LEGGENDA
						MINORE
 (Vita breve di san Francesco)
DI 
						
						SAN BONAVENTURA DA BAGNOREGIO 
						
						Traduzione di 
						
						SIMPLICIANO OLGIATI
						
						COMPOSTA
						da Bonaventura probabilmente a Parigi nel 1260/1262 contemporaneamente alla
						Leggenda maggiore, questa Vita breve o Leggenda minore fu scritta per essere
						letta ad uso corale durante l'ottava della festa di san Francesco (secondo
						l'uso del tempo), in sostituzione della precedente Leggenda corale che Tommaso
						da Celano aveva ricavato, verso il 1230, dalla sua Vita prima. Siccome
						quest'ultima non corrispondeva più all'immagine che del proprio fondatore
						l'Ordine francescano era venuto configurandosi, nelI'occasione del Capitolo
						generale di Narbona del 1260 s'imposero anche alcuni ritocchi all'Ufficio
						ritmico composto da Giuliano da Spira attorno al 1231/1232 e che, insieme con
						le letture corali, costituiva la solenne ufficiatura del Santo (cfr.
						Introduzione, qui, pp. 355-358).
						
						           Questa Vita breve è sostanzialmente,
						e spesso anche verbalmente, un compendio della Leggenda maggiore. Anche in così
						breve trattazione Bonaventura, come già nella sua opera maggiore, ( Leg. mag.,
						Prologo, 3 ), non omette un particolare di carattere autobiografico: « Mia
						madre, quando io ero ancora fanciullo, fece voto per me a san Francesco, perché
						ero malato gravemente... » (VIII, Lezione VIII).
						
						           Il nostro volgarizzamento è stato
						fatto sull'edizione critica curata dagli editori di Quaracchi (in AF, X, pp.
						653-678, ma si veda anche M. Bihl, ivi, pp. LXXI-LXXII, LXXVII-LXXVIII ) .
						
						           Data la sua natura di sintesi della
						Leggenda maggiore, per un'adeguata illustrazione delle sue caratteristiche si
						rimanda a quanto è detto per quest'opera maggiore (cfr. Introduzione, qui, pp.
						238-246), alla quale si rinvia anche per le note esplicative.
						
						Incomincia
						la
						
						Vita
						breve del beato Francesco
						
						I
						
						LA CONVERSlONE
						
						LEZIONE I
						
						1330 La grazia di Dio, nostro
						salvatore, è apparsa in questi ultimi tempi, nel suo servo Francesco.
						
						           Il Padre della misericordia e della
						luce gli venne incontro con la dolcezza e l'abbondanza delle sue benedizioni,
						come appare luminosamente dal corso della sua vita, e non soltanto dalle
						tenebre del mondo lo attrasse alla luce, ma lo rese anche famoso per il dono
						singolare di virtù perfette e per i meriti.
						
						           Lo indicò, inoltre, come segno
						particolarmente luminoso per mezzo  degli
						splendenti misteri della Croce che dispiegò intorno a lui.
						
						           Nato nella città di Assisi, dalle
						parti della valle di Spoleto, egli dapprima fu chiamato Giovanni dalla madre;
						poi, Francesco, dal padre: e certo egli tenne, quanto al suono, il nome imposto
						dal padre, ma, quanto al significato, realizzò quello del nome imposto dalla
						madre.
						
						           Durante l'età giovanile fu allevato
						nelle vanità, in mezzo ai vani figli degli uomini, e, dopo un'istruzione
						sommaria, venne destinato alla lucrosa attività del commercio: eppure, per
						l'assistenza e la protezione divina, non seguì gli istinti sfrenati della
						carne, benché in mezzo a giovani licenziosi, e, benché in mezzo a mercanti tesi
						al guadagno, non ripose la sua speranza nel danaro e nei tesori.
						
						LEZIONE 
						II
						
						1331 Dio, infatti, aveva immesso nel
						cuore del giovane Francesco, insieme con una dolce mansuetudine, una
						particolare generosità e compassione verso i poveri. 
						
						       Crescendo con lui fin dall'infanzia,
						questa aveva ricolmato il suo cuore di tanta bontà che egli si propose di dare
						a chiunque gli chiedesse, specialmente se chiedeva per amore di Dio: non era
						più, ormai, uno che ascoltasse il Vangelo da sordo. 
						
						           Proprio nel fiore della giovinezza si
						legò al Signore con la ferma, solenne promessa di non dire mai di no, se
						ne  aveva la possibilità, a quanti gli
						chiedevano qualcosa per amore del Signore. Continuando ad osservare così nobile
						promessa fino alla morte, incrementò in misura sempre più copiosa l'amore verso
						Dio e la grazia. 
						
						           Era sempre viva nel suo cuore questa
						fiammella dell'amor di Dio; ma egli, adolescente ancora e involto nelle
						preoccupazioni terrene, non conosceva il mistero della chiamata celeste; finché
						scese su di lui la mano del Signore ed egli fu purificato nel corpo da una
						malattia grave e lunga e fu illuminato nell'anima dall'unzione dello Spirito
						Santo.
						
						 LEZIONE III 
						
						1332   Quando,
						in seguito, ebbe riaquistate, comunque, le forze del corpo e mutato in meglio
						lo spirito, incontrò inaspettatamente un cavaliere, nobile di stirpe, ma povero
						di sostanze. Correndo col ricordo a Cristo, re generoso e povero, si sentì
						spinto verso quell'uomo da una pietà così grande che depose i suoi vestiti
						decorosi e appena acquistati e subito, spogliando se stesso, ne rivestì
						l'altro. 
						
						           La notte successiva, mentre riposava,
						Colui per amore del quale aveva soccorso il cavaliere bisognoso, si degnò di
						mostrargli con una rivelazione un palazzo magnifico e grandioso, in cui c'erano
						armi da combattimento contraddistinte con il segno della croce e gli promise e
						garantì con sicurezza che tutto quanto aveva visto sarebbe stato suo e dei suoi
						commilitoni, se avesse impugnato intrepidamente il vessillo della Croce di
						Cristo.
						
						           Da allora egli si sottraeva al
						chiasso degli affari e del pubblico e cercava luoghi solitari, amici al pianto;
						là, abbandonandosi a gemiti inesprimibili, dopo lunghe e insistenti preghiere,
						con le quali chiedeva al Signore di indicargli la via della perfezione, meritò
						di essere esaudito, secondo i suoi desideri.
						
						LEZIONE IV
						
						1333 Difatti, uno di quei giorni,
						mentre pregava, così, tagliato fuori dal mondo, gli apparve Cristo Gesù, con
						l'aspetto di uno confitto sulla croce e gli fece sentire, interiormente quella
						parola del Vangelo: Chi vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la
						sua croce e mi segua. Quella parola fu tanto, efficace che, all'interno dello
						spirito, lo infiammò con il fuoco dell'amore e lo riempì con l'amarezza della
						compassione E mentre, guardando la visione sentiva sciogliersi l'anima, il
						ricordo della passione di Cristo si stampò nell'intimo del suo cuore, fin nelle
						midolla. Tanto che, dentro di sé, vedeva quasi ininterrottamente, con gli occhi
						dell'anima, le piaghe del Signore crocifisso e, al di fuori, riusciva a stento
						a trattenere le lacrime e i sospiri.
						
						           E siccome, a confronto dell'amore di
						Cristo, ormai gli riuscivano spregevoli tutti i beni della sua casa e li
						stimava come un nulla, sentiva di avere scoperto il tesoro nascosto e la
						splendente pietra preziosa. Attratto dal desiderio di possederli, decideva di
						staccarsi da tutte le cose sue e di scambiare, mercanteggiando secondo lo stile
						di Dio, gli affari del mondo con quelli del Vangelo.
						
						LEZIONE 
						V
						
						1334 Una volta uscì nella campagna, a
						meditare. Mentre passava vicino alla chiesa di San Damiano, che minacciava
						rovina per la eccessiva vecchiezza, si senti spinto dallo Spirito ed entrò a
						pregare. Prostratosi davanti all'immagine del Crocifisso, durante la preghiera
						fu ricolmato da non poca dolcezza e consolazione. E mentre, con gli occhi pieni
						di lacrime, fissava lo sguardo nella croce del Signore, udì con le orecchie del
						corpo in modo mirabile una voce che proveniva dalla croce e che per tre volte
						gli disse: «Francesco, va, ripara la mia casa, che, come vedi, va tutta in
						rovina>>.
						
						           Alla stupefacente esortazione di
						quella voce mirabile, l'uomo di Dio dapprima rimase atterrito; poi, colmo di
						gioia e di ammirazione, prontamente si alzò, e si impegnò totalmente a compiere
						l'incarico di riparare l'edificio esterno della chiesa: ma l'intenzione
						principale della Voce era diretta alla Chiesa, che Cristo acquistò con lo
						scambio prezioso del suo sangue, come lo Spirito Santo gli avrebbe insegnato ed
						egli stesso in seguito avrebbe rivelato ai suoi intimi.
						
						LEZIONE VI
						
						1335 Poco dopo, nella misura in cui
						poté, distribuì tutto quanto per amore di Cristo; offrì del denaro al sacerdote
						poverello di quella chiesa, per la riparazione della medesima e per l'uso dei
						poveri e umilmente gli chiese che gli permettesse di dimorare con lui per
						qualche tempo.
						
						           Il sacerdote accondiscese a farlo
						rimanere, ma ricusò il denaro per paura dei genitori di lui. Perciò egli, ormai
						autentico spregiatore della ricchezza, scagliò su una finestra la borsa con
						l'oro, stimandolo merce vile, polvere abbietta.
						
						           Sentendo, poi, che, a causa di
						questo, suo padre era infuriato contro di lui, per lasciar tempo all'ira, si
						tenne nascosto per alcuni giorni in una fossa segreta, digiunando, pregando e
						piangendo. Finalmente, ricolmato di singolare letizia spirituale e rivestito di
						potenza dall'alto, uscì fuori fiduciosamente ed entrò animosamente in città.
						Vedendolo con il volto squallido e l'animo cambiato e, perciò, ritenendolo
						uscito di senno, i ragazzi gli scagliavano contro «il fango delle piazze», come
						si fa contro un pazzo, e lo insultavano con grandi schiamazzi: il servo del
						Signore, per nulla piegato o turbato da alcuna ingiuria, passava come sordo in
						mezzo a tutti.
						
						    
						LEZIONE VII
						
						1336  Suo padre, poi, più di tutti infuriato e
						fremente, quasi dimentico della pietà naturale, trascinò il figlio a casa e
						cominciò a tormentarlo: lo percosse e lo mise in catene, al fine di riuscire,
						mentre ne spezzava il corpo con le pene, a piegarne l'animo verso le attrattive
						del mondo.
						
						           Finalmente dovette costatare, per
						esperienza sicura, che il servo del Signore era prontissimo a sopportare
						qualsiasi difficoltà per Cristo. Siccome vide molto chiaramente che non avrebbe
						potuto farlo desistere, incominciò ad esercitare forti pressioni su di lui
						perché adisse insieme con lui il vescovo della città e, nelle mani di lui,
						rinunziasse ad ogni diritto di eredità sulle sostanze paterne.
						
						           Il servo del Signore spontaneamente
						si offrì di eseguire questo progetto e, non appena giunse alla presenza del presule,
						non soffri indugi, non temporeggiò su nulla, non pretese parole e non ne rese:
						anzi, piuttosto, depose tutti quanti i vestiti, al punto che gettò via anche le
						mutande e, come ebbro di spirito, non temette di denudarsi totalmente, per
						amore di Colui che per noi pendette nudo sulla Croce.
						
						LEZIONE 
						VIII
						
						1337 Da allora, spregiatore del
						mondo, sciolto dalle catene delle bramosie terrestri, abbandonata la città,
						sicuro e libero andava cantando in mezzo ai boschi lodi al Signore, in lingua
						francese. Imbattutosi nei briganti, non ebbe paura, l'araldo del Gran Re, e non
						interruppe la laude: viandante seminudo e spoglio d'ogni cosa, godeva della
						tribolazione, secondo lo stile degli apostoli.
						
						           Da allora, amante di tutta l'umiltà,
						si dedicò ad onorare i lebbrosi, per imparare, prima di insegnarlo, il
						disprezzo di sé e del mondo, mentre si assoggettava alle persone miserabili e
						ripudiate, col giogo del servizio.
						
						           E in verità, prima egli era abituato
						ad avere in orrore i lebbrosi più che ogni altra categoria di uomini, ma quando
						l'effusione della grazia divenne in lui più copiosa egli si diede come schiavo
						ad ossequiarli con tanta umiltà di cuore che lavava i piedi e fasciava le
						piaghe e spremeva fuori la marcia e ripuliva la purulenza.
						
						           Perfino, per eccesso di fervore
						inaudito, si precipitava a baciare le piaghe incancrenite: poneva, così, la sua
						bocca nella polvere, saziandosi di obbrobri, per assoggettare con piena potestà
						l'arroganza della carne alla legge dello spirito e, soggiogato il nemico di
						casa, ottenere in pacifico possesso il dominio di sé.
						
						LEZIONE 
						IX
						
						1338 Fondato, ormai, nell'umiltà di
						Cristo e ricco di povertà, benché non possedesse proprio nulla, si diede
						tuttavia a riparare la chiesa, secondo la missione a lui assegnata dalla croce,
						con tale slancio che sottoponeva al peso delle pietre il corpo fiaccato dai
						digiuni e non aborriva dal richiedere l'aiuto dell'elemosina anche a coloro con
						i quali aveva avuto l'abitudine di vivere da ricco.
						
						           Inoltre, aiutato dalla pietà dei
						fedeli, che già avevano incominciato a riconoscere nell'uomo di Dio una virtù
						straordinaria, riparò non soltanto San Damiano, ma anche le chiese, cadenti e
						abbandonate, dedicate al Principe degli apostoli e alla Vergine gloriosa.
						
						           In tale modo egli preannunciava
						misteriosamente, col simbolo dell'azione esterna e sensibile, quanto il Signore
						si proponeva di realizzare per mezzo di lui negli spiriti.
						
						           Come, infatti, sotto la guida di
						quest'uomo santo furono riparati quei tre edifici, così doveva essere riparata
						in maniera triforme la Chiesa di Cristo; secondo la forma, la Regola e la
						dottrina da lui date. Di questo era stato un segno preannunciatore anche la
						voce venuta a lui dalla croce, che aveva replicato per tre volte l'incarico di
						riparare la casa di Dio e questo noi ora costatiamo realizzato nei tre Ordini
						da lui lstituiti.
						
						II 
						
						 FONDAZIONE DELL'ORDINE. 
						
						EFFICACIA NELLA PREDICAZIONE
						
						 LEZIONE 
						I
						
						1339   Così era
						ormai compiuto il restauro delle tre chiese. Mentre egli dimorava assiduamente
						in quella dedicata alla Vergine, favorito dai meriti di Colei che profferse il
						prezzo della nostra salvezza, meritò di scoprire la via della perfezione,
						mediante lo spirito della verità evangelica in lui divinamente infuso.
						
						           Un giorno, durante la celebrazione
						della Messa, si leggeva quel brano del Vangelo, nel quale i discepoli vengono
						inviati a predicare e viene dettata ad essi la norma della vita evangelica: non
						possedete oro né argento né rame nelle vostre cinture, non borsa da viaggio né
						due tuniche, né sandali, né bastone: subito, a tali parole, lo investì e
						rivestì lo Spirito di Cristo con tale potenza che lo trasformò in quella norma
						di vita, non solo in rapporto al modo di conoscere e di sentire, ma anche in
						rapporto al modo di vivere e di vestire .
						
						           Immediatamente depose le calzature,
						gettò via il bastone, ripudiò borsa e denaro e, contento di una sola
						tonacuccia, lasciò la cintura e come cingolo prese una fune e mise tutto lo
						slancio del cuore nel ricercare in quale modo realizzare le cose sentite e
						rendere se stesso in tutto conforme alla regola della santità apostolica.
						
						LEZIONE 
						II
						
						1340 Finalmente, tutto acceso dalla
						forza fiammeggiante dello Spirito di Cristo, cominciò, come un altro Elia, a
						farsi appassionato predicatore della verità; cominciò ad avviare alcuni alla
						giustizia perfetta; cominciò ad avviare tutti gli altri a penitenza.
						
						           Non erano, i suoi, discorsi vani o
						degni di riso: erano pieni della forza dello Spirito Santo; erano tali che
						penetravano nel profondo del cuore: suscitavano perciò, forte stupore negli
						ascoltatori e piegavano, con la loro forza e la loro efficacia, la mente degli
						ostinati.
						
						           Siccome il suo proposito, sublime e
						santo, veniva a conoscenza di molti attraverso la semplice veracità sia della
						sua dottrina sia della sua vita, alcuni incominciarono a sentirsi animati a
						penitenza dal suo esempio e a lasciare tutto per unirsi strettamente con lui,
						nell'abito e nella vita: I'umile uomo giudicò che si chiamassero «frati
						minori».
						
						LEZIONE 
						III
						
						1341 In seguito alla chiamata di Dio,
						il numero dei frati era  ormai salito a
						sei. Il loro pio padre e pastore, trovato un luogo solitario, in molta amarezza
						di cuore piangeva sulla sua vita di adolescente, trascorsa non senza colpa:
						mentre chiedeva perdono e grazie, per sé e per la prole, che in Cristo aveva
						generato, si sentì invadere da una singolare, esuberante letizia e si sentì
						garantire che tutte le colpe gli erano state rimesse pienamente: fino
						all'ultimo quadrante.
						
						           Rapito, perciò, al di fuori di sé e
						totalmente assorbito in una luce vivificante, luminosamente vide gli
						avvenimenti futuri che riguardavano lui e i suoi frati, come egli stesso, in
						seguito, rivelò familiarmente a conforto del piccolo gregge, quando preannunciò
						che per la clemenza di Dio l'Ordine avrebbe progredito e si sarebbe ampliato.
						
						           In pochi giorni alcuni altri si
						unirono a lui e raggiunsero il numero di dodici. Perciò il servitore del
						Signore stabilì di presentarsi alla Sede Apostolica con quell'adunata di uomini
						semplici, per chiedere con umiltà e insistenza alla stessa santissima Sede di
						confermare con la sua autorità plenaria la norma di vita che il Signore
						antecedentemente gli aveva mostrata e che egli aveva anche scritta con brevi
						parole.
						
						 LEZIONE
						IV
						
						 1342 Egli,
						dunque, si affrettava per presentarsi, secondo quanto stabilito, al cospetto
						del Sommo Pontefice, papa Innocenzo III. Ma lo prevenne, nella sua degnazione e
						clemenza, Cristo potenza e sapienza di Dio, che, per mezzo di una visione,
						ammonì il suo Vicario a prestare ascolto con dolcezza e ad acconsentire con
						benevolenza alle suppliche di quel poverello.
						
						           Difatti il Pontefice romano vide in
						sogno la Basilica Lateranense che stava ormai per crollare e un uomo poverello,
						piccolo e spregevole, che la sorreggeva, mettendovi sotto le proprie spalle,
						perché non cadesse.
						
						           Il saggio pontefice, pertanto,
						contemplando nel servitore di Dio la povertà, la costanza nel perseguire la
						perfezione, lo zelo per le anime, I'infocato fervore di una volontà santa,
						esclamò: «Veramente questi è colui che con l'opera e la dottrina sorreggerà la
						Chiesa di Cristo». Perciò, concependo da allora speciale devozione verso di lui
						e inchinandosi in tutto alle sue richieste, approvò la Regola, conferì il
						mandato di predicare la penitenza, concesse tutte le cose domandate e
						liberamente promise che di più ne avrebbe concesso in seguito.
						
						LEZIONE V
						
						1343 Contando, da allora, sulla
						grazia che viene dall'alto e sull'autorità del Pontefice, Francesco affrontò
						con molta fiducia il cammino verso la valle Spoletana, deciso a realizzare coi
						fatti e ad insegnare con la parola la verità della perfezione evangelica, che
						aveva concepita nella mente e promessa in voto con la professione.
						
						           Mosse, inoltre, con i compagni la
						questione se dovevano vivere abitualmente in mezzo alla gente o appartarsi nei
						luoghi solitari. Dopo aver indagato con l'insistenza della preghiera quale
						fosse il volere divino su questo punto, fu illuminato dal responso di una
						rivelazione celeste e comprese che egli era stato inviato da Dio a questo
						scopo: guadagnare a Cristo le anime, che il diavolo si sforza di rapire.
						
						           Stabilì, perciò, che bisognava
						scegliere di vivere per tutti, piuttosto che per sé solo.
						
						           Si raccolse con i frati in un tugurio
						abbandonato, vicino ad Assisi, per viverci con tutti i rigori della vita
						religiosa, secondo la norma della santa povertà e predicare alle popolazioni la
						parola di Dio, secondo l'opportunità del tempo e del luogo.
						
						           Divenuto, dunque araldo del Vangelo,
						si aggirava per città e paesi, annunciando il regno di Dio non con il
						linguaggio dotto della sapienza umana, ma nella potenza dello Spirito Santo: il
						Signore dirigeva quel parlatore con rivelazioni anticipatrici e confermava la
						sua parola con i prodigi che la accompagnavano.
						
						LEZIONE VI
						
						1344 Una volta, com'era suo costume,
						egli era intento a vegliare in preghiera, fisicamente lontano dai figli.
						
						           Verso la mezzanotte, mentre alcuni
						dei frati dormivano, alcuni pregavano, un carro di fuoco di mirabile splendore,
						sopra il quale era posto anche un globo di fuoco luminosissimo, in forma di
						sole, entrò dalla porticina della dimora dei frati e per tre volte si volse in
						qua e in là per I 'abitazione.
						
						           A quella vista meravigliosa e
						preclara, rimasero stupefatti quelli che vegliavano; furono, insieme destati e
						atterriti quelli che dormivano: e avvertirono con pari intensità la chiarezza
						del cuore e quella del corpo, giacché, per virtù di quella luce mirabile, la
						coscienza di ciascuno fu nuda davanti alla coscienza di tutti gli altri.
						
						           Compresero tutti concordemente,
						mentre tutti leggevano nel cuore di ciascuno, che il Signore aveva fatto vedere
						loro il santo padre Francesco trasfigurato in quella immagine, per significare
						che egli era venuto nello spirito e nella potenza di Elia ed era stato eletto
						principe della milizia spirituale, cocchio di Israele e suo auriga.
						
						           E, appunto, il Santo, ritornato tra i
						frati, incominciò a fortificarli spiritualmente, sulla base della visione
						mostrata loro dal cielo, cominciò a scrutare minutamente i segreti delle loro
						coscienze e a predire, inoltre, il futuro e a risplendere con tali miracoli da
						mostrare chiaramente e palesemente come il duplice spirito di Elia si era
						posato su di lui con la sua pienezza, così che incamminarsi dietro la sua
						dottrina e la sua vita era per tutti la cosa più sicura.
						
						LEZIONE VII
						
						1345 Un religioso, di nome Morico,
						che apparteneva allora all'Ordine dei Crociferi, si trovava in un ospedale
						vicino ad Assisi, colpito da una infermità così grave e così prolungata da
						farlo credere ormai prossimo a morte.
						
						           Divenuto un supplicante per
						interposta persona, chiedeva insistentemente all'uomo di Dio di volere
						intercedere presso Dio in suo favore.
						
						           Accondiscese benevolmente l'uomo
						pietoso e, dopo aver pregato, prese delle briciole di pane, le mescolò con
						l'olio della lampada che ardeva davanti all'altare della Vergine e, per mano
						dei frati, fece portare all'infermo quello speciale elettuario, dicendo: «
						Questa medicina, portatela al nostro fratello Morico: per mezzo di essa la
						potenza di Cristo non soltanto gli ridonerà piena salute, ma lo farà diventare
						un robusto combattente tra le nostre file, e ci resterà per sempre ».
						
						           Appena l'infermo ebbe assaggiato
						quell'antidoto, fabbricato per invenzione dello Spirito Santo, si alzò sano e
						ottenne da Dio tanta vigoria di corpo e di spirito che di lì a poco entrò nella
						Religione del Santo, dove per lungo tempo portò sulle carni la lorica e,
						contento al più di cibi crudi, non beveva vino e non mangiava niente di cotto.
						
						 LEZIONE
						VIII
						
						1346 Sempre in quel tempo, un
						sacerdote della città di Assisi, di nome Silvestro -- uomo di onorata condotta
						e semplice come colomba--vide in sogno tutta quella contrada circondata da un
						dragone immenso: sembrava che, a causa della sua schifosissima e orribile
						figura, la distruzione fosse ormai imminente su diverse parti del mondo.
						
						           Vedeva, dopo questa immagine, uscir
						fuori dalla bocca di Francesco una croce d'oro e risplendente: la sua punta
						toccava il cielo, mentre le braccia, protese per il largo, sembravano
						estendersi fino ai confini del mondo. Quella apparizione fulgentissima metteva
						definitivamente in fuga il drago schifoso e orrendo.
						
						           Quando gli fu mostrato ciò per la
						terza volta, I'uomo pio e devoto a Dio comprese che Francesco era destinato dal
						Signore a questa missione: brandire il vessillo glorioso della Croce per
						infrangere la potenza del dragone maligno e illuminare i fedeli con le
						splendide luci della verità, contenuta nella sua vita e nella sua dottrina.
						
						           Narrò la visione per ordine all'uomo
						di Dio e ai frati e, non molto tempo dopo, lasciò il mondo e si mise sulle orme
						di Cristo, sull'esempio del beato padre, con tale perseveranza che, mediante la
						sua condotta nell'Ordine, rese autentica la visione avuta nel secolo.
						
						LEZIONE IX 
						
						1347 Un frate di nome Pacifico,
						quando ancora viveva da secolare, incontrò il servitore del Signore, che stava
						predicando in un monastero vicino al Borgo di San Severino.
						
						           Scesa la mano del Signore sopra di
						lui, vide Francesco segnato in forma di croce da due splendentissime spade,
						poste trasversalmente: una delle spade si stendeva dalla testa fino ai piedi e
						una si estendeva da una mano all'altra, attraverso il petto.
						
						           Egli non conosceva Francesco di
						persona, ma lo riconobbe subito, dopo che gli fu mostrato per mezzo di quella
						visione miracolosa. Fortemente stupito, compunto ed atterrito dalla forza delle
						sue parole, venne, per così dire, trafitto dalla spada dello spirito che usciva
						dalla sua bocca e, disprezzati definitivamente gli onori vani del mondo, si unì
						al beato padre mediante la professione della sua stessa vita.
						
						           In seguito, costui progredì in ogni
						forma di santità propria della vita religiosa e divenne ministro dell'Ordine in
						Francia--difatti fu il primo ad esercitare l'ufficio di ministro in quel paese.
						Ma, prima, meritò di vedere sulla fronte di Francesco un grande Tau, che
						spiccava per la varietà dei colori e rendeva meravigliosamente bella e adorna
						la sua faccia .
						
						           Poiché bisogna sapere che l'uomo di
						Dio venerava questo segno e gli era molto affezionato, lo raccomandava spesso
						nel parlare, con esso dava inizio alle sue azioni e lo scriveva di propria mano
						sotto quei bigliettini che inviava per motivo di carità, quasi che tutto il suo
						impegno fosse, come dice il profeta, nel segnare il Tau sulla fronte degli
						uomini che gemono e piangono, convertendosi a Cristo sinceramente .
						
						III
						
						 VIRTU' PRIVILEGIATE 
						
						LEZIONE I 
						
						1348 L'insigne seguace di Gesù
						Crocifisso, I'uomo di Dio Francesco, fin dagli inizi della sua conversione
						crocifiggeva la carne e le sue passioni con il rigore della disciplina e
						frenava i moti dei sensi con la legge della moderazione in maniera tanto severa
						che a stento prendeva il sostentamento indispensabile alla natura.
						
						           Nei tempi in cui era sano, a fatica e
						di raro si permetteva vivande cotte e, quando se le permetteva, qualche volta
						le rendeva amare col mescolarvi della cenere oppure, per lo più, le rendeva
						insipide col versarci liquor d'acqua. Usò severa parchezza nel bere e tenne
						lontano il corpo dal vino, per poter applicare la mente alla luce della
						sapienza. Siamo in grado di costatarlo con chiarezza da questo particolare:
						quando era tormentato dall'arsura della sete, a stento osava bere a sufficienza
						perfino l'acqua fresca. Il più delle volte era la nuda terra il letto per il
						corpicciuolo stanco; guanciale, una pietra; e coperta era un vestito semplice,
						grinzoso ed ispido, giacché per esperienza sicura aveva imparato che i nemici
						maligni vengono messi in fuga dalle vesti dure e ruvide, mentre da quelle
						delicate e molli vengono animati a tentare con maggior baldanza.
						
						LEZIONE II 
						
						1349 Rigoroso nella disciplina,
						vigilava assai attentamente su se stesso e aveva cura speciale nel custodire
						quel tesoro  inestimabile della castità,
						che noi portiamo nel fragile vaso del corpo: e anche il corpo egli si studiava
						di tenere con rispetto e santità, mediante l'integerrima purezza di tutto se
						stesso, carne e spirito.
						
						           Per questo agli inizi della sua
						conversione, nel tempo del gelo invernale, forte e fervente nello spirito, si
						immergeva per lo più in  una fossa colma
						di ghiaccio o di neve, sia per rendersi perfettamente soggetto il nemico di
						casa, sia per preservare dal fuoco della concupiscenza la veste candida della
						purezza.
						
						           Con pratiche di questa specie
						incominciò anche ad apparire, nell'uso dei sensi, adorno di un pudore così
						luminoso e bello, che pareva aver conseguito ormai il pieno dominio della carne
						e stabilito con i suoi occhi il patto non solo di rifuggire da ogni sguardo
						sensuale, ma di astenersi totalmente da qualsiasi sguardo curioso o inutile.
						
						LEZIONE III
						
						1350 Eppure, anche se aveva
						conquistato la purità del cuore e del corpo e si stava in certo modo
						avvicinando alla cima della santificazione, non cessava di purificare
						continuamente con là pioggia delle lacrime gli occhi dello spirito: bramava la
						purezza delle chiarità celesti e non si preoccupava che gli occhi del corpo si
						deteriorassero.
						
						           Infatti a causa del continuo piangere
						era incorso in una gravissima malattia di occhi. Il medico cercava di
						persuaderlo ad astenersi dalle lacrime, se voleva sfuggire alla cecità; ma egli
						non accondiscese in alcun modo, affermando che preferiva perdere la luce della
						vista corporale che frenare le lacrime e reprimere, così, la devozione dello
						spirito, poiché con le lacrime l'occhio interiore diventa mondo e riesce a
						vedere Dio.
						
						           L'uomo a Dio devoto, pur in mezzo a
						quel fluire di lacrime, era sereno, per dir così, di una giocondità celeste,
						sia nel cuore sia nel volto: il nitore della coscienza santa lo inondava di
						tanta letizia che il suo spirito era di continuo rapito in Dio e sempre
						esultava per l'opera delle Sue mani.
						
						LEZIONE 
						IV
						
						1351 L'umiltà, custode e ornamento di
						tutte le virtù, si era giuridicamente impadronita dell'uomo di Dio. Difatti,
						benché egli risplendesse per il privilegio di molte virtù, sembrava tuttavia
						che l'umiltà avesse conseguito un dominio particolare su di lui: minore di
						tutti i minori.
						
						           E certo secondo il criterio con cui
						lui stesso si giudicava, dichiarandosi il più grande peccatore, egli era
						proprio e soltanto un piccolo e sudicio vaso di creta: in realtà, invece, era
						un vaso eletto di santità, fulgido e adorno di molteplici virtù e di grazia,
						consacrato dalla purezza.
						
						           Si studiava di essere spregevole agli
						occhi propri ed altrui; di ripulire, confessandoli in pubblico, le macchie in
						lui nascoste e di celare nel segreto del cuore i doni del Datore supremo: non
						voleva in alcun modo che venisse rivelato, per averne gloria, quanto poteva
						essere occasione di rovina .
						
						           Piuttosto, per compiere ogni
						giustizia nella realizzazione dell'umiltà perfetta, si impegnò a rimanere
						soggetto non solo ai superiori, ma anche agli inferiori, a tal punto che aveva
						l'abitudine  di promettere obbedienza
						anche al compagno di viaggio, fosse stato anche il più semplice. In questo modo
						egli non comandava autoritariamente, alla maniera di un prelato; ma, alla
						maniera di un ministro e di un servo, obbediva per umiltà anche ai sudditi.
						
						LEZIONE  V
						
						1352 Perfetto seguace di Cristo, si
						studiò pure di prendersi in isposa con amore eterno la eccelsa povertà,
						compagna della santa umiltà, e per essa non soltanto lasciò il padre e la
						madre, ma distribuì ai poveri tutto quanto poté avere.
						
						           Nessuno fu tanto avido di oro quanto
						costui della povertà; nessuno, più preoccupato di custodire un tesoro, quanto
						costui di custodire la pietra preziosa del Vangelo. Difatti, dai tempi della
						fondazione dell'Ordine fino alla morte, lo si vide, ricco di tonaca, corda e mutande,
						gloriarsi della penuria e godere dell'indigenza.
						
						           Se gli capitava d'incontrare qualcuno
						che, all'abito esterno, sembrava più povero di lui, immediatamente rimproverava
						se stesso e si incitava ad essere come lui, come se, nella gara per la povertà,
						temesse di essere vinto su questo punto, perché meno nobile di spirito.
						
						           A tutte le cose caduche aveva
						preferito la povertà, in quanto è pegno dell'eredità eterna, e riteneva un
						niente le ricchezze ingannevoli: un feudo concesso per un momento amava la povertà
						a preferenza delle grandi ricchezze e. in essa, desiderava superare tutti gli
						altri, lui che dalla povertà aveva imparato a ritenersi inferiore a tutti.
						
						LEZIONE VI
						
						1353 Attraverso l'amore per
						l'altissima povertà, l'uomo di Dio divenne così florido e ricco di santa
						semplicità che, pur non avendo assolutamente nulla di proprio tra le cose del
						mondo, sembrava il possessore di tutti i beni, poiché possedeva l'Autore stesso
						di questo mondo. Infatti con l'acutezza della colomba, cioè con la penetrazione
						che è propria della mente semplice, e con lo sguardo puro della riflessione,
						egli riportava tutte le cose al Sommo Artefice e in tutte riconosceva, amava e
						lodava lo stesso Fattore. E così avveniva, per dono della clemenza celeste, che
						egli possedeva tutte le cose in Dio e Dio in tutte le cose.
						
						           Inoltre, in considerazione della
						prima origine di tutte le cose, chiamava tutte le creature, per quanto modeste,
						col nome di fratello e di sorella, considerando che, insieme con lui,
						provenivano da un unico Principio. Abbracciava, però, più appassionatamente e
						con maggiore dolcezza quelle che per somiglianza naturale rappresentano la pia
						mansuetudine di Cristo e la raffigurano per il significato  loro attribuito dalla Scrittura.
						
						           A causa di questo, avveniva, per l'influsso
						della potenza soprannaturale, che gli animali si sentivano attratti verso di
						lui come da un senso di pietà; ma anche gli esseri insensibili obbedivano al
						suo cenno, come se quell'uomo santo, in quanto semplice e retto, fosse già
						stato ristabilito nello stato di innocenza.
						
						LEZIONE VII
						
						1354 La Fonte della Misericordia
						aveva riversato nel servo del Signore anche una dolce compassione, con tale
						abbondanza e pienezza che egli, nel sollevare le miserie delle persone
						miserevoli, pareva portare in sé un cuore di madre. Gli era connaturale anche
						la clemenza, che la pietà di Cristo, infusa dall'alto, raddoppiava.
						
						           E così, per i malati e per i poveri,
						egli si sentiva struggere l'anima ed offriva l'affetto, quando non poteva
						offrire la mano. Ciò, perché qualunque forma di penuria o di privazione
						scorgesse in qualcuno, con la dolcezza del suo cuore pietoso la riferiva a
						Cristo.
						
						           In tutti quanti i poveri intravedeva
						il volto di Cristo e, perciò, se gli veniva dato qualcosa di necessario per
						vivere, quando li incontrava non soltanto generosamente l'offriva a loro, ma
						giudicava pure che a loro si doveva restituire, come se appunto a loro
						appartenesse.
						
						           Non la perdonava assolutamente a
						nulla: mantelli, tonache, libri e perfino la suppellettile dell'altare: se
						appena lo poteva, tutto donava ai bisognosi a bramava anche di spendere tutto
						se stesso, per realizzare appieno il dovere della pietà perfetta.
						
						LEZIONE VIII
						
						1355 Lo zelo per la salvezza dei
						fratelli, che si sprigionava dal fuoco della carità, trapassò come spada
						affilata e fiammeggiante le intime fibre di Francesco, a tal punto che quest'
						uomo appariva tutto gelosia, acceso da uno zelo bruciante, tormentato dalle
						pene della compassione.
						
						           Quando vedeva che le anime redente
						dal sangue prezioso di Cristo venivano insozzate dalla bruttura del peccato, Si
						sentiva trapassato da un dolore straordinario e trafìggente; le compiangeva con
						una commiserazione così tenera che ogni giorno le partoriva in Cristo, come una
						madre.
						
						           Da qui il suo accanimento nella
						preghiera, quel correre dovunque a predicare, quell'eccesso nel dare l'esempio:
						perché non si riteneva amico di Cristo, se non curava teneramente le anime che
						egli ha redento.
						
						           Per questa ragione, benché
						l'innocente sua carne, che già si assoggettava spontaneamente allo spirito, non
						avesse alcun bisogno di flagello, egli le moltiplicava i castighi e i pesi, in
						vista dell'esempio: in vista degli altri obbligava se stesso a percorrere duri
						cammini, per seguire perfettamente le orme di Colui che, per la salvezza degli
						altri, consegnò la sua vita alla morte.
						
						LEZIONE IX
						
						1356 Quanto, poi, al fervore della
						carità perfetta, da cui I'amico dello Sposo si sentiva trasportato in Dio,
						ognuno può costatarlo da questo soprattutto: egli bramava ardentemente di
						immolarsi con la fiamma del martirio, ostia viva, a Dio.
						
						           Tre volte, per tale cagione, egli
						intraprese il cammino verso i paesi degli infedeli; ma le prime due volte ne fu
						impedito da disposizione divina. Finalmente la terza volta, dopo aver provato
						molti oltraggi, catene, percosse e fatiche innumerevoli, con la guida di Dio
						venne condotto al cospetto del Soldano di Babilonia: là predicò il Vangelo di
						Cristo, con una manifestazione così efficace di spirito e di potenza che lo
						stesso Soldano ne fu ammirato e, diventato mansueto per divina disposizione, lo
						ascoltò con benevolenza.
						
						           In realtà, egli notò in lui fervore
						di spirito, costanza d'animo, disprezzo della vita presente, efficacia nella
						Parola di Dio e concepì verso di lui tanta devozione che lo stimò degno di
						molto onore, gli offrì doni preziosi e lo invitò insistentemente a prolungare
						il soggiorno presso di lui.
						
						           Ma quel vero spregiatore di se stesso
						e del mondo rifiutò come fango tutte le cose offerte e, costatando che non
						poteva conseguire quanto si era proposto, dopo avere fatto schiettamente tutto
						ciò che poteva fare per ottenerlo, tornò tra i paesi cristiani~ come una
						rivelazione gli aveva suggerito.
						
						           E così avvenne che l'amico di Cristo
						cercasse con tutte le forze di morire per Lui e non potesse assolutamente
						riuscirvi. In tal modo, da una parte non gli mancò il merito del martirio
						desiderato, e, dall'altra, venne risparmiato per essere, più tardi insignito di
						un privilegio singolare.
						
						IV
						
						DEDIZIONE ALLA PREGHIERA
						
						 E
						SPIRITO Dl PROFEZIA
						
						LEZIONE 
						I
						
						1357 Il servo di Cristo, vivendo nel
						corpo, si sentiva in esilio dal Signore e, mentre al di fuori era divenuto
						totalmente insensibile, per amor di Cristo, ai desideri della terra, si
						sforzava, pregando senza interruzione, di mantenere lo spirito alla presenza di
						Dio, per non rimanere privo della consolazione 
						del Diletto.
						
						           Camminando e sedendo, in casa e
						fuori, lavorando e riposando, con la forza della mente restava così intento
						nella orazione da sembrare che avesse dedicato ad essa ogni parte di se stesso:
						non solo il cuore e il corpo, ma anche l'azione e il tempo.
						
						           Molte volte veniva investito da tale
						eccesso di devozione che, rapito al di sopra di se stesso, e oltrepassando i
						limiti della sensibilità umana, ignorava totalmente quanto avveniva al di
						fuori, intorno a lui.
						
						LEZIONE 
						II
						
						1358 Per accogliere con maggior
						raccoglimento l'interiore elargizione delle consolazioni spirituali, si recava
						nella solitudine e nelle chiese abbandonate, per pregarvi di notte, quantunque
						anche là provasse le orrende battaglie dei demoni, che venivano a conflitto con
						lui, quasi con un contatto fisico, e si sforzavano di stornarlo dall'impegno
						della preghiera.
						
						           Ma l'uomo di Dio li metteva in fuga
						con la potenza e l'instancabile fervore delle preghiere, e così se ne restava
						solo e in pace.
						
						           Riempiva i boschi di gemiti,
						cospargeva quei luoghi di lacrime, si percuoteva il petto e, quasi
						dall'intimità di un più segreto santuario, ora rispondeva al giudice, ora
						supplicava il Padre, ora scherzava con lo Sposo, ora dialogava con l'amico.
						
						           Là fu visto, di notte, mentre
						pregava, con le mani e le braccia stese in forma di croce, sollevato da terra
						con tutto il corpo e circondato da una nuvoletta rifulgente: così la
						meravigliosa luminosità e il sollevarsi del corpo diventavano testimonianza
						della illuminazione e della elevazione avvenuta dentro il suo spirito.
						
						 LEZIONE III
						
						1359 Indizi sicuri comprovano,
						inoltre, che durante queste elevazioni, per virtù soprannaturale, gli venivano
						rivelate le cose incerte ed occulte della sapienza divina, anche se egli non le
						divulgava all'esterno, se non nella misura in cui urgeva lo zelo della salvezza
						dei fratelli e dettava l'impulso della rivelazione dall'alto.
						
						           La dedizione instancabile alla
						preghiera, insieme con l'esercizio ininterrotto delle virtù, aveva fatto pervenire
						l'uomo di Dio a così grande chiarezza di spirito che, pur non avendo acquisito
						la competenza nelle Sacre Scritture mediante lo studio e l'erudizione umana,
						tuttavia, irradiato dai fulgori della luce eterna, scrutava la profondità della
						Scrittura stessa con intelletto limpido e acuto.
						
						           Si posò su di lui anche lo spirito
						multiforme dei profeti con tale pienezza e varietà di grazie che, per la
						potenza mirifica di quello spirito, egli si faceva vedere presente ai suoi
						frati assenti ed aveva notizia sicura dei lontani.
						
						           Penetrava pure i segreti dei cuori,
						come pure preannunziava gli eventi del futuro.
						
						           Lo dimostrano con evidenza molti
						esempi e noi ne riporteremo qui  alcuni.
						
						LEZIONE 
						IV
						
						1360 Una volta quell'Antonio santo,
						che era allora predicatore egregio ed è ora, invece, luminoso confessore di
						Cristo, stava predicando ai frati e commentava, con parole dolci come il miele,
						I'iscrizione posta sopra la croce: Gesù Nazareno, re dei Giudei.
						
						           Si era durante il capitolo
						provinciale, tenuto ad Arles. L'uomo di Dio Francesco, che allora si trovava
						assai lontano, apparve alla porta del capitolo, elevato nell'aria e,
						benedicendo i frati con le mani stese in forma di croce, ricolmò il loro
						spirito con tanta varietà di consolazioni da renderli sicuri che quella apparizione
						meravigliosa era dotata di potenza celeste: era il loro stesso spirito a
						testimoniarlo, dentro di loro.
						
						           D'altronde, siccome il fatto non
						rimase nascosto al beato padre, palesemente da ciò stesso risulta chiaro quanto
						il suo spirito fosse aperto alla luce della Sapienza eterna, quella che è più
						mobile di ogni moto e per la sua purezza penetra e riempie ogni cosa, si
						trasfonde nelle anime sante e forma gli amici di Dio e i profeti.
						
						LEZIONE 
						V
						
						1361 Una volta i frati si erano
						radunati a Capitolo a Santa Maria degli Angeli, secondo l'usanza. Uno di loro,
						protetto dal mantelletto di qualcuno che lo difendeva, non voleva assoggettarsi
						alla disciplina. Il Santo, che allora stava segregato in cella a pregare, per
						fare da intermediario tra i frati e Dio, vide ciò in ispirito, fece chiamare a
						sé uno di loro e gli disse: « O fratello, ho visto sulla schiena di quel frate
						disobbediente un diavolo, che gli stringeva il collo: soggiogato da un simile
						cavaliere, egli seguiva le sue redini e i suoi incitamenti e disprezzava il
						freno dell'obbedienza. Va, dunque, e dì al frate che senza indugio pieghi il
						collo sotto la santa obbedienza: così suggerisce di fare anche colui per le cui
						insistenti preghiere quel demonio si è allontanato sconfitto ». Ammonito per
						ambasciatore, il frate sentì spirito di pentimento e ricevette la luce della
						verità; si prostrò con la faccia a terra davanti al vicario del Santo, si
						riconobbe colpevole, chiese perdono, accolse e sopportò pazientemente la
						disciplina e d'allora in poi obbedì umilmente in ogni cosa.
						
						LEZIONE VI
						
						1362 Al tempo in cui egli, sul monte
						della Verna, se ne restava rinchiuso nella cella, uno dei suoi compagni provava
						gran desiderio di avere un qualche scritto con le parole del Signore, firmato
						da lui di propria mano.
						
						           Credeva, infatti che con questo mezzo
						avrebbe potuto eliminare o almeno, di certo, sopportare con minor pena la grave
						tentazione, da cui era vessato: tentazione non carnale, ma di spirito.
						
						           Languiva per tale desiderio ed era
						interiormente angustiato, perché, umile qual era, riservato e semplice, si
						lasciava vincere dalla vergogna e non osava confidare la cosa al reverendo
						Padre. Ma se non lo disse a lui l'uomo, glielo rivelò lo Spirito.
						
						           Francesco, infatti, ordinò a quel
						frate di portargli inchiostro e carta e, scrivendo le lodi del Signore con una
						benedizione per lui di propria mano, come quello desiderava, gli offrì
						benignamente quanto aveva scritto--e tutta quella tentazione scomparve
						definitivamente.
						
						           Quello stesso bigliettino, poi, fu
						tenuto in serbo e, in seguito, apportò a moltissimi la guarigione: così, da
						questo risulta chiaramente a tutti quale merito abbia avuto davanti a Dio chi
						lo ha scritto ed ha lasciato in un fogliettino firmato una potenza così grande
						ed efficace.
						
						LEZIONE VII
						
						1363 In un'altra circostanza, una
						nobildonna a Dio devota, si recò fiduciosamente dal Santo e lo supplicava con
						tutte le forze a voler intercedere presso il Signore per suo marito, che era
						molto cattivo con lei e la faceva soffrire, perché la osteggiava nel servizio di
						Cristo: che il Signore, con una larga infusione della sua grazia, ne mitigasse
						la durezza di cuore .
						
						           Udito questo, I'uomo santo e pietoso,
						con santi discorsi la confermò nel bene, I'assicurò che sarebbe venuta presto
						la consolazione da lei desiderata e, finalmente, le comandò di far sapere al
						marito, da parte di Dio e sua, che « ora eta tempo di clemenza, poi sarebbe
						stato tempo di giustizia ». Credette la donna alle parole, che il servo del
						Signore le aveva detto e, ricevuta la benedizione, ritornò in fretta a casa.
						Incontrato il marito, gli narrò il colloquio avuto, aspettando senza dubitare
						che si realizzasse la promessa, secondo il suo desiderio.
						
						           Non appena quelle parole risonarono
						alle orecchie di quell'uomo, cadde sopra di lui lo spirito di grazia e gli
						intenerì il cuore, tanto che, da allora in poi, lasciò che la devota coniuge
						servisse liberamente a Dio e si offrì di servire il Signore insieme con lei.
						
						           Dietro persuasione della santa
						moglie, condussero per molti anni vita da celibi e poi, nello stesso giorno, la
						donna al mattino e l'uomo a vespro tornarono al Signore: sacrificio mattutino,
						la prima; I'altro, sacrificio vespertino.
						
						LEZIONE VIII 
						
						1364   Nel
						tempo in cui il servitore del Signore giaceva malato a Rieti, fu colpito da
						grave infermità un canonico di nome Gedeone, vizioso e mondano.
						
						           Lo portarono, steso sul lettuccio, da
						lui: e lo pregava, insieme con gli astanti, di benedirlo con il segno della
						croce.
						
						           Ed egli a lui: << Siccome un
						tempo sei vissuto secondo i desideri della carne, senza temere i giudizi di
						Dio, io ti benedirò con il segno della croce -- non per te, ma per le devote
						preghiere di costoro. Però in questo modo: che fin d'ora io ti faccio sapere
						con certezza che soffrirai pene più gravi se, quando sarai guarito, ritornerai
						al vomito >>.
						
						           Fece su di lui il segno della croce,
						dalla testa ai piedi: scricchiolarono le ossa della sua schiena -- e tutti
						sentirono -- come quando si rompe legna secca con le mani. Subito colui che
						giaceva rattrappito si alzò sano e, prorompendo in lodi a Dio disse: <<
						Sono guarito >>.
						
						           Ma, trascorso un po' di tempo, si
						dimenticò di Dio e si abbandonò di nuovo all'impudicizia.
						
						           Una sera era andato a cena, ospite di
						un canonico, ed era rimasto la notte a dormire con lui: il tetto della casa
						improvvisamente precipitò su tutti loro ed uccise lui solo. Tutti gli altri
						sfuggirono alla morte.
						
						           E così avvenne che, simultaneamente,
						in quell'unico avvenimento si manifestò chiaramente quanto sia severo contro
						gli ingrati lo zelo della giustizia divina e quanto fosse veritiero e sicuro
						nel predire eventi dubbi lo spirito di profezia, di cui Francesco era ricolmo.
						
						LEZIONE IX
						
						1365 Dopo il suo ritorno dai paesi
						d'oltremare, si recò una volta a Celano per predicare.
						
						           Un cavaliere lo invitò, con umiltà e
						devozione e con grande insistenza, a pranzo, e quasi lo costrinse contro sua
						voglia .
						
						           Ma prima che prendessero cibo, I'uomo
						devoto stava, secondo la sua abitudine, offrendo con la mente preci e lodi a
						Dio, quando vide in spirito che per quell'uomo ormai era imminente la morte, e
						il giudizio. 
						
						           Rapito fuori di sé, rimaneva con gli
						occhi levati al cielo. Terminata finalmente l'orazione, prese in disparte il
						buon ospitante e gli predisse che la morte era vicina, lo ammonì a confessarsi
						e lo stimolò, con tutte le sue forze, al bene. 
						
						           L'uomo acconsentì subito alle parole
						del Santo e manifestò al compagno di lui in confessione tutti quanti i peccati:
						mise ordine alle cose sue, si affidò alla misericordia divina e si preparò
						megIio che poté ad accogliere la morte.
						
						           Pertanto: mentre gli altri
						attendevano a rifocillare il corpo, il cavaliere, che appariva sano e forte,
						esalò improvvisamente l'anima, secondo la parola dell'uomo di Dio. Certo egli
						fu portato via da una morte repentina; ma, per lo spirito profetico del Santo,
						poté premunirsi con le armi della penitenza e così sfuggì alla dannazione
						eterna ed entrò nei tabernacoli eterni, secondo la promessa del Vangelo.
						
						V
						
						OBBEDIENZA DELLE CREATURE
						
						 E
						ACCONDISCENDENZA Dl DIO
						
						LEZIONE 
						I
						
						1366 Certamente. nel suo servo
						Francesco. era presente quello Spirito del Signore che lo aveva unto e lo
						stesso Cristo,  potenza e sapienza di
						Dio: per la potenza e la grazia di questo spirito non soltanto gli venivano
						manifestate le cose incerte ed occulte, ma anche gli obbedivano le creature di
						questo mondo.
						
						            Ci fu un tempo in cui i medici lo
						consigliavano e i frati lo esortavano con insistenza ad accettare di lasciarsi
						curare la malattia degli occhi mediante la cauterizzazione. L'uomo di Dio
						acconsentì umilmente, persuaso che l'intervento non solo sarebbe stato una
						medicina contro l'infermità del corpo, ma anche materia per esercitare la
						virtù. 
						
						            Poiché la sensibilità della sua carne, alla
						vista dello strumento di ferro ormai incandescente, era rimasta scossa da un
						naturale orrore, il Santo prese a parlare al fuoco come a un fratello e gli
						comandò, nel nome e nella potenza del Creatore, di moderare il suo calore e di
						bruciare con dolcezza, in modo che lui riuscisse a sopportarlo.
						
						            Il ferro crepitante affondò nella tenera carne
						e il cauterio venne esteso dall'orecchio fino al sopracciglio; eppure l'uomo
						pieno di Dio, con lo spirito esultante, disse ai frati: « Lodate l'Altissimo,
						perché, dico la verità, il calore del fuoco non mi ha dato molestia e il dolore
						della carne non mi ha procurato afflizione ».
						
						LEZIONE 
						II
						
						1367 Mentre il servo di Dio era
						travagliato da una malattia gravissima, presso l'eremo di sant'Urbano,
						sentendosi venir meno, chiese un bicchiere di vino. Gli fu risposto che vino
						non ce n'era proprio, da potergliene dare.
						
						           Allora comandò di portargli
						dell'acqua e, quando gli fu portata, la benedisse, tracciando il segno della
						croce. Subito diventa vino ottimo quella ch'era stata acqua pura: ciò che la
						povertà del luogo non poteva dare, lo impetrò la purità del Santo. 
						
						           Al gustar di quel vino, subito si
						ristabilì con estrema facilità. E così fu chiaro ed evidente che il generoso
						Datore gli aveva concesso la bevanda desiderata, non perché valevole  per il sapore, ma perché valida per la
						salute. 
						
						LEZIONE III
						
						1368 Un'altra volta l'uomo di Dio si
						era voluto trasferire in un certo eremo, dove avrebbe potuto dedicarsi più
						liberamente alla contemplazione.
						
						           Siccome era debole, veniva condotto
						da un poveruomo sul suo asinello.
						
						           Era d'estate e quell'uomo, scortando
						il servitore di Dio su per le montagne, spossato dal camminare e dalla strada
						assai difficoltosa, molto dura e molto lunga, si sentì venir meno per la gran
						sete e si mise a gridare con veemenza e a dire che, se non beveva un po',
						avrebbe tirato subito l'ultimo respiro.
						
						           Senza indugio l'uomo di Dio saltò giù
						dall'asinello e, inginocchiatosi per terra, alzò le mani al cielo, e non smise
						di pregare finché comprese di essere stato esaudito.
						
						           Terminata,
						finalmente, I'orazione: « Va in fretta -- disse all'uomo -- vicino alla roccia
						e là troverai l'acqua viva: in questo momento Cristo misericordiosamente l'ha
						fatta scaturire dalla pietra, per farla bere a te ».
						
						           L'uomo, assetato, corse al luogo
						indicato e bevve l'acqua fatta scaturire dalla pietra, per la virtù di
						quell'orante, e attinse la bevanda che Dio gli aveva somministrato dal sasso
						durissimo.
						
						LEZIONE IV 
						
						1369 Una volta il servitore del
						Signore stava predicando in riva al mare, a Gaeta. Volendo sottrarsi alla calca
						della folla che per devozione si riversava su di lui, saltò su da solo su una
						barca, che si trovava presso il lido. E quella, come fosse pilotata dalla forza
						di una misteriosa spinta interiore, senza alcun rematore si allontanò un bel
						pezzo da terra, sotto lo sguardo ammirato di tutti i presenti.
						
						           Addentratasi per un po' nel mare,
						restò poi immobile in mezzo alle onde, per tutto il tempo che all'uomo di Dio
						piacque di predicare alle turbe in attesa sul lido.
						
						           Ascoltato il discorso e visto il
						miracolo, la moltitudine, dietro preghiera del Santo stesso, si stava
						allontanando, dopo aver ricevuta la benedizione: e allora, non per altra spinta
						che per quella di un comando celeste, la barca venne a riva: così la creatura,
						per servire al suo Fattore, si assoggettava senza ribellione e obbediva senza
						indugio a colui che era un adoratore perfetto del Creatore.
						
						LEZIONE V
						
						1370 Una volta egli si trovava
						nell'eremo di Greccio. 
						
						           Gli abitanti del luogo erano oppressi
						da molti malanni: ogni anno una tempesta di grandine devastava i raccolti e le
						vigne e una moltitudine di lupi rapaci sterminava non soltanto gli animali, ma
						anche gli uomini.
						
						           Il servitore del Signore onnipotente,
						che provava una benevola compassione per quegli uomini così fortemente
						afflitti, durante una predica promise loro pubblicamente, facendosene
						personalmente garante, che tutta quella calamità sarebbe scomparsa, se essi si
						fossero confessati e avessero voluto fare degni frutti di penitenza.
						
						           Poiché quelli, alla sua esortazione,
						avevano fatto penitenza, da quel momento cessarono le stragi, si dispersero i
						pericoli, lupi O grandine non recarono più danno. Anzi, cosa ancor più
						notevole, se qualche volta la grandine cadeva sui seminati dei confinanti,
						quando si appressava ai terreni di costoro restava circoscritta sul posto
						stesso o si dirigeva da  un'altra parte.
						
						LEZIONE VI
						
						1371 Un'altra volta l'uomo di Dio,
						mentre si aggirava per la valle Spoletana a scopo di predicazione, giunse,
						vicino a Bevagna, in Un luogo dove si era dato convegno una grandissima
						quantità di uccelli di vario genere. Mentre stava ad osservarli con occhio pio,
						fu investito dallo Spirito del Signore; corse veloce verso quel luogo, li
						salutò vivacemente e impose loro silenzio, perché potessero ascoltare con
						attenzione la parola di Dio.
						
						           Intanto che egli parlava loro e
						portava molti argomenti per dimostrare i benefici che Dio ha fatto alle
						creature e le lodi che essi dovevano tributargli, gli uccelli, dimenandosi in
						mirabil modo, si misero ad allungare il collo, a stendere le ali, ad aprire il
						becco e a fissarlo con attenzione, come se si sforzassero di sentire quei suoi
						discorsi così ammirevoli ed efficaci.
						
						           Era davvero giusto che l'uomo pieno
						di Dio si sentisse attratto da un sentimento di pietà e d'umanità verso tali
						creature prive di ragione, mentre esse, a loro volta, in un modo così
						meraviglioso si sentivano attratte verso di lui e stavano attente quando le
						istruiva, obbedivano quando comandava; si rifugiavano da lui con sicurezza, ed
						egli le accoglieva; senza difficoltà rimanevano con lui, ed egli le teneva con
						sé.
						
						LEZIONE VII
						
						1372 Nel tempo in cui egli, per
						conseguire la palma del martirio, aveva cercato di andare nei paesi
						d'oltremare, senza per altro riuscirvi, perché impedito dalle tempeste del
						mare, il Timoniere di tutte le cose lo assisté con la sua Provvidenza e si
						degnò di strappare lui e molti altri con lui dal pericolo di morte, dispiegando
						in suo favore le meraviglie della sua Potenza nelle profondità del mare.
						
						           Volendo ritornare dalla Schiavonia in
						Italia, egli salì su una nave, totalmente sprovvisto di mezzi per pagare. E,
						proprio mentre egIi saliva vi fu un uomo mandato da Dio in aiuto di quest'uomo
						poverello: costui non solo portò con sé le provviste necessarie, ma fece venire
						dalla nave una persona timorata di Dio e gliele consegnò, perché a tempo
						opportuno le servisse a coloro che non avevano proprio niente.
						
						           Se non che, per la violenza dei
						venti, i marinai non riuscivano a sbarcare in nessun posto e, perciò, tutte le
						loro provviste di cibo si esaurirono: rimase soltanto una piccola porzione
						dell'elemosina donata dal cielo all'uomo beato. Quella porzione, per le sue
						preghiere e i suoi meriti e per l'intervento della Potenza celeste, crebbe
						talmente che soddisfece appieno alle necessità di tutti, durante i molti giorni
						di continua burrasca, finché giunsero al porto 
						desiderato, cioè ad Ancona.
						
						LEZIONE VIII
						
						1373 Un'altra volta, mentre
						quest'uomo di Dio era in viaggio con un compagno, a scopo di predicazione, fra
						la Lombardia e la Marca Trevigiana, fu sorpreso dal buio e dalle tenebre della
						notte nei pressi di Padova. Siccome la strada era esposta a molti e gravi
						pericoli, a causa del fiume, delle paludi e delle tenebre, il compagno
						insisteva con l'uomo di Dio, perché in una necessita così grande, implorasse
						l'aiuto di Dio. Ed egli rispose con molta fiducia: « Dio può bene se piace alla
						sua cortesia, scacciare il buio e le tenebre e illuminarci con la sua luce
						benefica ».
						
						           Meraviglia davvero: aveva appena
						finito di parlare, ed ecco: per l'onnipotenza celeste una grande luce
						incominciò a risplendere attorno a loro, tanto che, mentre altrove persisteva
						l'oscurità della notte, essi vedevano distintamente non soltanto la strada, ma
						anche molte cose tutt'intorno, dall'altra parte del fiume.
						
						LEZIONE IX
						
						1374  Era davvero giusto che, in mezzo alle tenebre
						dense della notte, lo precedesse la chiarità celeste: così, il fatto stesso ci
						manifesta che non possono essere avviluppati dal buio della morte quanti
						seguono con retto sentiero la luce della vita.
						
						           Guidati nel corpo dallo splendore
						meraviglioso di tale luce e confortati nello spirito, fecero un lungo tratto di
						strada cantando e lodando Dio, finché giunsero all'ospizio. O uomo veramente
						luminosissimo e ammirabile!, davanti al quale il fuoco modera il calore,
						I'acqua cambia sapore, la pietra somministra bevanda abbondante, gli esseri
						inanimati si mettono a servire, gli animali selvatici diventano mansueti e gli
						esseri privi di ragione si mostrano solleciti di capire; perfino il Signore di
						tutte le cose si piega ad obbedire, per sua benignità, accogliendone i
						desideri: prepara con liberalità il cibo, offre la sua luce chiara come guida.
						Veramente, in questo modo, a lui, come ad uomo d'esimia santità, tutte le
						creature si piegano a servire e lo stesso Creatore di tutti si fa
						accondiscendente.
						
						VI
						
						LE SACRE STIMMATE
						
						LEZIONE 
						I
						
						1375 Il servitore e ministro
						veramente fedele di Cristo, Francesco, due anni prima di rendere lo spirito al
						cielo, incominciò un digiuno di quaranta giorni ad onore dell'arcangelo
						Michele, nel segreto di un luogo eccelso.
						
						           Inondato dall'alto dalla dolcezza
						celeste della contemplazione con maggior abbondanza del solito e acceso da una
						più ardente fiamma di celesti desideri, incominciò a sentire con maggior
						profusione i doni delle divine elargizioni.
						
						           L'ardore serafico del desiderio,
						dunque, lo sopraelevava in Dio e un tenero sentimento di compassione lo
						trasformava in colui, al quale piacque, per eccesso di carità, di essere
						crocifisso. Un mattino, all'appressarsi della festa dell'Esaltazione della
						santa Croce, mentre pregava sul fianco del monte, vide come la figura di un
						serafino, con sei ali tanto luminose quanto infocate, discendere dalle
						sublimità dei cieli: esso, con rapidissimo volo, giunse, tenendosi librato
						nella aria, vicino all'uomo di Dio, e allora apparve non soltanto alato, ma
						anche crocifisso. Aveva le mani e i piedi stesi e confitti sulla croce e le ali
						disposte, da una parte e dall'altra, in così meravigliosa maniera, che due ne
						drizzava sopra il capo, due le stendeva per volare e con le due rimanenti
						avvolgeva e velava tutto il corpo.
						
						LEZIONE II
						
						           Ciò vedendo, stupì fortemente e sentì
						riversarsi nella anima gaudio e dolore: provava in sé un eccesso di letizia
						all'aspetto cortese di Cristo che gli si mostrava in forma così meravigliosa e
						pur così familiare, ma la cruda visione dell'affissione alla croce trapassava la
						sua anima con la spada dolorosa della compassione.
						
						           Ammaestrato interiormente da colui
						che gli si mostrava anche esteriormente, comprese che, certo, I'infermità della
						passione non si addice in alcuna maniera alla natura immortale e spirituale del
						serafino; ma che, tuttavia, tale visione era stata offerta ai suoi sguardi per
						questo scopo: fargli conoscere anticipatamente che lui, I'amico di Cristo,
						stava per essere trasformato tutto nel ritratto visibile di Cristo Gesù
						crocifisso, non mediante il martirio della carne, ma mediante l'incendio dello
						spirito.
						
						           La visione, che scomparve dopo un
						colloquio arcano e familiare, lo infiammò di ardore serafico nell'interno
						delI'anima e impresse, all'esterno, come un sigillo, sulla sua carne l'immagine
						perfettamente somigliante del Crocifisso: come se la potenza divina prima
						l'avesse fatto liquefare e poi vi avesse stampato il suo sigillo.
						
						LEZIONE III
						
						1376 Subito, nelle sue mani e nei
						piedi incominciarono ad apparire i segni dei chiodi: le loro capocchie si
						vedevano nella parte interna delle mani e nella parte superiore dei piedi e le
						punte emergevano dalla parte opposta.
						
						           E le capocchie dei chiodi, nelle mani
						e nei piedi, erano rotonde e nere, mentre le punte erano allungate, piegate
						all'indietro e ribattute, ed uscivano dalla carne stessa, sporgendo sopra il
						resto della carne.
						
						           La ribattitura dei chiodi, sotto i
						piedi, era così prominente e sporgeva tanto all'infuori, che non permetteva di
						appoggiare liberamente la pianta del piede al suolo.
						
						           Inoltre si poteva facilmente far
						passare un dito dentro l'incurvatura arcuata delle punte stesse, come ho
						sentito dire io stesso da coloro che avevano osservato con i propri occhi.
						
						           Il fianco destro, poi, era come
						trafitto da una lancia ed era ricoperto da una cicatrice rossa, che spesso
						emetteva sacro sangue e cospargeva abbondantemente la tonaca e le mutande.
						Tanto che quando poi i suoi compagni, a tempo opportuno, le lavavano, potevano
						costatate senza alcun dubbio che il servitore di Cristo portava impressa
						visibilmente l'immagine rassomigliante del Crocifisso anche nel costato, così
						come nelle mani e nei piedi.
						
						LEZIONE IV
						
						1377    Vedeva, I'uomo pieno di Dio, che le stimmate
						impresse così palesemente nella carne non potevano restare nascoste ai compagni
						più intimi; temeva, non di meno, di mettere in pubblico il sacramento del
						Signore ed era combattuto da un grande dubbio: se dire quanto aveva visto
						oppure tacere. Spinto, finalmente, dallo stimolo della coscienza, riferì ad
						alcuni tra i frati a lui più familiari, con molto timore, lo svolgimento della
						visione che abbiamo raccontato. Colui che gli era apparso--aggiunse--gli aveva
						detto alcune cose che egli non avrebbe mai svelato a nessuno, finché era in
						vita.
						
						           Dopo che il verace amore di Cristo
						ebbe trasformato l'Amante nell''' immagine perfetta dell'Amato, si compì il
						numero dei quaranta giorni, che egli aveva stabilito di trascorrere su quel
						monte di solitudine e sopravvenne anche la solennità dell'arcangelo Michele.
						L'uomo angelico, Francesco, scese dal monte: e portava con sé l'effigie del
						Crocifisso, non raffigurata su tavole di pietra o di legno dalla mano di un
						artefice, ma scritta nelle membra della carne dal dito del Dio vivo.
						
						LEZIONE V
						
						1378 L'uomo santo e umile si sforzava
						con ogni diligenza di nascondere quei sacri sigilli; piacque, tuttavia, al
						Signore, a propria gloria, di mostrare per mezzo di essi alcune evidenti
						meraviglie, affinché la potenza occulta di essi si rivelasse palesemente per
						chiari segni ed egli risplendesse come astro fulgentissimo fra le dense tenebre
						del secolo oscuro.
						
						1379 Per esempio, nel territorio
						intorno al predetto monte della Verna, prima che il Santo vi avesse
						soggiornato, di solito una violenta tempesta, provocata da una nube fosca che
						si alzava dalla montagna stessa, distruggeva i raccolti. Ma dopo quella beata
						apparizione, non senza ammirazione e gioia degli abitanti, la grandine consueta
						scomparve: anche l'aspetto stesso del cielo, divenuto sereno in maniera
						inusitata, dichiarava così l'eccellenza di quella visione celeste e la potenza
						delle stimmate, che proprio là erano state impresse .
						
						LEZlONE VI
						
						1380  Sempre in quel periodo, infierì nella
						provincia di Rieti una epidemia molto grave e incominciò a colpire con tale
						violenza ovini e bovini, che sembravano quasi tutti destinati a morte
						irrimediabilmente. Però un uomo timorato di Dio, una notte, si sentì esortare
						per mezzo di una visione a recarsi in fretta nel romitorio dei frati, dove
						allora il beato padre dimorava, e a chiedere ai frati suoi compagni l'acqua con
						la quale egli aveva lavato le mani e i piedi: doveva spruzzarla sugli animali
						colpiti--e così tutta quella epidemia sarebbe cessata . 
						
						           Quell'uomo eseguì tutto questo con
						premura e Dio conferì all'acqua, che aveva toccato le sacre piaghe, tanta
						potenza, che, aspersa anche in piccola quantità sui greggi ammalati, debellava
						totalmente il contagio, e gli animali, ricuperato il vigore primitivo,
						correvano al pascolo, come se prima non avessero provato proprio nessun
						malanno. 
						
						LEZIONE VII 
						
						1381 Insomma, da allora quelle mani
						acquistarono tale potenza che, con il loro contatto serafico, restituivano la
						salute agli infermi, sensibilità e vita alle membra ormai paralizzate e
						inaridite e, cosa maggiore di tutte, la vita e l'integrità agli uomini
						mortalmente feriti.     
						
						           Ricordo due dei suoi molti prodigi,
						anticipando e insieme abbreviando alcune circostanze. Ad Ilerda, un uomo di
						nome Giovanni, devoto di san Francesco, una sera fu massacrato con ferite così
						orrende da far credere che a stento sarebbe sopravvissuto fino all'indomani. Ma
						gli apparve, in modo meraviglioso, il padre santissimo; toccò quelle ferite con
						le sacre mani e sull'istante lo rese perfettamente sano ed integro: tutta
						quella regione proclamò che l'ammirabile alfiere della Croce era degnissimo di
						ogni venerazione. 
						
						           Chi, infatti, potrebbe, senza
						stupirsi, vedere una persona, che conosce bene, straziata da ferite
						crudelissime e, quasi nel medesimo istante, sana e salva? Chi ripensare a
						questo, senza elevare ringraziamenti? Chi, infine, potrebbe esaminare con
						spirito di fede un miracolo così pietoso, potente e luminoso, senza provare
						devozione?
						
						LEZIONE VIII 
						
						1382 A Potenza, città della Puglia,
						un chierico di nome Ruggero, siccome nutriva «pensieri vani » a proposito delle
						sacre stimmate del beato padre, improvvisamente si sentì colpito nella mano
						sinistra, sotto il guanto: pareva un colpo di freccia scagliata da una
						balestra. Eppure il guanto era rimasto perfettamente intatto.
						
						           Per tre giorni fu tormentato dal
						dolore, forte e trafiggente.
						
						           Ormai pentito nel cuore, invocava il
						beato e scongiurava Francesco che lo soccorresse in nome di quelle stimmate
						gloriose: ottenne un risanamento così perfetto che ogni dolore scomparve e non
						rimase assolutamente segno alcuno del colpo subito.
						
						           Da questo appare luminosamente come
						quei sacri sigilli furono impressi dalla « potenza » e sono dotati della virtù
						di Colui che può procurare le piaghe, apprestare il rimedio, colpire gli
						ostinati e risanare i contriti di cuore.
						
						LEZIONE 
						IX
						
						1383 Davvero era giusto che
						quest'uomo beato apparisse insignito di questo privilegio singolare, giacché
						tutta la sua opera, pubblica e privata, aveva di mira la croce del Signore.
						
						           Anche quella meravigliosa dolcezza,
						mansuetudine ed austerità di vita; quell'umiltà profonda, quell'obbedienza
						pronta, quella povertà esimia, quella castità illibata, quella amara
						contrizione di cuore, quel profluvio di lacrime, quella pietà appassionata,
						quello zelo ardente, quel desiderio di martirio, quell'eccesso di carità;
						insomma, quel patrimonio così vario di virtù cristiformi, che altro mostra in
						lui, se non un progressivo assimilarsi a Cristo e, per così dire, un
						predisporsi alle sue sacre stimmate?
						
						           Per questa ragione, come tutta la sua
						vita, dalla conversione in poi, era stata abbellita dai misteri luminosi della
						Croce, cosi, alla fine, alla vista del Serafino sublime e delI'umile
						Crocifisso, egli fu tutto trasformato nell'immagine di colui che gli era
						apparso, mediante la forza di un fuoco deiformante.
						
						           Così hanno testimoniato coloro che
						hanno veduto e hanno toccato con mano e hanno baciato: essi, giurando sul
						Vangelo, che così era stato e così avevano visto, ci hanno confermato in una
						più ricca certezza.
						
						VII 
						
						IL TRANSITO
						
						 LEZIONE I 
						
						1384 L'uomo di Dio ormai era confitto
						con Cristo sulla croce, con la carne e con lo spirito, e perciò non solo veniva
						elevato in Dio dall'incendio dell'amore serafico, ma si sentiva anche trafitto
						dal fervore dello zelo per le anime, e insieme con il suo crocifisso Signore
						sentiva la sete di salvare tutti quelli che si devono salvare.
						
						           E, siccome non poteva camminare a
						causa dei chiodi sporgenti sui piedi, faceva portare attorno per città e paesi
						quel suo corpo mezzo morto. Così, quale secondo Angelo che sale dal luogo dove
						sorge il sole, egli voleva infiammare il cuore dei servi di Dio con una divina
						fiamma di fuoco: dirigerli sulla via della pace e segnare col sigillo del Dio
						vivo la loro fronte. Ardeva anche d'un gran desiderio di ritornare a quella sua
						umiltà degli inizi, per servire, come da principio, ai lebbrosi e per
						richiamare al primitivo servizio il corpo ormai consumato dalla fatica.
						
						LEZIONE II
						
						1385 Si proponeva di fare grandi
						imprese, con Cristo come condottiero, e, mentre le membra si sfasciavano, forte
						e fervido nello spirito, sognava di rinnovare il combattimento e di trionfare
						sul nemico.
						
						           Ma, certo perché crescesse il cumulo
						dei suoi meriti per quella  pazienza
						perfetta che porta veramente tutti i meriti a compimento, il piccolino di
						Cristo incominciò ad essere colpito da varie malattie. Erano così gravi che in
						ognuna delle  membra eran diffuse
						sofferenze e dolori, la carne era ormai consumata e sulle ossa ormai rimaneva
						soltanto la pelle. 
						
						           Pressato dalle aspre sofferenze del
						corpo, quelle penose angosce non le chiamava pene, ma sorelle sue e, nella
						lieta sopportazione delle stesse, innalzava al Signore grandi lodi e
						ringraziamenti: ai frati che lo assistevano sembrava quasi di avere sotto gli
						occhi un altro Paolo, a causa di quel gloriarsi gioioso ed umile nelle
						infermità, e di vedere un altro Giobbe, a causa di quella vigoria e
						imperturbabilità d'animo. 
						
						LEZIONE 
						III
						
						1386  Egli, del resto, aveva conosciuto molto tempo
						prima il  momento del suo transito.
						Quando il giorno della morte fu imminente, disse ai frati che presto doveva
						deporre il tabernacolo del proprio corpo, come gli era stato mostrato da Cristo
						. 
						
						           Erano passati due anni
						dall'impressione delle stimmate e vent'anni dalla sua conversione. Egli chiese
						che lo portassero a Santa Maria della Porziuncola: voleva pagare il suo debito
						alla morte e avviarsi al premio della ricompensa eterna, proprio là dove, ad
						opera della Vergine Madre di Dio, aveva concepito lo spirito di perfezione e di
						grazia. Condotto al luogo predetto, per mostrare con l'autenticità dell'esempio
						che nulla egli aveva in comune col mondo, durante quella malattia che mise fine
						a ogni infermità, si pose tutto nudo sulla terra: voleva, in quell'ora estrema,
						lottare nudo con il nemico nudo. 
						
						           Giacendo, così denudato, nella
						polvere della terra, I'atleta di Cristo con la mano sinistra ricoprì la ferita
						del fianco destro, che non si vedesse, e, levata al cielo, secondo il suo
						solito, la serena faccia, tutto teso a quella gloria, incominciò a magnificare
						l'Altissimo, perché--sciolto da tutto--liberamente ormai stava per passare a
						Lui.
						
						LEZIONE IV 
						
						1387 Finalmente, quando sovrastava
						ormai l'ora del suo trapasso, fece venire a sé tutti i frati che dimoravano nel
						luogo e, consolandoli della sua morte con parole carezzevoli, li esortò con
						affetto paterno all'amore di Dio.
						
						           Inoltre lasciò loro in testamento,
						per diritto di successione, il possedimento della povertà e della pace e li
						ammonì premurosamente a tenersi fissi alle realtà eterne e a premunirsi contro
						i pericoli di questo mondo; li indusse, con le parole più efficaci che poté, a
						seguire perfettamente le orme di Gesù crocifisso.
						
						           E mentre i figli stavano tutt'intorno
						a lui, il patriarca dei poveri, con gli occhi ormai offuscati, non per la
						vecchiaia ma per le lacrime, I'uomo santo, quasi cieco e ormai prossimo a
						morire, incrociò le braccia e stese su di loro le mani in forma di croce (aveva
						sempre amato questo gesto) e benedisse tutti i frati, presenti e assenti, nella
						potenza e nel nome del Crocifisso.
						
						LEZIONE V 
						
						1388 Chiese, poi, che gli venisse
						letto il Vangelo secondo Giovanni, a incominciare dal versetto: Prima del
						giorno della  Pasqua:  voleva sentire in esso la voce del Diletto
						che bussava, dal quale lo divideva ormai soltanto la parete della carne.
						Finalmente, siccome si erano compiuti in lui tutti i misteri, pregando e
						salmeggiando l'uomo beato s'addormentò nel Signore. E quell'anima santissima,
						sciolta dalla carne, venne sommersa nell'abisso della chiarità eterna.
						
						           In quello stesso momento uno dei suoi
						frati e discepoli veramente famoso per la sua santità, vide quell'anima beata
						salire direttamente in cielo: aveva la forma di una stella fulgentissima, e una
						nuvoletta candida la sollevava al di sopra di molte acque: quell'anima, fulgida
						per il candore della coscienza e risplendente di meriti, veniva portata in alto
						dalla sovrabbondanza della grazia e delle virtù deiformi; perciò non si poteva,
						per lei, neppure un poco, ritardare la visione della luce celeste e della
						gloria.
						
						LEZIONE VI
						
						1389 Così pure: I'allora ministro dei
						frati nella Terra di Lavoro, che si chiamava Agostino, uomo caro a Dio, si trovava
						in punto di morte. Pur avendo perso ormai da tempo la parola, improvvisamente
						esclamò, in modo che tutti i presenti lo sentirono: « Aspettami, Padre,
						aspetta! Ecco: sto già venendo con te! ».
						
						           Siccome i frati chiedevano, stupiti,
						a chi stava parlando in quella maniera, egli affermò di vedere il beato
						Francesco che stava andando in cielo; e subito, detto questo, anche lui
						felicemente spirò.
						
						1390 Nella medesima circostanza, il
						vescovo d'Assisi si trovava al santuario di San Michele sul monte Gargano: il
						beato Francesco gli apparve, tutto lieto, nel momento del suo transito e gli
						disse che stava lasciando il mondo per passare gioiosamente in cielo. Al
						mattino, il vescovo, alzatosi, raccontò ai compagni quanto aveva visto e,
						ritornato ad Assisi indagò sollecitamente e riscontrò con certezza che il beato
						Padre era uscito da questa vita nel momento in cui glielo aveva notificato per
						visione.
						
						LEZIONE VII
						
						1391 L'immensa bontà del cielo si è
						degnata, poi, di mostrare con molti prodigi e miracoli, anche dopo la sua
						morte, quanto sia stata eccelsa la santità di quest'uomo preclaro.
						
						           Per l'invocazione di lui e per i suoi
						meriti, la onnipotente virtù di Dio restituì la vista ai ciechi, I'udito ai
						sordi, la parola ai muti, la giusta andatura agli zoppi, la sensibilità e il
						moto ai paralitici; inoltre ridonò la piena efficienza fisica alle membra
						paralizzate, rattrappite e rotte; potentemente sottrasse dal carcere i
						rinchiusi, ai naufraghi concesse il porto della salvezza, un parto felice alle
						gestanti in pericolo, e cacciò i  demoni
						dal corpo degli ossessi, finalmente restituì a mondezza e salute chi era
						afflitto da perdite di sangue e da lebbra, integrità perfetta a chi era stato
						mortalmente ferito e, cosa maggiore di tutte, i morti alla vita.
						
						LEZIONE 
						VIII
						
						1392 Continuano, per opera sua, in
						grande abbondanza, nelle varie parti del mondo, i benefici di Dio, come ho
						provato anch'io, che ho descritto i fatti antecedenti, per esperienza diretta,
						in me stesso.
						
						           Mia madre, infatti, quando io ero
						ancora fanciullino, fece voto per me a san Francesco, perché ero malato molto
						gravemente: ed io fui strappato dalle fauci stesse della morte e restituito,
						sano e salvo, nel vigore della vita.
						
						           Siccome ho ben vivo questo fatto
						nella memoria, ora lo proclamo e ne do testimonianza veritiera: non voglio
						essere rimproverato come ingrato, se taccio un beneficio così grande.
						
						           Accetta, dunque, o padre beato, il
						mio ringraziamento, per quanto scarno e inadeguato ai tuoi meriti e ai tuoi
						benefici, e, accogliendo i nostri desideri, scusa le nostre colpe; libera i
						tuoi fedeli devoti dai mali presenti e fa che raggiungano i beni sempiterni.
						
						LEZIONE IX
						
						1393 Concludiamo il discorso con una
						specie di ricapitolazione sommaria .
						
						           Chiunque ha letto fino in fondo le
						pagine precedenti, rifletta su questa considerazione conclusiva: la conversione
						avvenuta in modo ammirabile, I'efficacia nel proclamare la Parola di Dio, il
						privilegio delle virtù sublimi, lo spirito di profezia unito alla penetrazione
						delle Scritture, I'obbedienza da parte delle creature prive di ragione,
						I'impressione delle sacre stimmate e il celebre transito da questo mondo al
						cielo, sono, in Francesco, sette luminose testimonianze che dimostrano e
						garantiscono a  tutto il mondo che egli,
						preclaro araldo di Cristo, porta in se stesso il sigillo del Dio vivente e,
						perciò, è degno di venerazione per la missione ricevuta, ci propone una
						dottrina autentica, è ammirevole nella santità. 
						
						Con
						sicurezza, dunque, seguano Lui coloro che escono dall'Egitto: le acque del mare
						verranno divise dal bastone della croce di Cristo; essi passeranno il deserto
						e, attraversato il Giordano della vita mortale, per la meravigliosa potenza
						della Croce stessa, entreranno nella terra promessa dei viventi .
						
						           Là, per i buoni uffici del beato
						padre, ci introduca Gesù, inclito salvatore e nostra guida.
						
						A Lui,
						in Trinità perfetta con il Padre e con lo Spirito Santo, ogni lode, onore e
						gloria nei secoli dei secoli. Amen. 
						
						Fine della Vita breve
						
						del beato Francesco