne subito dopo.
Infatti sentì divampare dentro di sé una grave tentazione sensuale, alimentata dal soffio di quel tale che ha un fiato ardente come brace. Non appena ne avvertì le avvisaglie, l'amante della castità si tolse l'abito e incominciò a flagellarsi molto forte con una corda.
« Ehilà, diceva, frate asino, così ti conviene restare, così prenderti le battiture. Perché la tonaca serve alla religione e porta in sé il sigillo della santità: non è lecito, a un libidinoso rubarla. Se vuoi andare in qualche posto, va pure cammina! ".
Poi, animato da meraviglioso fervore di spirito, spalancò la cella, uscì fuori nell'orto e, immergendo nella neve alta il corpicciolo già denudato e prendendo neve a piene mani, incominciò a fabbricare sette blocchi. E mettendoseli davanti, così parlava al suo uomo esteriore: « Ecco, questo blocco più grande è tua moglie, questi quattro sono due figli e due figlie; gli altri due sono un servo e una serva, che bisogna tenere per le necessità di casa. Adesso, spicciati a vestirli tutti, perché muoiono di freddo. Se, invece, le molte preoccupazioni che loro ti danno, ti infastidiscono, datti da fare per servire soltanto al Signore! ».
Subito il tentatore se ne andò via sconfitto, e il Santo ritornò nella cella con la vittoria in mano. Si era raggelato ben bene al di fuori, ma nel suo interno aveva estinto il fuoco della passione così efficacemente che d'allora in poi non provò mai più niente di simile.
Un frate, che quella stessa notte vegliava in preghiera, siccome la luna camminava assai chiara nel cielo, poté osservare tutta quanta la scena. Quando il Santo lo venne a sapere, svelò al frate come la tentazione si era svolta e gli comandò di non far saper niente a nessuno di quanto aveva visto, finché egli era vivo.
1092 5. Insegnava che bisogna non solo mortificare le passioni della carne e frenarne gli stimoli, ma anche custodire con somma vigilanza gli altri sensi, attraverso i quali la morte entra nell'anima.
Comandava di evitare molto accuratamente la familiarità, i colloqui e la vista delle donne, perché per molti son occasione di rovina. « Son queste le cose--asseriva--che molte volte spezzano gli spiriti deboli e indeboliscono i forti. Riuscire ad evitare il contagio delle donne, per uno che si intrattiene con loro, è tanto difficile, quanto camminare nel fuoco e non bruciarsi i piedi, come dice la Scrittura. A meno che si tratti di un individuo esperimentatissimo ».
Quanto a lui, aveva distolto gli occhi per non vedere simili vanità, con tanto impegno che, come disse una volta al suo compagno, non conosceva di faccia quasi nessuna donna.
Riteneva rischioso lasciare che la fantasia assorba la loro immagine e la loro fisionomia, perché questo può ridestare il focherello della carne, anche se ormai domata, o macchiare il nitore della pudicizia interiore.
Asseriva pure che la conversazione con le donne è frivolezza, salvo unicamente che si tratti di confessione o di consigli circa la salvezza dell'anima, dati in forma molto breve e secondo le norme del decoro.
« Quali affari--diceva--dovrebbe trattare un religioso con una donna, se si eccettua il caso in cui essa gli domandi devotamente la penitenza o suggerimenti per una vita migliore? Se ci si sente troppo sicuri, si sta meno in guardia dal nemico, e il diavolo, quando può afferrare un uomo per un capello, presto lo ingrossa e lo fa diventare una trave ».
1093 6. L'ozio, poi, sentina di tutti i pensieri malvagi, insegnava che lo si deve fuggire con somma cura e, mediante il suo esempio, mostrava che la carne ribelle e pigra si doma con discipline continue e fruttuose fatiche.
In questo senso chiamava il suo corpo « frate asino », indicando che va sottoposto a compiti faticosi, va percosso con frequenti battiture e sostentato con foraggio di poco prezzo.
Se, poi, notava qualcuno ozioso e bighellone, che voleva mangiare sulle fatiche degli altri, lo faceva denominare « frate mosca », perché costui, non facendo niente di buono e sporcando le buone azioni degli altri, si rende vile e abominevole a tutti.
Perciò una volta disse: « Voglio che i miei frati lavorino e si tengano esercitati. Così non andranno in giro, oziando con il cuore e con la lingua, a pascersi di cose illecite».
1094 Voleva che i frati osservassero il silenzio indicato dal Vangelo, cioè che in ogni circostanza evitassero accuratamente ogni parola oziosa, di cui nel giorno del giudizio dovranno rendere ragione.
Se trovava qualche frate incline ai discorsi inutili, lo redarguiva con asprezza, affermando che il modesto tacere custodisce la purezza del cuore e non è virtù da poco, se è vero, come dice la Scrittura, che morte e vita si trovano in potere della lingua, intesa come organo non del gusto, ma della parola.
1095 7. Benché, poi, con tutte le sue forze stimolasse i frati ad una vita austera, pure non amava 4uel1a severità intransigente che non riveste viscere di pietà e non è condita con il sale della discrezione.
Un frate, a causa dei digiuni eccessivi, una notte non riusciva assolutamente a dormire, tormentato com'era dalla fame. Comprendendo il pietoso pastore che la sua pecorella si trovava in pericolo, chiamò il frate, gli mise davanti un po' di pane e, per evitargli il rossore, incominciò a mangiare lui per primo, mentre con dolcezza invitava l'altro a mangiare.
Il frate scacciò la vergogna e prese il cibo con grandissima gioia, giacché, con la sua vigilanza e la sua accondiscendenza, il Padre gli aveva evitato il danno del corpo e gli aveva offerto motivo di grande edificazione.
Al mattino, I'uomo di Dio radunò i frati e, riferendosi a quanto era successo quella notte, aggiunse questo provvido ammonimento: « A voi, fratelli, sia di esempio non il cibo, ma la carità >.
Li ammaestrò, poi, a seguire sempre nella corsa alla virtù, la discrezione che ne è l'auriga; non la discrezione consigliata dalla prudenza umana, ma quella insegnata da Cristo con la sua vita santissima, che certamente è il modello dichiarato della perfezione.
1096 8. L'uomo, rivestito dell'infermità della carne, non 1096 può -- egli diceva -- seguire l'Agnello immacolato con una purezza così perfetta che lo preservi da qualsiasi sozzura. Perciò quanti attendono alla perfezione devono purificarsi ogni giorno col lavacro delle lacrime. E ne dava lui stesso la dimostrazione.
Benché avesse già raggiunto una meravigliosa purezza di cuore e di corpo, non cessava di purificare gli occhi del suo spirito con un profluvio di lacrime, senza badare al danno che ne subivano gli occhi del corpo. Infatti, in conseguenza del continuo piangere, aveva contratto una gravissima malattia agli occhi. Perciò ii medico cercava di persuaderlo a desistere dal piangere, se voleva sfuggire alla cecità .
Ma il Santo replicava: « O fratello medico, non si deve, per amore della vista che abbiamo in comune con le mosche, allontanare da noi, neppure in piccola misura, la luce eterna, che viene a visitarci. Il dono della vista non l'ha ricevuto lo spirito per il bene del corpo, ma l'ha ricevuto il corpo per il bene dello spirito >.
Preferiva, evidentemente, perdere la luce degli occhi, piuttosto che soffocare la devozione dello spirito, frenando le lacrime, che mondano l'occhio interiore e lo rendono capace di vedere Dio.
1097 9. Una volta i medici lo consigliarono, e i frati lo esortarono insistentemente, ad accettare di farsi curare gli occhi mediante la cauterizzazione. L'uomo di Dio accondiscese umilmente, ritenendo che l'operazione era salutare e dolorosa nello stesso tempo. Chiamarono, dunque, il chirurgo. Venne e immerse nel fuoco lo strumento di ferro per la cauterizzazione.
Ma il servo di Cristo, confortando il corpo già scosso e inorridito, si mise a parlare col fuoco, come con un amico, e gli disse: « O mio fratello fuoco, I'Altissimo ti ha creato splendido e invidiabile per tutte le altre creature, forte, bello ed utile. In questo momento sii buono con me, sii gentile. Io prego il grande Signore che ti ha creato, perché moderi per me il tuo calore. Così tu brucerai dolcemente ed io riuscirò a sopportarti ». Finita la preghiera, tracciò il segno della croce sopra il ferro ormai incandescente--e se ne stava intrepido in attesa.
Il ferro sprofondò crepitando nel~a tenera carne, mentre la cauterizzazione veniva estesa dall'orecchio fino al sopracciglio. Quanto sia stato intenso il dolore che il fuoco gli inflisse, lo dichiarò il Santo stesso, dicendo ai frati: « Lodate l'Altissimo, perché, dico la verità, non ho sentito né il calore del fuoco né alcun dolore nella carne ». E volgendosi al medico: « Se la carne non è ancora cotta bene, scava pure un'altra volta ».
Quel medico sperimentato, ammirando come un miracolo divino quella forza di spirito così sublime, in quella 6 carne così debole, esclamò: « O frati, vi dico che oggi ho visto meraviglie ».
1098 Francesco, in realtà, aveva raggiunto tale purezza che il suo corpo si trovava in meravigliosa armonia con lo spirito e lo spirito in meravigliosa armonia con Dio. Perciò avveniva, per divina disposizione, che la creatura, servendo al suo Fattore, sottostava in modo mirabile alla volontà e ai comandi del Santo.
1099 10. Un'altra volta il servo di Dio si trovava nell'eremo di Sant'Urbano, tormentato da una malattia gravissima. Sentendosi venir meno, chiese un po' di vino.
Gli risposero che non potevano portarglielo, perché non ce n'era assolutamente. Allora egli comandò di portargli dell'acqua; poi la benedisse col segno della croce. Subito diventa vino ottimo quella che prima era acqua pura.
Così la purità del Santo ottenne ciò che la povertà del luogo non poté offrire.
Come ebbe bevuto quel vino, egli si ristabilì immediatamente e con estrema facilità.
Un cambiamento miracoloso e una miracolosa guarigione: due prodigi che avevano trasformato sia la bevanda sia colui che aveva bevuto. Erano due modi per indicare quanto perfettamente ormai Francesco si era spogliato delI'uomo vecchio e si era trasformato nell'uomo nuovo.
1100 11 Ma non soltanto la creatura si piegava al cenno del servo di Dio: anche il provvido Creatore di tutte le cose accondiscendeva ai suoi desideri.
Una volta il Santo, prostrato da molte malattie insieme, sentì il desiderio di un po' di bella musica, che gli ridonasse la gioia dello spirito.
Convenienza e decoro non permettevano che ciò avvenisse ad opera degli uomini -- e allora intervennero gli Angeli compiacenti a realizzare il suo desiderio.
Infatti, una notte, mentre vegliava in meditazione, improvvisamente sentì una cetra suonare con un'armonia meravigliosa e una melodia dolcissima. Non si vedeva nessuno, ma si avvertiva benissimo l'andare e venire del citaredo dal variare del suono, che ora proveniva da una parte ed ora dall'altra.
Rapito in Dio, a quel canto melodioso, fu invaso da tanta dolcezza che credette di trovarsi nell'altro mondo.
L'avvenimento non sfuggì ai frati suoi familiari. Essi, d'altronde, sapevano da indizi sicuri che il Signore veniva spesso a visitarlo, donandogli consolazioni così sovrabbondanti che non riusciva a tenerle completamente nascoste.
1101 12. In un'altra circostanza, l'uomo di Dio era in viaggio col compagno per motivi di predicazione, tra la Lombardia e la Marca Trevigiana. Sopraggiunse la notte, mentre si trovavano vicino al Po.
Siccome la strada era piena di pericoli, a causa del buio, del fiume e delle paludi, il compagno disse al Santo: « O Padre, prega Dio, che ci faccia scampare dai pericoli ».
L'uomo di Dio, con molta fiducia, gli rispose: « Dio può, se piace alla sua cortesia, fugare le tenebre e donarci la luce benefica ».
Aveva appena finito di parlare, che l'Onnipotente fece risplendere intorno a loro una luce grandissima, tanto che, mentre nelle altre parti persisteva l'oscurità della notte, potevano distinguere con chiarezza non soltanto la strada, ma anche moltissimi oggetti tutt'intorno. Ben indirizzati e spiritualmente confortati da quella luce, percorsero un lungo cammino, fra inni e canti di lode al Signore, finché giunsero all'ospizio.
1102 Valuta bene quale meravigliosa purezza e quale virtù abbia raggiunto quest'uomo, al cui cenno il fuoco modera il suo calore, I'acqua cambia sapore, gli Angeli offrono il conforto delle loro melodie e la luce divina dona la sua guida.
Sembra davvero che tutta la macchina del mondo si metta al servizio dei sensi, ormai così santificati, di quest'uomo santo.