LETTERA DI GRECCIO
Traduzione di
VERGILIO GAMBOSO
L'IMPORTANZA di questa lettera -- che si
dichiara scritta da Greccio (11 agosto 1246) da tre compagni di Francesco, e
precisamente Leone, Rufino e Angelo -- non è tale da fare passare in secondo
ordine l'infinità di discussioni che ha sollevato. Soprattutto perché non
risulta chiaramente, oggi, l'individuazione dei materiali biografici che i
firmatari hanno inteso inviare « in allegato ».
La lettera ci è stata tramandata,
concordemente, in apertura della cosiddetta Leggenda dei tre compagni, a partire
dalla fine del secolo XIII o inizio del XIV. Essa palesa tuttavia un'evidente
estraneità con una Leggenda che segue un andamento strettamente cronologico,
aderendo alla trama della Vita prima di Tommaso da Celano, sia pure con
diversità di toni e di dettati. Le intenzioni dichiarate dei compagni di
Greccio erano di non scrivere una Vita di Francesco, bensì di portare un
contributo nuovo, inedito, raccogliendo « come da un prato rigoglioso, un mazzo
di fiori, quelli che ci sono parsi i più belli, senza però disporli in ordine
cronologico ». Il materiale inviato sembra, pertanto, doversi riconoscere,
sostanzialmente, nella seconda parte della Vita seconda di Tommaso da Celano
(1246/1247), a cui la raccolta -- intimata dal Capitolo Generale di Genova del 1244
e da Crescenzio da Iesi -- era destinata. Tale parte presenta, infatti, senza
seguire alcun ordine cronologico, tutta una serie di fatti, gesti, volontà di
Francesco che ben sembrano corrispondere alle intenzioni dei compagni di
Greccio, anche se questo non significa che essa abbia incorporato tutta, o
esclusivamente, la documentazione venuta da Greccio.
Queste ragioni hanno indotto a situare detta
lettera in autonomia dalla cosiddetta Leggenda dei tre compagni, e prima della
Vita seconda di Tommaso da Celano. Il volgarizzamento ha tenuto presente le due
recenti edizioni critiche date da L. Di Fonzo, L'anonimo perugino tra le fonti
francescane del sec. XIII, Roma 1972, pp. [234 - 236]; Th. Desbonnets, La «
Legenda trium sociorum ». Edition critique, in AFH, LXVII (1974), pp. 89-90. Si
veda anche Introduzione, qui pp. 225 - 233.
572 Al
reverendo padre in Cristo, frate Crescenzio, per grazia di Dio ministro
generale, frate Leone, frate Rufino e frate Angelo, che in passato furono
compagni, senza esserne meritevoli, del beato padre Francesco, esprimono la
loro doverosa e devota riverenza nel Signore.
573 Poiché
per disposizione del Capitolo generale testè celebrato e vostra, i frati sono
tenuti a comunicare alla paternità vostra i miracoli e i prodigi del beatissimo
padre Francesco che essi conoscono o che possono reperire,
574 noi, che
siamo vissuti più a lungo insieme con lui, malgrado non ne fossimo degni,
abbiamo ritenuto opportuno di presentare alla santità vostra, guida la verità,
alcune tra le molte gesta di lui, delle quali siamo stati spettatori o di cui
abbiamo attinto notizie da altri santi frati. E specialmente da frate Filippo,
visitatore delle Povere Dame, frate Illuminato dell'Arce, frate Masseo da
Marignano e frate Giovanni, compagno del venerabile frate Egidio, che raccolse
numerose informazioni sia da frate Egidio stesso che da frate Bernardo, di
santa memoria, primo compagno del beato Francesco.
575 Non ci
accontentiamo però di narrare solo dei miracoli, i quali palesano ma non fanno
la santità; nostro intento è anche di mostrare alcuni aspetti salienti della
sua santa vita e la intenzione della divina volontà, allo scopo di lodare e
glorificare il sommo Dio e il santo padre Francesco, e di edificare quanti
vogliono seguire i suoi esempi.
576 Non ci
proponiamo tuttavia di scrivere una vita, dal momento che della sua vita e dei
miracoli che Dio ha compiuto per mezzo di lui sono già state redatte delle
«leggende »; bensì abbiamo colto, come da un prato rigoglioso, un mazzo di
fiori, quelli che ci sono parsi i più belli, senza però disporli in ordine
cronologico. E di proposito abbiamo tralasciato molti fatti, già raccontati in
modo veridico ed elegante nelle leggende su ricordate: in esse voi potrete far
inserire, se lo riterrete opportuno, questi nostri ricordi. Siamo invero
persuasi che, se a quei valenti biografi fossero stati noti i presenti ricordi,
non li avrebbero passati sotto silenzio; anzi, li avrebbero, almeno in parte,
abbelliti con il loro stile, tramandandoli così alla memoria dei posteri.
577 Possa
la santa paternità vostra stare sempre bene nel Signore Gesù Cristo; nel quale
noi, figli devoti, ci raccomandiamo alla santità vostra con umiltà e devozione.
Dal luogo di Greccio, 11 agosto dell'anno del
Signore 1246.